The Millionaire
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Si scrive Danny Boyle (Trainspotting; 28 giorni dopo), ma in realtà si dovrebbe leggere Loveleen Tandan, coregista per la parte girata in India, cioè per quasi tutto il film; direttore del casting per i maggiori successi indiani in Occidente, tra cui Leone d’Oro, Monsoon Wedding. E’ a questo regista indiano che si deve gran parte del fascino di un film che ha nell’ambientazione coloratissima e nei volti degli interpreti il punto di forza. La storia è scritta da un inglese, Simon Beaufoy (The Full Monty) e si vede: sembra Oliver Twist ambientato a Mumbai. Danny Boyle, comunque regista coraggioso e versatile, è il lasciapassare perché un film di Hollywood passi e incassi in Occidente. Comunque, una bella storia, per quanto prevedibile specie nelle battute finali. Non mancano i punti deboli e non tutti i nodi narrativi sono sciolti a dovere, basti osservare l’evoluzione del personaggio di Salim, il fratello del protagonista, quasi liquidato nel finale del film o anche il trattamento scontato del personaggio del presentatore televisivo. Ma i pregi sono diversi: innanzitutto un’estetica nuova fatta di colori, immagini, ambienti, persino odori nuovi. Sembra di essere dentro l’India, immersi nel flusso continuo di Bombay e non da turisti visitatori ma come veri e propri poveracci delle baraccopoli. Il cast funziona a meraviglia, soprattutto nella sezione dedicata a Jamal bambino. Non manca il ritmo, evidenziato da una bella colonna sonora e da una struttura a flashback sostenuto da un ritmo serratissimo, questo sì, marchio di fabbrica del regista del recente Sunshine. E poi c’è lei, Freida Pinto, ventiquattrenne modella bellissima, al primo film. Solo lei vale il prezzo del biglietto, non dico al cinema, ma direttamente per il cuore pulsante dell’India, Mumbai.