Le radici cristiane dell'Europa e la nuova Costituzione Europea - 1
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Don Pierre Laurent Cabantous - Parroco di Piangipane - Ravenna
Perché vogliamo che, nella Costituzione europea, l’Europa riconosca le proprie radici culturali cristiane? Vediamo, innanzi tutto, di delimitare l’ambito del tema di questa sera. Vogliamo forse dire che tutti gli Europei devono essere cristiani cattolici e che quelli che non vanno a Messa la Domenica sono cittadini di seconda categoria? Non è questo quello che noi vogliamo dire! Quando vogliamo che siano menzionate le radici cristiane dell’Europa, non dimentichiamo che l’Europa è fatta di cattolici, di protestanti, di ortodossi e anche di cittadini che se gli domandi se Gesù Cristo sia il Figlio di Dio ti rispondono di no o che non ci credono, non credenti. Perché, allora, diciamo che l’Europa ha delle radici cristiane? Qui parliamo del Cristianesimo in un senso culturale. Anche quegli uomini Europei che non credono in Gesù Cristo Figlio di Dio o che dicono di non credere in Gesù Cristo Figlio di Dio, - che non è esattamente la stessa cosa, perché a giudicare sulla fede sarà solo il buon Dio nell’altro mondo - anche questi, hanno una struttura di personalità e una cultura che ha profondamente subito l’impatto e l’influenza della vita cristiana, tanto è vero che un grande filosofo laico - avversario della Chiesa Cattolica in Italia - come Benedetto Croce poteva scrivere un libretto dal titolo “Perché non possiamo non dirci cristiani”. Che vuol dire questo? Se uno viaggia e va fuori dell’Europa lo capisce meglio. Perché scopre che tante cose che noi consideriamo come ovvie e scontate, come puramente naturali, fra popoli che non hanno subito l’esperienza cristiana non sono riconosciute. Basta attraversare il canale di Sicilia, perché una cosa per noi ovvia e scontata, come il fatto che ogni ragazza ha il diritto di scegliersi il proprio marito, non sia così ovvia e scontata, anzi sembra che il contrario sia vero. La idea che la responsabilità penale è personale e che io non posso ammazzare qualcuno per un torto che mi ha fatto suo fratello, suo cugino o suo cognato, il suo concittadino, questa idea che a noi sembra evidente, in altri popoli non è altrettanto evidente. Lo diciamo senza nessun complesso di superiorità. Non stiamo dicendo che noi siamo migliori o più buoni di altri popoli. Infatti, non appena, per un attimo ci dimentichiamo del cristianesimo anche noi facciamo le rappresaglie, ammazziamo la gente facendo le vendette trasversali. Pensate al dramma terribile del ciclo delle due grandi guerre mondiali: quando l’Europa si è dimenticata di essere cristiana ha fatto esattamente le stesse cose! Ci sono alcuni valori naturali che nel Cristianesimo hanno avuto un appoggio potentissimo e hanno formato la nostra cultura. Ci hanno dato un modello di famiglia: noi siamo più o meno convinti che i bimbi devono nascere da un papà e da una mamma e che un papà ed una mamma devono prendersi cura dei loro figli (… c’è il divorzio, però è considerato ancora una eccezione). Noi crediamo in una certa struttura di famiglia che produce un certo tipo di persona. Non in tutto il mondo è così, non nello stesso modo. Quale è l’apporto più grande che il Cristianesimo ci ha portato? Io, direi, è la idea di persona. Non a caso nella Carta dei diritti - all’articolo 1° - c’è proprio il richiamo alla dignità di ogni singola persona umana. Cosa vuol dire persona? L’idea di persona è una idea filosofica e non c’è bisogno della Rivelazione per giustificarla, però storicamente nasce in ambiente cristiano, più precisamente in ambiente teologico. L’idea di persona nasce nelle controversie cristologiche del IV° secolo, quando i cristiani devono rispondere ad una obiezione. L’obiezione principe contro il Cristianesimo: l’obiezione contro l’idea di Trinità. Meglio…, l’idea di Trinità ancora non c’era: i cristiani devono rispondere all’obiezione “com’è possibile che Gesù sia anche il Padre e anche lo Spirito Santo? Se sono tre, come fanno ad essere uno? È una cosa incomprensibile.” Per rispondere a questo, i cristiani, elaborano il concetto di persona. La persona è un essere il quale, come dirà poi anche il Concilio Ecumenico Vaticano II, non può realizzare compiutamente se stesso se non attraverso un libero dono di sé. E l’idea di persona è che uno vive attraverso l’altro, che l’appartenere all’altro è costitutivo della mia identità tanto che io non sarei me stesso se non appartenessi a te. Questa appartenenza ha tanti livelli: il primo, nell’ordine naturale il più forte, è quello dell’amore coniugale. Io sono quello che sono, perché sono contemporaneamente il marito di mia moglie, il padre delle mie figlie, il nonno dei miei nipoti, il figlio dei miei genitori. Ma questo, che è un fatto naturale, poi si dilata al di là dell’ambito naturale, perché attraverso la fede divento figlio, fratello, sposo, padre, secondo un ordine di prossimità, di tutti gli altri esseri umani che sono sulla terra. E da questo nasce anche quella realtà che chiamiamo nazione. Vi siete mai domandati da dove nasce la nazione italiana? Ha provato a descriverlo Alessandro Manzoni in un dramma, l’”Adelchi”: la nazione italiana nasce dal perdono e dal Battesimo. È il Battesimo e il perdono che mette assieme Longobardi e Latini: due popoli che si odiano, che hanno tanti motivi per ammazzarsi l’uno con l’altro, più di quanti ne abbiano Palestinesi ed Ebrei in Palestina e che, tuttavia, in forza del Battesimo, lentamente, molto lentamente, imparano a considerarsi come fratelli, a sposarsi gli uni con gli altri, a perdonarsi il male che si sono fatti e, in questo modo, nasce una cosa nuova che è la nazione italiana. Come nascono le altre nazioni europee? Più o meno nello stesso modo. Guardate la storia francese: sono i Franchi e i Galli, in Spagna saranno i Visigoti e gli Ispanici. Il cristianesimo è capace di rendere il lontano vicino, l’estraneo fratello, di creare una comunità che va al di là del vincolo della carne. Approfondisce il vincolo della carne, ma crea una comunità che va al di là di questo vincolo.
Questo dato culturale definisce la cultura europea. Perché l’Europa non è un continente, è una cultura. Dov’è il confine geografico dell’Europa? Non lo sa nessuno, perché l’Europa è una cultura che nasce all’inizio a Roma, però con una radice in Palestina ed anche in Grecia. Un’ Europa che non ha consapevolezza delle sue radici non è un soggetto culturale, non è un soggetto politico, è soltanto uno spessore di mercato. Il mercato è una cosa buona e noi siamo per l’economia di mercato, ma il mercato è come il sesso: originariamente buono, ma che facilmente diventa cattivo se non è contenuto e governato dalla ragione. Allora, il mercato ha bisogno di essere contenuto e governato da valori che sono politici, religiosi, culturali. Per poterlo governare occorre avere una cultura: allora, il mercato, diventa un elemento positivo. Inoltre, se l’Europa non vuole essere mercato e solo mercato deve avere una identità. E l’identità dell’Europa è questa: è l’identità cristiana. Obiezioni: quando io ho fatto la proposta, alla commissione delle Carta dei Diritti di cui ero membro, attraverso un emendamento, di richiamare nella Carta dei diritti le radici cristiane dell’Europa, mi hanno detto “no, è troppo limitato”. Ho riposto, avete ragione: non solo cristiane, ma ebraico-cristiane. C’erano anche gli ebrei in tutto il processo della storia europea, ebrei e cristiani hanno tantissimo in comune, sono i nostri fratelli maggiori… mi hanno detto “non va bene, è troppo limitato”. Ho risposto, avete ragione. Perché non ci sono solo le radici ebraico-cristiane. Non vogliamo essere escludenti. Socrate, dove lo mettete? La cultura europea è fatta da Gesù Cristo e dalla tradizione greco-latina. Poi, noi pensiamo che Socrate sia una specie di Mosè dei pagani (S. Agostino lo ha chiamato Mosè dei pagani, colui che nel mondo pagano ha avuto la funzione di precursore per i pagani così come Mosè l’ha avuta per gli Ebrei). Richiamiamo - ho nuovamente proposto - le radici cristiane ed ebraico-greco-latine. Non è andato bene neppure così! Ed io ho la preoccupazione che qualcuno voglia un’Europa senza cultura. Perché non basta il richiamo ai valori: se non ti indico il metodo con cui questi valori sono diventati concreti per me, i valori rischiano di rimanere astratti, oggetto di una ammirazione che non può diventare imitazione. Immaginate che un grande sollevatore di pesi si esibisca davanti a voi sollevando in aria 200 chili. Questo vi abilita ad alzare 200 chili? Neanche un po’! Ma se lui vi indica la palestra dove ha imparato come si fa e vi dice il processo attraverso il quale tutte le mattine, facendo questi esercizi, di qui ad un anno solleverete duecento chili, allora, forse, funziona. Indicare i valori senza indicare il metodo attraverso il quale questi valori sono entrati nella storia europea è astratto, e rischia di rendere il riferimento ai valori poco credibile. Altra obiezione: voi siete contro l’Islam e volete emarginare gli islamici. Non è vero! Per due motivi.
1° L’Islam nel Corano riconosce Cristo come il più grande profeta prima di Maometto. In senso culturale, non dovrebbero avere difficoltà nemmeno loro a riconoscere la positività dei valori cristiani. E se non fosse così? Vorrebbe dire che è un Islam che non ama il Cristianesimo, ma se non ama il Cristianesimo non ama neanche l’Europa e allora è bene che in Europa non ci venga, perché, tutto sommato non siamo noi che chiediamo di entrare nella Turchia, è la Turchia che chiede di entrare nell’Unione Europea. Io credo che sia bene che entri. Pensate che grande cosa l’apertura alla missione, in termini di libertà religiosa, di un grande paese islamico. Non c’è mai stata un’opportunità così nella storia della Chiesa. Io sono favorevole che la Turchia entri, ma deve entrare rispettando la nostra cultura e la nostra identità. Altrimenti, si genera il paradosso per cui tutti possono venire in Europa portandosi dietro la loro cultura e noi che siamo nati in Europa il diritto alla nostra cultura non lo abbiamo e dobbiamo annullare la nostra cultura, perché se noi affermiamo la nostra cultura sembra un’offesa per gli altri. Ora, se io vado in un paese che ha una cultura diversa dalla mia cerco di valorizzarne gli aspetti positivi, di entrare in un dialogo simpatetico con quella cultura, per lo meno la rispetto se non riesco ad amarla. Se chi viene fra di noi, non è in grado di amare o, almeno, di rispettare la nostra cultura, onestamente, il problema è il suo. Nessuno può chiederci di rinunciare ad avere una cultura, perché viene sentito come un ostacolo per altri.
2° Guardate che chi viaggia nei paesi islamici, chi dialoga con l’Islam e conosce l’Islam, sa bene una cosa: l’Islam ha molta più paura del vuoto di valori che è diffuso da una certa cultura laicista che non del Cristianesimo. Hanno molto più paura di “Dallas” - non la bella città americana, dove anche sono stato professore - ma del telefilm: quella immagine di un mondo in cui tutti i valori sono scomparsi e rimangono solo l’usura, la lussuria ed il potere. Il loro timore è “volete renderci simili a voi, facendoci perdere tutti i valori”. E questo genera la rabbia. Se, invece, ad esempio, uno dice “io sono cristiano e credo nella santità del matrimonio, anzi ci credo più di te perché ho un’idea più elevata della donna” - questa è una cosa su cui si può discutere. Mentre, definire l’Europa come uno spazio vuoto di valori, non rende più facile la convivenza, ma la rende più difficile! Perché chi viene e trova uno spazio vuoto ha due reazioni: la prima, il disprezzo per una cultura senza valori e, la seconda, il tentativo di riempire lui questo spazio vuoto. Se, invece, gli si dice che questo è uno spazio pieno, lui cercherà di dialogare con questo spazio pieno chiedendo il rispetto per la sua cultura, ma anche esprimendo il rispetto per la cultura che trova. Per questo abbiamo fatto un emendamento all’articolo due della nuova Costituzione Europea, in cui inseriamo il richiamo alle radici cristiane. Secondo me, se non è l’articolo due va bene lo stesso. Stiamo trattando, in politica si tratta su tutto. Pare che, invece che nell’articolo 2, il richiamo alle radici cristiane potrebbero metterlo nel Preambolo. Va ugualmente bene. E se ci dicono che oltre alle radici cristiane occorre aggiungere le radici ebraico-latine va ugualmente bene, perché corrisponde alla realtà. Non chiediamo privilegi, chiediamo un Europa che abbia il coraggio di dire la verità su se stessa.