L’uomo che non c’era
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Che film, che film, che film. I Coen non ne sbagliano uno: possono fare dei thriller glaciali e nichilisti (Fargo), film strampalati sul post ’68 (Il grande Lebowski), film epico – musicali (Fratello, dove sei?) avvicinandosi sempre a dei capolavori. Si professano nichilisti di professione; i loro film, spesso, non hanno consapevolmente né capo né coda, eppure in loro c’è un’attenzione all’uomo, alle sue speranze schiantate, che non può che colpire. L’uomo che non c’era è un grande omaggio al cinema e alla letteratura noir degli anni ’50: ci sono echi di maestri del cinema come Lang, Tourneur, Ulmer, Dmytryk, Siodmark che convivono assieme ai grandi romanzi di gente come Cornell Woolrich, Jim Thompson, James M. Cain. Tutti autori sconosciuti presso il grande pubblico, eppure in grado di scavare nel male più radicale del cuore dell’uomo per scoprire un punto fisso per una rinascita altrettanto radicale, verso la speranza più luminosa. Un film perfetto nella scrittura, nella regia, nella direzione di attori insuperabili.