Planet of the Apes
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Doveva essere remake e così non è stato. L’ultimo film di Tim Burton (Edward mani di forbice, Batman) è una rilettura assai libera de Il pianeta delle scimmie, originale lettura fanta-sociologica sorta in pieno Sessantotto. Eliminando tutti gli interrogativi su di un futuro incerto, dominato da una prospettiva post-atomica, tipica degli anni della Guerra Fredda (anche se forse tali dubbi potrebbero in questo momento essere rispolverati), Burton gira un film sul conflitto tra ragione e istinto, non privo di riferimenti cristologici. Un uomo delle stelle giunge su un mondo barbarico, dominato da scimmie-guerrieri che hanno reso schiavi gli uomini, diventati quasi delle bestie. Non attraverso l’uso illuminato della ragione, ma attraverso la violenza scaltra degli uomini, si arriverà ad un certo equilibrio. Il primo film hollywoodiano di Burton è anche il suo più cupo e pessimista, dove le ceneri del Progresso attecchiscono nel futuro e portano solo violenza e distruzione. Nei secoli dei secoli. Un film ironico e divertente, che solo nel finale perde smalto per una conclusione frettolosa.