Mamma mia!
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Trasposizione cinematografica di un musical di successo dalle canzoni degli ABBA. L’idea, non proprio originalissima, è quella di prendere le canzoni del gruppo svedese e di farne da filo rosso per delle avventure sentimentali ambientati in un’isola greca dal nome esotico. Gli splendidi squarci di panorama, gli ottimi protagonisti, tra cui svetta Meryl Streep sempre più in gamba e bellissima nonostante l’età passi per tutti e anche una sceneggiatura tutto sommato semplice e intelligente rendono il Mamma mia! cinematografico un prodotto leggero e molto godibile. Il ritmo non manca, le canzoni rimangono anche dopo la fine del film. Insomma, un film leggero, trascinante anche se non ai livelli di Moulin Rouge! Dietro l’esilità della storia, è però impossibile non notare se non un vero e proprio manifesto culturale a favore della libertà affettiva, almeno uno schema di valori molto ben definito e difficilmente attaccabile: un mondo ideale su cui guardano compiaciute gli dei dell’Olimpo. Un mondo fatto di amore libero, anche omosessuale, di padri probabilmente, di donne indipendenti che fanno e disfano e distruggono qualsiasi cosa e che comunque potrebbero fare a meno dei maschi. Un mondo dominato dal sentimento e dalle sensazione, perché ciò che sento è la bussola di orientamento per la mia vita: il mondo di Sophie che per capire chi fosse andò alla ricerca di un padre, anzi di tre padri diversi; il mondo della matura Donna che finì a letto con tre uomini diversi senza sapere né interessarsi di chi fosse la figlia (“In fondo è soltanto un’eiaculazione!”). Un mondo fragile e inconsistente, con tanti padri (cioè nessuno), con tanto amore, con tanta passione, con tanti colori, con tanti ballerini, un mondo fiabesco e dai risvolti inquietanti che augureremmo soltanto al nostro peggior nemico. Per la cronaca, la regista è una delle lesbiche più influente in Gran Bretagna.