Le strane sigle: A. e. V. - D. e. V.
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Caro direttore,
Nei giorni di vacanza mi capita di cogliere qua e là spezzoni di programmi televisivi per me inconsueti. Così avverto che ci vengono riversate addosso valanghe di astrologia. Non solo nelle apposite trasmissioni di maghi e astrologhi di professione o del gioco del lotto, ma anche negli ‘innocui’ programmi di famiglia trasmessi nelle ore in cui le casalinghe sono indaffarate ai fornelli. Il destino ci piove addosso dall’alto, come fossimo al tempo degli dèi greci e romani, sotto il dominio degli astri e dei giorni ‘fausti e infausti’. San Paolo che ricorda la nostra liberazione dalle ‘potenze celesti, terrestri e inferiori’, è sparito completamente dalla scena. Per altri versi, scopro che pure Cristo e il suo calendario è abolito. Gli amici del gruppo sportivo mi regalano un’enciclopedia biblica, e io mi precipito a leggere l’introduzione: il monaco sapiente elogia la scelta degli autori - americani - che hanno sostituito la consueta sigla ‘a.C.’ e ‘d.C.’ con l’innovativa ‘a.e.v.’ e ‘d.e.v’: non è politicamente corretto dire ‘avanti Cristo’ e ‘dopo Cristo’; adesso si dice ‘avanti e dopo l’era volgare’. Questo irenismo al ribasso, questo ecumenismo di abolizione, a chi giova ? Ai non credenti ? Ma quale vantaggio si ottiene a cancellare i dati e a mascherare la verità storica ? Nel vuoto dei nomi, che cosa vedremo spuntare oltre il nulla ? I simboli degli astri e i costosi talismani ci difenderanno dalla paura ? Le feste di Natale in parrocchia - pur sempre belle per il Mistero celebrato nella presenza attenta e lieta delle persone - sono state segnate da fatti dolorosi, come il funerale di due uomini quarantenni e l’acutizzarsi della malattia di alcune persone care. Giriamo anche noi sull’altalena dei giorni fausti e infausti ? Quale feticcio dovremo invocare ? Nella sera dell’ultimo dell’anno, il parroco invita al ringraziamento. Dice di non fare il conteggio dei giorni buoni e cattivi. Dice che nessuno potrà comunque mai salvarsi dal definitivo ‘giorno cattivo’ della morte. E apre su un altro livello: la bellezza e felicità della vita non consistono nell’evitare tutti i mali, ma nella presenza di Cristo, che rende bello e buono tutto. Il bene vero che ci auguriamo non consiste nell’impossibile gioco di schivare i malanni, ma nella grazia che ci sostiene. Che cosa augurare a una mamma in grande dolore per il figlio che vede perdersi nel baratro ? Come sostenerne la speranza ? Il dolore dei genitori diventi domanda perché Cristo si manifesti e ci salvi. Diceva Paolo VI: ‘Ancora o Cristo, Tu ci sei necessario’. Imprevedibilmente anche Bertold Brecht gridava: “Tu Cristo ci sei veramente necessario”.