Seven swords
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E' un po' più che una mezza delusione l'ultimo film di Tsui Hark che ha aperto la Mostra del Cinema di Venezia. Quasi due ore e mezza per un film che non sempre conserva ritmo e freschezza, manca di un respiro epico, e non sempre riesce a mettere a fuoco i molti personaggi in campo. Troppi forse, se è vero che pochi sono riconoscibili e i più intriganti appena accennati (la killer punk che scompare quasi subito). Un peccato, perché Seven Swords è un film che non è privo di suggestioni e di agganci all'attualità: battaglie bagnate nel sangue, un impero del Male che si muove solo per denaro e che per crudeltà non è inferiore all'Impero forgiato da George Lucas. E non mancano nemmeno gli omaggi al grande cinema del passato, con la reinterpretazione della vicenda che sta alla base de I Sette samurai di Kurosawa. Eppure, Seven Swords pur non mancando di una regia abile e attenta a calibrare bene i registri (Tsui Hark è un grande del cinema contemporaneo orientale) appare spesso diseguale, con una parte centrale piuttosto fiacca, vicende amorose poco coinvolgenti e scene d'azioni non memorabili. Aperto a possibili sequel (si veda il finale), Seven Swords, dispiace dirlo, più che il capolavoro del regista di Once upon a Time in China, sembra un kolossal orientale fatto a uso e consumo di un pubblico occidentale.