Amici di Pinochet, vergognatevi!
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Quante volte, anche a scuola, l’episodio di Giovanni Paolo II che si affacciava al balcone della residenza di Pinochet è stato usato per offendere la figura di questo grande pontefice, indicato come colluso con il sanguinario dittatore. Ed ora si scopre l’inganno, il brutto tiro organizzato dallo stesso Pinochet. Tutti quelli che hanno usato questa notizia per screditare il papa Giovanni Paolo II (anche se ora se ne fanno postumi paladini) dovrebbero avere il coraggio di fare il mea culpa, senza del quale si mostreranno per quello che sono, gonzi amici di un sanguinario dittatore, appunto.
“Come dimenticare il volto di Karol Wojtyla quando si accorse del tiro che gli giocò Pinochet durante il viaggio in Cile nel 1987? Lo fece affacciare con lui al balcone del palazzo presidenziale, contro la sua volontà. Ci prese tutti in giro. Noi del seguito fummo fatti accomodare in un salottino in attesa del colloquio privato. Secondo i patti – che avevo concordato su precisa disposizione del papa – Giovanni Paolo II e il presidente non si sarebbero affacciati per salutare la folla. Wojtyla era molto critico nei confronti del dittatore cileno e non voleva apparire accanto a lui. Io tenevo sempre d’occhio l’unica porta che collegava il salottino, dove eravamo noi del seguito, alla stanza nella quale erano il papa e Pinochet. Ma con una mossa studiata li fecero uscire da un’altra porta. Passarono davanti a una grande tenda nera chiusa – ci raccontò poi il papa furioso – e Pinochet fece fermare lì Giovanni Paolo II, come se dovesse mostrargli qualcosa. La tenda fu aperta di colpo e il pontefice si ritrovò davanti il balcone aperto sulla piazza gremita di gente. Non poté ritrarsi, ma ricordo che quando si congedò da Pinochet lo gelò con lo sguardo. Alfonsín, in Argentina, fu più rispettoso, e non pretese assolutamente di comparire al suo fianco. In Africa invece re, dittatori e governanti corrotti lo tiravano da tutte le parti per sfruttarne l’immagine. Lui lo sapeva, ma era uno scotto da pagare per incontrare la gente. Ne era addolorato, ma sopportava. Con noi poi si sfogava. E quando parlava non risparmiava le denunce” [Dall’intervista a “L’Osservatore Romano” del 23 dicembre 2009 del Card. Roberto Tucci].