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Una sera d’estate, olio & salame piccanti

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ieri sera sono andato in pizzeria con qualche amico.
Ho mangiato un enorme calzone, ripieno di prosciutto, mozzarella, ricotta e salame piccante. Ci ho aggiunto anche l’olio piccante! Devo ammetterlo: ho fatto fatica a finirlo! E siccome dovevo guidare, per bere mi sono limitato a ordinare una birra piccola. La serata, per fortuna, non era caldissima, ma il locale era chiuso quanto bastava per farmi sudare. Sono tornato a casa, ma entrato nel portone ho avuto una brutta sorpresa: l’ascensore era guasto. Ho dovuto allora fare a piedi i sei piani che separano casa mia dal suolo....
Non vi sembrerà strano, perciò, che avessi una sete feroce quando ho varcato la porta di casa. Ho richiuso distrattamente e sono balzato in cucina. Ho aperto il frigorifero... meno male, c’era una bottiglia d’acqua ancora piena e... afferrandola mi sono accorto che era anche fresca! Ottimo! Ho aperto la credenza e ho dovuto cercare qualche secondo per individuare, tra bicchieri da acqua e bicchieri da vino, quello grande, il più grande che ci fosse! A quel punto l’ho preso con una mano, mentre con l’altra ho afferrato la bottiglia, portandola quasi verticale all’imboccatura del bicchiere perché l’acqua scendesse più in fretta. Mi guardavo le mani e ho pensato “Devo attendere ancora due secondi prima di poter bere!” Vedevo le mie mani che mi permettevano di tenere saldamente bicchiere e bottiglia... quell’ansia di bere mi faceva rendere conto della preziosità di quelle mani, che mi permettevano di ottenere l’acqua, ma allo stesso tempo mi imponevano di attendere ancora qualche istante, sudato, con la gola arsa, il sapore della pasta e del salame piccante ancora in bocca.... A tutti voi sarà capitato qualcosa di simile.
Ora immaginate di avere la stessa sete, anche di più... meglio ancora, mangiatevi anche voi un calzone col salame e l’olio piccante una sera di luglio, non bevendo più di una birra piccola. Poi tornate a casa correndo (per simulare le mie scale).
Arrivate davanti a una bottiglia fresca, ben chiusa... e di colpo non riuscite a muovere le mani! Non riuscite a parlare, a chiedere a nessuno. Non riuscite neanche a muovervi. Siete bloccati, pietrificati. La bottiglia è lì, sentite il vostro stomaco che lentamente si lavora la pizza, la bocca impastata, sentite i vestiti appiccicarsi alla pelle per via del sudore. E voi restate lì, desiderando sempre più l’acqua, sentendo la strozza secca, e non potendo fare niente.

Questo, moltiplicato per un milione, è ciò che proverà Eluana Englaro.
Non era la mia anima, non è la vostra anima, la vostra coscienza a provare sete, è il vostro corpo! Non mi perito di discutere se Eluana abbia ancora coscienza, o un’anima, o quant’altro. So per certo che ha ancora un corpo, ben vivo. Ed è il corpo che prova la sete di cui sopra, non la coscienza, è il vostro corpo che vi tormenta con la sete dopo che una sera d’estate avete mangiato una pizza con gli amici.
Questo, moltiplicato per un milione, è ciò che proverà Eluana Englaro. Questa è la maniera di morire che i giudici hanno autorizzato. Questo è il modo con cui un padre fa morire la propria figlia.
Pensateci tutte le volte che afferrerete una bottiglia per bere: i giudici hanno deciso che vi potranno negare l’acqua perché non siete in grado di prendere il bicchiere.

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