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Cosa fare dell’Europa?

Autore:
Salina, Giorgio
Fonte:
CulturaCattolica.it
Il Parlamento europeo, nell'ultima sessione plenaria di Strasburgo, ha approvato a grande maggioranza tre risoluzioni destinate ad incidere sulla politica dell'Unione; di queste tre risoluzioni i mezzi di comunicazione, in particolare quelli italiani, non hanno dato alcuna notizia.

Le tre risoluzioni riguardano «Omofobia in Europa», «Periodo di riflessione» sul futuro del Trattato costituzionale, ed infine «Prospettive finanziarie» che boccia sonoramente l’accordo faticosamente raggiunto nel vertice di Bruxelles nel dicembre scorso. Tre temi rilevantissimi, sia pure per motivi diversi; tutti e tre incideranno in un modo o nell’altro sulla “vita” dell’Unione.

La prima risoluzione, la lotta all’omofobia, è un documento aberrante che partendo dal “falso scopo” della lotta alla discriminazione sessuale, ha consentito alle lobby di omosessuali e lesbiche di porre più di una premessa all’istituzionalizzazione del matrimonio gay, e di infrangere il principio della sussidiarietà “verticale”, ingerendo negli aspetti costituzionali e legislativi degli stati membri, in materie che devono restare di competenza dei singoli stati. È la seconda o la terza volta in pochissimo tempo che, con acquiescenza della maggioranza, le lobby impongono questi temi al Parlamento. Se si facesse un sondaggio chiedendo ai cittadini europei quali sono i 10 punti che le Istituzioni europee dovrebbero affrontare per primi, c’è da scommettere che questo non entrerebbe neppure in graduatoria. Così facendo, inoltre, si accentua l’impressione che la sussidiarietà, molto evocata al Parlamento, sia l’alibi per non assumere chiare responsabilità in materie non condivise da sinistra, radicali, liberali europei, ecc., mentre è ignorata per ingerire ideologicamente nei singoli Paesi: così non si serve la causa europea. Purtroppo non è un episodio isolato; vedi la Newsletter di Cespas n. 11/2005 del 16-01-2006 (http://www.cespas.org/newsletter/011.php) Chi assume queste posizioni, per interessi ideologici, si assume una grave responsabilità, perché queste cose provocano una drastica reazione della gente: «Un’Europa così meglio non averla!»

La terza ha sancito la frattura e la contrapposizione del Parlamento al Consiglio ed alla Commissione, chiedendo di “contrattare” direttamente un nuovo accordo finanziario. Di là dalle “eleganze formali” il Parlamento contesta le decisioni assunte per gli investimenti in competitività, crescita ed occupazione, contesta i tagli al capitolo cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia, contesta che gli Stati membri combattano per preservare i propri interessi e privilegi nazionali (quote agricole della Francia, tagli al contributo britannico, ecc.), contesta che non siano “onorati” gli impegni assunti con i nuovi Stati membri. Scusate se è poco! Insomma boccia e rifiuta l’accordo raggiunto dai Capi di Stato e di Governo.

La seconda risoluzione invece, quella su cui vorremmo soffermarci brevemente, ha preso in esame il futuro del Trattato costituzionale. Uscendo dal politichese europeo: e adesso cosa si fa? Dopo la ratifica di 12 Parlamenti nazionali e del popolo lussemburghese, ma la bocciatura del popolo francese ed olandese, e la sospensione del processo di ratifica di diversi altri Paesi (p. es. Regno Unito e Polonia) cosa si fa? Nessuno aveva previsto questa eventualità, quindi nessuno aveva identificato un percorso “istituzionale” per uscirne. Volendo riassumere la risoluzione adottata dall’Aula con 385 voti favorevoli, 125 contrari e 51 astensioni, si può correttamente dire così: «Senza Costituzione non è possibile parlare di nuovo allargamento dopo l’ingresso di Romania e Bulgaria; mancano le regole. Con questo testo non si va molto lontano; c’è il rischio concreto di ulteriori bocciature.» È un’inversione di rotta molto importante perché subito dopo i due referendum che hanno detto «no», la posizione più condivisa era: i cittadini non hanno capito perché non l’abbiamo spiegata, il testo va bene così, occorre evitare che i cittadini votino in base ad altre considerazioni che non c’entrano. Ora approvando la relazione di Andrew DUFF (ALDE/ADLE) inglese, e Johannes VOGGENHUBER (Verdi/ALE) austriaco, il Parlamento ha riconosciuto che occorre riprendere il dialogo con i cittadini europei e recepire i loro desideri, alcuni sostengono che si può modificare la parte IIIª mentre le prime due vanno bene così, altri ritengono che tutto il testo sia emendabile. Viste le notevoli differenze, diciamo pure discordanze fra le diverse Forze politiche presenti, la Risoluzione Duff-Voggenhuber non poteva che essere vaga nell’individuazione del percorso da compiere, ma ha comunque il merito di aver richiamato l’attenzione sul problema. Infatti la Risoluzione prevede che i Deputati si ritrovino in un primo forum interparlamentare che dovrebbe essere convocato nella primavera del 2006 con l’obiettivo di formulare raccomandazioni esaustive al Consiglio europeo sul modo in cui l’Unione dovrà procedere per uscire dalla crisi. A tale proposito, il Parlamento accoglie favorevolmente l’intenzione della Presidenza austriaca di presentare una road map per il periodo di riflessione come anche per il futuro del processo di ratifica in generale e si compiace della dichiarazione del governo tedesco, secondo cui esso intende prendere iniziative riguardanti il processo di ratifica costituzionale durante il proprio periodo di Presidenza, nel primo semestre del 2007. Tuttavia una prima piccola doccia fredda consiste nel fatto che i Presidenti dei tre Stati che deterranno la Presidenza dell’Unione da qui al giugno 2007 (Austria, Finlandia e Germania), non intendono promuovere o aderire ad alcun Forum interparlamentare.
La Risoluzione chiede inoltre agli Stati membri di organizzare un gran numero di riunioni pubbliche e di dibattiti sui mezzi d’informazione, sul futuro dell’Europa (“Forum dei cittadini”) a livello nazionale, regionale e locale. Le parti sociali e le organizzazioni della società civile sono esortate a partecipare a tali dibattiti. I deputati propongono di trarre le conclusioni del periodo di riflessione al più tardi nella seconda metà del 2007 e di decidere chiaramente in tale fase come procedere con la Costituzione.
Potrebbe essere l’occasione, se attuata, per riproporre l’Europa che vogliamo, in sintonia con gli ideali dei Fondatori: certo occorre cominciare a dire che l’occasione c’è… o che dovrebbe esserci!

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