Il cartaio
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Non siamo mai stati fans di Dario Argento, eppure il regista di Profondo rosso sembra farlo apposta: sono almeno dodici gli anni trascorsi dall’ultimo film “digeribile” del maestro del terrore italiano. A tanto lontano risale infatti Trauma (1992), thriller-horror con Asia Argento e Piper Laurie, e tanti sono stati i successivi tonfi di un autore che sembra ormai aver perso la bussola: La sindrome di Stendhal, Il fantasma dell’Opera, il recente Nonhosonno e il peggiore di tutti, quest’ultimo, modestissimo Il cartaio. Argento non brillava per la verosimiglianza delle situazioni già nei suoi primi film, ma mascherava abilmente le lacune con un buon montaggio, musiche ed effetti. Ora, invece, mancano persino i fondamentali per un film decente: e così ci si trova davanti ad attori sprecati (e penalizzati oltremodo da un doppiaggio imbarazzante), dialoghi oltre il ridicolo ed effettacci da macelleria che sono il colpo di grazia per un film debole anche per quanto riguarda il soggetto, per nulla originale. Per non parlare della tanto decantata suspense argentiana, di cui per i 106 minuti del film, non vi è alcuna traccia. E della quale tutto sommato, non sentiamo nemmeno troppo la mancanza. Una grossa delusione per i fans più accaniti di Argento, ed un dubbio che si fa man mano sempre più certezza: che sia Dario il vero killer del proprio cinema.