Matrix revolutions
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Il Merovingio (che non è un personaggio di Asterix). L’uomo del treno (che non è un film). L’oracolo (che è in realtà è il virus di un pc). L’architetto (che non si capisce cos’è). Monica Bellucci (che è l’unico vero mostro). C’è un po’ di tutto nell’ultimo episodio della saga cinematografica più discussa degli ultimi anni. Peccato che si capisca poco o nulla. Ci vogliono quaranta minuti per capire dove è finito Reeves: è fermo nel limbo di una stazione del metrò, in piacevole compagnia di una famigliola di programmi del computer. L’ora e venti restante contiene la descrizione finale della battaglia tra macchine e uomini. E’ tutto qui il tanto atteso Matrix: una fiera di effetti speciali (del resto meno spettacolari dei primi due capitoli), mal supportata da un confuso impianto narrativo e da un debole scavo dei personaggi (e la resa di alcune sequenze, irrisolte, come quella del Merovingio, è inaccettabile). Per non parlare della sceneggiatura, che vanifica in una retorica alla Marzullo, i pur buoni spunti dei primi due episodi (la questione del libero arbitrio, tra tutte). Finale osceno. I mistici adoranti Fratello e Sorella Wachowski (infatti tra un film e l’altro uno ha pure cambiato sesso) si rassegnino: la rivoluzione di Matrix, se c’è stata, è finita col primo capitolo.