Che la Chiesa ci aiuti a difendere la vita e la civiltà
- Curatore:
- Fonte:

Il premier ungherese Viktor Orbán, nel suo incontro con Papa Francesco a Budapest, ha dato in regalo al Pontefice una copia della lettera che il re ungherese Béla IV nel 1250 scrisse al Papa Innocenzo IV, in cui chiedeva l’aiuto dell’Occidente contro i tartari che assediavano l’Ungheria. Al tempo, l’Islam stava dilagando dalla Spagna al subcontinente indiano, passando per i regni cristiani di Armenia, Bisanzio, Bulgaria, Serbia, Bosnia, Croazia e Albania, oltre a parti dell’Italia, della Polonia e dell’Ungheria, conquistati e islamizzati da ondate di arabi, selgiuchidi e tartari…
Al santissimo Padre Innocenzo, per divina provvidenza Sommo Pontefice di Santa Romana e Universale Chiesa, da Béla, Re d’Ungheria, con il dovuto e devoto rispetto.
La maggior parte del regno d’Ungheria è ridotto a un deserto dal flagello dei Tartari, circondato come un ovile. Per questo - e soprattutto per i Tartari, che l’esperienza della guerra ci ha insegnato a temere come hanno imparato tutte le altre nazioni che hanno attraversato - dopo aver chiesto consiglio ai prelati e ai principi della nostra regno, ci affrettiamo a rivolgerci al vicario di Cristo e ai suoi fratelli, come all’ultimissimo vero protettore della fede cristiana nel nostro bisogno estremo, affinché ciò che tutti temiamo non accada.
È contro l’intera cristianità che le loro forze sono unificate e, per quanto è ritenuto certo da diverse persone di fiducia, hanno fermamente deciso di inviare presto le loro innumerevoli truppe contro l’intera Europa. Perciò temiamo che, se arrivasse la loro gente, i nostri sudditi non sapranno resistere alla crudeltà della ferocia tartara in battaglia e, contro la nostra volontà, guidati dalla paura, finiranno per sottomettersi al loro giogo, come hanno già fatto i predetti vicini, a meno che la lungimirante sede apostolica, con la sua attenta considerazione, non fortifichi saldamente il nostro regno per consolare i popoli che in esso abitano.
Mentre i Tartari ancora combattevano contro di noi, ci rivolgemmo alle tre principali corti della cristianità chiedendo aiuto, cioè la sua, che è creduta dai cristiani come la più alta di tutte le corti; dell’Imperatore, al quale dichiarammo perfino che saremmo pronti a sottometterci se, durante il tempo del flagello, ci avesse dato valido aiuto; e alla corte dei Franchi.
Ma da tutti loro non abbiamo ricevuto né incoraggiamento né sostegno, solo parole. Infatti, abbiamo fatto ricorso a tutto ciò che era nostro e, per il profitto della cristianità, abbiamo umiliato la nostra regale maestà e abbiamo dato in sposa due delle nostre figlie a due duchi ruteni e la terza a un duca polacco, con l’obiettivo di imparare attraverso di loro e altri nostri amici nelle parti orientali tutte le notizie segrete sui tartari, affinché in questo modo potessimo affrontarli e resistere in modo più adatto alle loro intenzioni e disegni fraudolenti.
Speriamo vivamente che sia chiaro alla Santità che in questi tempi opprimenti non abbiamo ricevuto alcun aiuto utile da alcun principe o popolo di tutta l’Europa cristiana, ad eccezione del cavalieri di Gerusalemme, i cui fratelli su nostra richiesta hanno recentemente impugnato le armi in difesa del nostro regno e fede cristiana. Se - Dio non voglia! - questo territorio fosse posseduto dai tartari, la porta sarebbe loro aperta per invadere le altre regioni della fede cattolica. Attila può servire come esempio di chi, venendo dall’Oriente per sottomettere l’Occidente, ha stabilito il centro della sua autorità nel mezzo del regno d’Ungheria.
La Sua Santità pontificia, meditando su tutto questo, ci trovi degni di procurarci un medicinale prima che la ferita marcisca. La moltitudine si stupisce e non può smettere di stupirsi del fatto che la Sua Apostolica Clemenza non offra un aiuto sostanziale all’impero di Costantinopoli.
Apra dunque il suo cuore e, in questo tempo di persecuzione, tenda la mano con il necessario sostegno per la difesa della fede e per la pubblica utilità. Altrimenti, se la nostra petizione, così necessaria e così universalmente favorevole ai fedeli della Chiesa Romana, subisse un rifiuto (a cui non possiamo credere), allora dovremmo essere obbligati per necessità, non come figli ma come figliastri esclusi dal gregge del padre, a chiedere aiuto altrove.
Newsletter di Giulio Meotti