L’ultimo samurai
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Da Edward Zwick, regista di pessimi film come Vento di passioni e Il coraggio della verità, ci si poteva aspettare solo male. E così è stato. Una bella idea di partenza: l’incontro tra due popoli e due culture opposte negli anni del mutamento del Giappone a stato moderno. Peccato che poco sia sfruttato, un po’ per incompetenza del regista, che probabilmente non ha visto un solo film di Kurosawa e che pare trascurare i recenti alti modelli di cinema d’intercultura (Balla coi lupi o L’ultimo dei Mohicani), un po’ per precise scelte produttive di realizzare un fotoromanzo su misura per Cruise. Il risultato è il primo polpettone noioso e retorico dell’anno, in cui la presenza ingombrante di un Cruise fuori parte vanifica spunti che avrebbero meritato un miglior trattamento (il rapporto di eroica amicizia tra i due protagonisti). Sceneggiatura di bassa lega, semplicistica la resa di molti personaggi, deludenti le scene di battaglia. Cruise, barba e capelli lunghi, scimmiotta Aragorn de Il signore degli anelli con risultati risibili. Se l’ex marito della Kidman ha qualcosa da spartire con la saga di Tolkien, questa è soltanto l’altezza. Da hobbit.