Gangs of New York
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Spiace dirlo, e anche tanto, ma l’ultimo, titanico film di Martin Scorsese è un capolavoro mancato. Strano, per un regista abituato a sfornare capolavori (in ordine sparso: Taxi Driver, Toro scatenato, Casinò, Quei bravi ragazzi, L’età dell’innocenza). Forse per la lunga gestazione (più di due anni di lavoro tra litigi con la produzione e rinvii), forse per il budget elevato, forse perché troppe erano le cose da dire, o semplicemente, perché è mancata l’ispirazione, Gangs of New York è un film riuscito a metà. Il film con cui l’autore italoamericano doveva rileggere la fondazione di New York (nel sangue, tra lotte fratricide e conflitti interrazziali) è sfolgorante ad intermittenza: il lungo piano sequenza iniziale, l’interpretazione magistrale di Day-Lewis (ad oscurare i pur buoni Di Caprio e Cameron Diaz) e una messinscena superba (del scenografo italiano Ferretti che ha ricostruito New York a Cinecittà). Ma sono ben altre le scelte a lasciarci perplessi: un montaggio frettoloso e raffazzonato (per cui sono molti i personaggi a scomparire dopo poche scene) e un meccanismo narrativo confuso rovinano infatti e per sempre l’immagine di quello che avrebbe potuto essere il film del decennio e che purtroppo non è stato.