Crossing Over
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Sembra il fratellino minore di Babel. Stessa tematica forte, d’impegno tosto (immigrazione in Usa), stessa contrapposizione forzata tra un Occidente intollerante e un Altro Mondo semplicemente vittima, stessa narrazione a storie intrecciate. Ma il risultato, rispetto proprio al film con protagonisti Brad Pitt e Cate Blanchett è decisamente minore. Vuoi per una scarsa capacità del regista (anche sceneggiatore, tra l’altro) di maneggiare le due anime del film, la parte più votata al thriller telefonata e priva di tensione, e il contesto, decisamente più ampio ma affrontato in modo troppo superficiale, con al centro la questione razziale e politica. Perché affrontato in modo troppo superficiale? Perché Kramer, al di là di notevoli ingenuità, come nella sequenza della perquisizione della stanza di una ragazza immigrata sorpresa a chattare al pc di casa con un fantomatico Group Jihad, a non convincere è una caratterizzazione dei personaggi troppo schematica per essere vera. Difficile infatti accettare gli USA come una prigione a cielo aperto, dove per una parola fuori posto pronunciata a scuola, una ragazzina ben integrata venga non solo tratta in carcere ma addirittura rispedita in patria, lontano dalla famiglia. Difficile immaginare che l’unica possibilità per una bella figliola australiana di ottenere il permesso di soggiorno sia quello di andare a letto letteralmente con il primo che passa. Irreale vedere ancora Harrison Ford nei panni dell’agente dell’anti immigrazione, eroe senza macchia e senza paura (a dire il vero, senza nemmeno troppa convinzione) impegnato inutilmente a raddrizzare i torti subiti dai clandestini. Insomma, ce n’è per condannare gi USA a crimini contro l’umanità, a mettere Obama sul banco degli imputati fianco a fianco con i dittatori degli Stati Canaglia di bushiana memoria. Forse. O forse, semplicemente, Crossing Over è solo un film a tesi, mascherato da thriller e impegnato con tutte forze a piegare una realtà complessa come l’immigrazione, il terrorismo, la paranoia occidentale e anche l’intolleranza a un semplice quanto inutile schema fatto di buoni e di cattivi, vittime innocenti, razzisti carnefici.