La strada
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Salutiamo Anthony Quinn, rispolverando il ruolo che l’ha reso celebre: Zampanò è un vagabondo che non conosce amore né gentilezza. Lo accompagna una ragazza, che come un animaletto non lo molla un istante benché lui la tratti come un cane, sfogandosi con lei per una vita di stenti. Lei conosce un funambolo, da cui impara amicizia, gentilezza e amore, ma Zampanò, geloso, lo uccide e a Gelsomina non rimane che fuggire. Il film con cui Fellini si stacca dal Neorealismo, inserendo le sue figure fantasiose e poetiche, è un’opera malinconica e triste, che mette a tema il desiderio puro del cuore, di amore, libertà, amicizia da rincorrere su una strada carica di dolore. Intenso e struggente, anche se qualche patetismo di troppo lo rende meno incisivo del successivo Giulietta degli spiriti. Quinn al suo meglio, si trova talmente bene nella parte dello sfruttatore figlio di buona donna da replicarla in una dozzina di film; la Masina è una sorta di Bambi al femminile: riuscirebbe a far piangere le pietre.