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Segreti di stato

Regia:
P. Benvenuti
Cast:
A. Catania, D. Coco
La ricostruzione della strage di Portella della Ginestra.
Voto: 6,0



Non è facile parlare di un film come Segreti di Stato, per due motivi. Perché il film è più che ben fatto, da un punto di vista visivo, narrativo ed interpretativo, e perché il regista, Paolo Benvenuti, ha classe da vendere ed alle spalle un curriculum di tutto rispetto: i suoi Confortorio e Gostanza da Libbiano erano tanto precisi e rigorosi nella messa in scena quanto astiosi nei confronti della Chiesa, il Potere che opprime e non salva, perseguita e non libera. Insomma, Benvenuti non è supponente come Martinelli (l’autore dell’orribile Piazza delle cinque lune) o superficiale come Ferrara (I banchieri di Dio). E’ un regista tosto, giusto un filino anticlericale. E il suo Segreti di Stato non fa certo eccezione: nato – a detta del regista – da anni di ricerche presso archivi americani (l’Office of Strategic Services di Washington) e italiani (i documenti desegretati dalla Commissione Parlamentare Antimafia), il film presenta una ricostruzione anche verisimile della strage di Portella della Ginestra, di cui si esibiscono testimonianze, documenti, plastici e cartine, a riprova del fatto che in realtà non fu il bandito Salvatore Giuliano a sparare sulla manifestazione dei comunisti del Primo Maggio 1947, ma dei sicari al soldo della DC. Eppure, il film incappa in due evidenti forzature: il coinvolgimento di Papa Pacelli e del futuro Papa Montini come i grandi burattinai della vicenda (ma sulle cui prove di colpevolezza Benvenuti sorvola ampiamente), e l’ideologica pretesa di leggere tutta la Storia d’Italia a partire da un fatto non ancora chiarito. Da una parte, la laida Democrazia Cristiana, braccio politico della Chiesa, nella parte del killer spietato e un po’ fascista e, dall’altra, le vittime comuniste, che negli anni ’50 vivevano di ideali e scioperi. E, di certo, non mangiavano i bambini. Aspettavano che si facessero grandi per sbatterli nei gulag.

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