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Le regole dell’attrazione

Regia:
R. Avary
Cast:
J. Van Der Beek, S. Sossamon
La vita sballata di alcuni studenti di un college americano negli anni ’80.
Voto: 4,0



.Non conosciamo Bret Easton Ellis come scrittore, ma conosciamo abbastanza bene Roger Avary e il suo cinema adrenalico e un po’ fuori di testa (Killing Zoe, ma anche Una vita al massimo di Scott e Crying Freeman di Gans per cui Avary collabora alla sceneggiatura), per farci un’idea piuttosto chiara de Le regole dell’attrazione, che, tratto proprio da un romanzo di Bret Easton Ellis, esce con un certo ritardo nelle sale italiane (il film è di un paio di anni fa). Ed è subito, ovviamente, scandalo: non tanto per la materia trattata (la vita maledettamente annoiata di alcuni studenti americani, tra alcool, sesso, droga), quanto per la leggerezza con cui tali storie vengono presentate al pubblico. Come in un puzzle da comporre pezzo dopo pezzo, si seguono le vicende parallele di alcuni giovanotti alle prese con diverse e sempre più degradanti “esperienze”: una ragazza decide dopo una delusione d’amore di perdere la verginità con un coetaneo ubriaco che durante l’amplesso non esiterà a vomitarle addosso. Uno studente omosessuale represso vive di fantasie e di masturbazioni. Un altro studente, rigorosamente “etero”, sogna l’amore impossibile, tenta il suicidio, e vive spacciando. Un altro studente compie una vacanza in Europa, alla ricerca di nuove (?) esperienze: tornerà felice dopo averne fatte di ogni. Il tutto sullo sfondo di un college malsano dove tutto è il contrario di tutto: professori violentatori, festini orgiastici, eccetera, eccetera.Avary pensa più a stordire lo spettatore con artifici retorici ridondanti (ralenti, flash back continui, riavvolgimenti immotivati dell’azione), non ha pudore nella trattazione del sesso e della morte (anche se per quanto riguarda il primo, forse per evitare pericoli di censura, nulla di esplicito viene fatto vedere) e si guarda bene dal dare un giudizio sull’assurdità di tante vita buttate al vento. Guardare, ma non giudicare. Descrivere senza fermarsi davanti a nulla e fare di tutto per non provare né compassione né sdegno. La vita è sempre più assurda: non rimane che ricamarne il bel epitaffio. Come nel tanto decantato (e moralmente discutibile) Elephant di Van Sant, Le regole dell’attrazione è un film profondamente malsano e fuorviante perché dietro l’apparente oggettività della descrizione di un mal di vivere si nasconde, e nemmeno troppo bene, una sfiducia totale nel senso reale ed un freddo cinismo nel trattare la vita e la morte dell’uomo che fa soltanto rabbrividire.

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