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La TV, la guerra e noi

Autore:
Natale, Anna Maria
Fonte:
CulturaCattolica.it © 13.02.03
Attenzione all'alienazione da informazione drogata

Non sappiamo ancora se dalla grave crisi internazionale si uscirà senza guerra e senza bombardamenti.
Quel che è certo è che un vero e proprio bombardamento è in atto da tempo. E' il bombardamento mediatico di un'informazione sostanzialmente drogata che confeziona e mescola insieme notizie e non-notizie, (del tipo 'si pensa', 'ci si aspetta', 'si suppone', 'domani forse…', e così via) in un caleidoscopio inestricabile, rendendo assai difficile discernere e valutare dati di realtà e pregiudizio ideologico.

Il martellamento mediatico, anche quando non aggiunge nessun dato di informazione reale, tende nel suo insieme a sortire un unico grande effetto: creare un'aspettativa fatalistica ed una sottile paralizzante paura. Siamo all'ossessione del clima prebellico, che vede schierati in campo gli 'eserciti' dei 'pro' e dei 'contro' in un crescendo di tolleranza zero.
Come sempre, quanto più le questioni sono complesse e delicate, tanto più sembra vincere in tv, e non solo in tv, una sorta di semplificazione dell'immaginario collettivo: quella semplificazione che divide il mondo nelle categorie universali dell'amico/nemico, del buono/cattivo, del pro o contro.
La messe di informazione-disinformazione sul conflitto somiglia sempre più alle puntate di una telenovela. Cioè a quel genere televisivo dove l'effetto suspence, ovvero incollamento del telespettatore allo schermo, è ottenuto non già raccontando delle storie (per 175 puntate di una telenovela può non accadere assolutamente nulla) bensì creando aspettative morbose su quanto potrebbe succedere da un momento all'altro.

Attenzione a questa sottile forma di alienazione. Non possiamo evidentemente non guardare i telegiornali, ma attenzione a non cadere nella trappola di un fatalismo pieno di paura e di una schematizzazione della realtà.

La verità è nella semplicità del cuore, non è nella semplificazione della realtà.
Le domande vere non sono quelle che inducono a schierarsi e ad odiare il 'nemico'.
Per intenderci, non sono quelle alla "Famiglia cristiana" ("sei col Papa o con Bush?"): questa è una strumentalizzazione a mio avviso vergognosa della persona e del prestigio morale del Papa per indurre sostanzialmente un odio. Il che è quanto di più lontano si possa immaginare dall'atteggiamento e dal messaggio instancabile e chiarissimo del Papa.

L'unica vera domanda è: 'che cosa è chiesto a me in questa circostanza? in che modo posso io, che non sono né un capo di Stato né di Governo, essere qui ed ora costruttore di pace?'

Si scopre allora che è ben diverso guardar la tv essendo soli o facendo invece parte della grande preghiera universale della Chiesa.

Se ci si pone così, si sperimenta che la comunicazione, anche la comunicazione televisiva, non è a senso unico: non siamo solo spettatori passivi di un'informazione preconfezionata (malgrado i fiumi di spropositi che sono stati scritti in proposito!). Si sperimenta allora che cambiano i rapporti, cambia il modo di guardare la realtà e di recepire l'informazione, cambia perfino il modo di aver paura. Si sperimenta infine che si riesce a rispondere in modo semplice e costruttivo alle domande di bambini e anziani in famiglia.
Provare per credere.

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