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Garage

Regia:
Lenny Abrahamson
L’impacciato Josie lavora a una pompa di benzina nella campagna irlandese. La sua vita, meccanica e tranquilla, viene sconvolta quando gli viene affiancato un ragazzino.
Voto: 6,5

Piccolo film a budget minimo, con un bel gruppo di attori, scrittura discreta e splendidi malinconici paesaggi. La storia, raccontata con delicatezza, vede protagonista Josie (l’ottimo attore irlandese Pat Shortt), un uomo corpulento, non più giovanissimo, evidentemente ritardato ma innocuo, gentile con gli altri, incapace di cattiveria. Simile nel fisico e nel cervello al Lenny di Uomini e topi, gestisce da anni una pompa di benzina nella campagna irlandese. Un pugno di macchine al giorno da servire , chiudere e alzare la serranda all’orario prestabilito, non sbagliare i conti: è questa la vita un po’ grigia del goffo Josie che la sera cerca uno svago al pub del paese dove spesso è preso in giro da alcuni avventori. Quando però il titolare del garage del titolo gli affianca un quindicenne, per Josie questa è un’occasione da non perdere. Malinconico, segnato dalle tonalità anche paesaggistiche del grigio, Garage è un ritratto psicologico ben centrato: la vita di Josie, nella quotidianità sempre uguale a se stessa, nei rapporti con il mondo esterno, nell’amicizia con il ragazzino, è raccontata in modo convincente e lavorando poco sulle parole e molto sulle immagini (la camminata affaticata del protagonista, il cavallo, il dialogo di fronte al lago, il finale), anche per accentuare uno dei temi portanti del film, l’incomunicabilità. Ed è ammirevole anche lo scavo psicologico del protagonista, la sua ricerca di legami affettivi che possano durare oltre la breve parentesi di un rifornimento di gasolio o di una serata al pub, una dimensione, anche in questo caso, affrontata più per ellissi che per discorsi diretti. A vincere, però, come spesso accade in questi film del Nord Europa è la solitudine e un destino tragico e beffardo che ti fa sperare con un incontro davanti alla tua porta e ti toglie crudelmente tutto, senza una ragione, senza un perché, come a voler dire, in modo più o meno bruciante, che la vita, semplicemente, è un amaro inganno.

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