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Il grande sogno

Regia:
Michele Placido
La breve stagione della contestazione studentesca vista attraverso diversi punti di vista: la figlia di una famiglia borghese, un poliziotto aspirante attore.
Voto: 5,0

Le premesse per un buon film c’erano tutte: un regista esperto, capace di raccontare la Storia d’Italia attraverso le storie personali, il Placido, autore del notevole, non banale Romanzo criminale; un cast giovane e di belle speranze; una vicenda, quella della primavera sessantottina, che sembra fatta apposta per rivivere sul grande schermo. Eppure, nonostante tutto questo, Il grande sogno è una grande delusione. Innanzitutto per un motivo molto pratico: troppi tagli – si parla di almeno 45’ rispetto a una prima lavorazione – pregiudicano una narrazione già di per sé troppo frammentata. E non aiuta certo una sceneggiatura schematica: buoni da una parte, bei studenti barbuti animati da così grandi ideali, cattivi dall’altra: poliziotti ignoranti, famiglie borghesi capaci, pare, di soli discorsi qualunquisti e portatrici di ideali rovesciati (violenza, oppressione, religione). A Placido, forse in difficoltà nel maneggiare una vicenda in parte autobiografica, non riesce la sintesi di un’epoca attraverso le avventure esemplari di un gruppo di ragazzi, come già nel sopracitato Romanzo criminale. Il discorso qui è goffo, i dialoghi, superficiali, non vanno oltre gli slogan e la retorica da comizio. Alcune sequenze che si vorrebbe sintetiche per l’epoca paiono soltanto segno di un modo di accostarsi al problema del prete contro Satana. Mal gestita anche la semplice storia d’amore tra Scamarcio e la Trinca, troppo schiacciata sui cliché e sul già visto, l’ultimo film di Placido, a cui va pur riconosciuta una certa professionalità nella messa in scena e soprattutto nella ricostruzione storica, è un’occasione perduta di vera rievocazione di quegli anni lontani, che nel film sono semplice sfondo alla narrazione e mai reali protagonisti, ma anche un brutto servizio a quel sogno che era sì politico ma anche qualcosa di più e che c’entrava con delle esigenze, pur confuse, di bene, giustizia e verità, e che invece si riduce, purtroppo, a un discorso vacuo, che c’entra poco con la vita e ancora meno col cinema.

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