Il cuore altrove
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Pupi Avati è un regista discontinuo, spesso irritante: è stato uno dei pochi registi italiani ad essere riuscito a costruire un inquietante horror padano (La casa dalle finestre che ridono); un maestro della commedia nostalgica e intimistica (Regalo di Natale), ma anche colpevole di aver fatto recitare gente come Raoul Bova (nel miserando e sopravvalutato I cavalieri che fecero l’impresa). Con Il cuore altrove, Avati conferma i propri limiti e difetti: da un lato, l’insistere su un certo minimalismo spesso inconcludente, dall’altro, il pregio di sapere tratteggiare con delicatezza psicologia e caratteri dei personaggi. Un professore di latino e greco, timido e impacciato (un sorprendente Neri Marcoré) si ritrova a Bologna, ospite di Sandra Milo e compagno di stanza di Nino D’Angelo. Grazie a quest’ultimo conosce e si innamora di una ragazza cieca che lo userà come un tappetino da bagno. Storia di un’educazione sentimentale anomala e struggente, con al centro un uomo affascinato da una bellezza di carta e il suo incontro spaurito con un correlativo oggettivo in carne ed ossa. Buona sceneggiatura, cast notevole, anche se la Incontrada è tanto bella quanto incapace.