Italia ed Europa
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:
1. Nel passato oltre ai cristiani, erano presenti in Europa e, quindi, pure in Italia anche gli atei, gli ebrei ed i musulmani. Ma il quadro di riferimento in tutta l'area europea era il cristianesimo.
Quando sorse il problema di una differenziazione grossa come fu quella originata dalla Riforma, il problema fu risolto con il noto principio: "Cuius regio illius et religio", che venne utilizzato soprattutto in Germania, ma divenne il principio ispiratore per tutti i Paesi europei.
Ma c'è in esso una non chiarezza, perché di fatto, da una parte, ci si ispira alla tolleranza, ma non va dimenticato che Locke stesso, nel suo libro sulla tolleranza, dice che vanno tollerati tutti meno i cattolici e gli atei; i primi perché obbediscono al Papa e non al re, i secondi perché, non credendo a nulla, anch'essi non obbediscono al re. Dall'altra parte, chi è libero di decidere la religione di un luogo era il Principe, non il popolo, non la singola persona.
2. Questo principio, mi pare, è di fatto in uso anche oggi, anche se vissuto "laicamente". Infatti quando il nuovo "Principe" (vale a dire il Governo e lo Stato ospitante) chiede agli "altri" di integrarsi, chiede loro di accettare quei valori fissati dalla sua Costituzione, che esercita in tal caso lo stesso ruolo affidato in passato alla "religio".
3. Nel presente abbiamo ancora i vari gruppi presenti: cristiani, atei, ebrei, musulmani, buddisti, indifferenti ecc., ma è cambiato il punto di riferimento culturale, che prima era comunemente accettato e era di origine cristiana. La società non ha più un principio unitario e c'è da chiedersi se esista davvero un principio unitario "laico".
4. La linea di soluzione, che mi permetto di proporre, perché mi pare emerga dal brano di Discorso che sto commentando, è questa: Perché non riconoscere un Padre, se ci diciamo fratelli in umanità? Perché non riconoscere che i valori acquisiti nelle varie Costituzioni europee, e da mettere nella futura, comune Costituzione europea, sono di origine cristiana, dando credito a quanto ha affermato il Santo Padre nel recente Discorso al Parlamento Italiano? E un'altra proposta: perché non tenere presente che:
a) Nell'ambito culturale, l'uomo è sempre il fatto primo: l'uomo è il fatto primordiale e fondamentale della cultura (Discorso di Giovanni Paolo II all'UNESCO, 2 giugno 1980, n. 8). Un tale orientamento farebbe dunque riflettere non solo sul contenuto reale della cultura, ma anche sul posto dell'uomo e la portate etica della sua azione.
b) La dimensione prima e fondamentale della cultura è la sana moralità: la cultura morale (ibid., n. 12).
c) La grande responsabilità di formare il pensiero e la cultura vanno costruite mediante il richiamo permanente alla ricerca del vero (Fides et ratio, n. 6, cfr anche Veritatis splendor) ed un costante riferimento ai valori dello spirito.
Infine, auspicando che l'Europa della Nazioni abbia nelle sue nuove fondamenta per l'edificazione della "casa comune" il "cemento" di quella straordinaria eredità religiosa, culturale e civile che l'ha resa grande nei secoli (cfr Discorso al Parlamento Italiano, 14 novembre 2002, n. 9), Giovanni Paolo II non solo sottolinea che essa avrà una consistenza sua propria in virtù della sua cultura ma, se questa strada verrà seguita, si vedrà anche che la fede cristiana ha, come una delle caratteristiche fondamentali, la capacità di assumersi responsabilmente il compito di costruire un'autentica civiltà per l'uomo.