Condividi:

Fa’ la cosa sbagliata

Regia:
Jonathan Levine
Il rapporto d’amicizia e complicità tra uno psicanalista e uno spacciatore.
Voto: 6,0

Film controverso e complesso. La storia è semplicissima: l’ennesimo incontro tra un giovanotto con famiglia disastrata alle spalle e un adulto di mestiere psicanalista. Il problema è la caratterizzazione dei personaggi e lo sfondo su cui è disegnata una vicenda dai tratti molto duri, se non proprio disperati. Siamo a New York nel 1994, nel momento in cui il sindaco Giuliani sferra il suo massimo attacco contro la delinquenza. Il momento peggiore per il protagonista, Luke Shapiro (un notevole Josh Peck), fresco diplomato in una scuola dove è sempre stato “invisibile”, mai notato da nessuno, mai un’amicizia, un rapporto significativo. Un perfetto signor nessuno, che nemmeno a casa trova pace (il ragazzo, cuffie pigiate sempre sulle orecchie, soffre più di tutto i litigi dei genitori) e che diventa spacciatore, dapprima per procurarsi amicizie interessate, poi per necessità economica. Nel pieno dell’esplosione ormonale ma anche nel pieno delle domande di senso dell’adolescenza incontrerà uno psicanalista dedito alle droghe ma anche l’unica persona di questo mondo a dargli retta e a fornirgli consigli. Film interessante anche se con molti, troppi punti oscuri: da un lato, la figura più vera è proprio quella del protagonista, un ragazzo allo sbando, senza punti di riferimento adulti, bisognoso di un’amicizia e di un legame che vada ben al di là del sesso, che, è vero, per larga parte del film è l’ossessiona unica e ripetuta. Un ragazzo a disagio, e che disagio. Una famiglia che non c’è e che quando c’è porta solo guai anche economici; una ragazza che credi di amare e che, semplicemente, non ti vede, un gruppo di amici interessati alla “roba” e basta. Poi l’incontro: con uno psicanalista abbastanza fuori di testa, cinicamente chiuso in una solitudine fatta di farmaci e droghe, ma anche incredibilmente disposto ad ascoltare. Ne verrà fuori un rapporto zoppo, inadeguato, forse persino ambiguo ma anche per larghi tratti sincero e senza infingimenti. Premiato dal pubblico al Sundance Film Festival del 2008, il film di Levine ha tanti momenti discutibili: i consigli di vita del dr Jeffrey Squires (un Ben Kingsley irriconoscibile, troppo sopra le righe e terribilmente somigliante ad Harvey Keitel), sono spesso deliranti o forse solo figli delle troppe pasticche mandate giù dal dottore; alcuni momenti dedicati allo smercio delle droghe o alla scoperta del sesso ci paiono sin troppo compiaciuti. D’altro canto però, il film di Levin ha un’ispirazione sincera e non si può non essere dalla parte di Luke nella ricerca, inutile, di un posto, un luogo, una persona a cui aggrapparsi. E nonostante il finale, anche questo un po’ troppo ambiguo, tenda a smorzare i toni, il succo del film è di una tragicità impressionante che non possiamo, in tutta coscienza, eludere: ci si droga, a tutte le età e in tutte le diverse classi sociali, per entrare in rapporto con la realtà, chiamala sesso, scuola o amici. Il problema è che, finito l’effetto stupefacente, i guai non scompaiono, anzi tornano alla carica più forti e più numerosi prima. E a quel punto sei, semplicemente, solo. Nessuno: non un amico, non un parente, non una casa. Solo un dottore un po’ pazzo, terribilmente bisognoso d’aiuto. Come te.

Vai a "I film"