Il nemico alle porte
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Annaud non è mai stato una cima: ha fatto un film sopravvalutato (Il nome della Rosa), un filmetto pruriginoso (L’amante), una “roba” sonnolenta (Sette anni in Tibet) Ciò che irrita de Il nemico alle porte è il manierismo inutile con cui viene girato il film e che vanifica i primi 10 minuti di pur buon cinema (pienamente debitori di Spielberg). Forse - ci chiediamo - è una storia di guerra vista dalla parte tedesca? No, perché di tedeschi se ne vedono tre: un ciccione che si fa la doccia, un generale scorbutico, e Ed Harris che pensa solo a puntare il fucile. Forse il film è girato nell’ottica russa? No, perché a simboleggiare la tragedia di un popolo c’è cecchino con la faccia da bambino, un ispettore un po’ sfigato, e il cattivissimo Kruscev. Forse è una storia d’amore, travestita da film di guerra? No, perché, a parte un amplesso in caserma, la vicenda amorosa c’entra come i cavoli a merenda. Forse è un film politico? No, perché i giudizi sul comunismo sono di una banalità imbarazzante. Forse non è un film. E alla fine si muore tutti. Ma solo di no.