Pensieri di Nadezhda Mandel’stam - 1
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Nadezhda Jakovlevna Mandel’shtam nasce a Saratov nel 1889. Passa l’infanzia a Kiev dove studia pittura. Nel 1919 sposa Josif Mandelshtam e da allora ne condivide sempre la sorte, seguendolo anche al confino. Alla morte del marito in lager le viene interdetto il soggiorno a Mosca. Insegna in varie cittadine di provincia, ma soprattutto si dedica al miracoloso s strenuo salvataggio dell’eredità letteraria e spirituale del marito. Nel 1964 le è concesso di ritornare a Mosca dove muore il 29 dicembre 1980, dopo ave consegnato al samizdat, l’autoeditoria clandestina le opere del marito. Ha ricevuto il battesimo nella Chiesa ortodossa da padre Aleksandr Men’.
Ciascuno di noi è responsabile di tutto, deve rendere conto di tutto. Siamo soltanto dei fuscelli trasportati del flutto tempestoso, quasi furioso della storia. Ma il fuscello umano, anche il più banale ha una capacità misteriosa di imprimere una direzione al flusso (p. 187).
L’uomo diventa adulto solo quando incomincia a prendere coscienza della propria responsabilità nei confronti di tutto ciò che accade nel mondo; ma nel nostro paese questo era da escludere. Al contrario nell’adulto si manifestava un istinto abnorme di autoconservazione. Questo istinto ostacolava ogni possibilità di maturazione. Eravamo un gregge, e, per aver salva la vita, permettevamo che fossero altri a condurci al pascolo. Purtroppo questo non valeva a salvarci: non si limitavano a tosare la pecora, la uccidevano (p. 206).
Ho trovato in un libro questa preghiera: “Signore, Dio mio, Gesù Cristo. Tu, con le tue purissime labbra, hai detto: ‘Se due di voi si accorderanno sulla terra per domandare qualsiasi cosa, sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro. Le tue parole sono immutabili, Signore, la tua misericordia incommensurabile e il tuo amore per gli uomini senza confine. Ti preghiamo, Dio nostro, dono a noi, a Osip e Nadezhda, di essere concordi nel chiedere di poterci incontrare. Però che avvenga non secondo la nostra, ma la tua volontà. Sia fatta in tutto la tua volontà: Amen.’ Questa adesso è la mia preghiera, perché anche ora non sono sola, ma sono sempre con Mandel’shtam. Diceva la verità quando mi scrisse: “Nessuno può toglierci coloro che amiamo” (p. 487).
Il biglietto di ingresso nel mondo della poesia è la fede nel suo carattere sacro e il sentimento della sua responsabilità per tutto ciò che avviene nel mondo…Il poeta è sempre grato a chi, con la sua esperienza, ha contribuito al processo di creazione dei suoi versi. Questa gratitudine è il biglietto di ingresso alla poesia… Ancora: il poeta si distingue per l’acuta consapevolezza del proprio peccato, e questo è particolarmente importante nel XX secolo, che ha abolito il senso stesso del peccato (p. 122).
L’arte cristiana non è sacrificio o espiazione, poiché l’espiazione è già stata compiuta, ma una comunione gioiosa con Dio, un gioco dei figli con il Padre. Probabilmente tale coscienza può spiegare la gioia sottile che non abbandonava mai Mandel’shtam. Ma anche questo non è del tutto esatto: in condizioni disumane l’uomo perde se stesso, in casi simili la gioia inaridisce. Il poeta non può custodirla: è sensibile e troppo suscettibile alle impressioni esterne. Ho sentito dire che solo persone profondamente religiose, sacerdoti o fedeli di varie confessioni religiose, riuscivano a sopportare quelle prove. Essi si rallegravano del martirio, perché erano pronti.
Il mondo europeo si è edificato sulla suprema catarsi, comprensibile solo per la coscienza religiosa: si è edificato sulla vittoria della morte e sulla redenzione.
In tutto il mondo europeo – cristiano i valori s sono allentati nel corso di molti decenni, o meglio, secoli. Ma il grado di derisione cui essi sono stati sottoposti da noi non è stato mai raggiunto in nessun luogo… Il mondo europeo ha edificato la propria cultura sul simbolo della croce che fa memoria di un uomo che vi è stato crocifisso. Alla base di questa cultura c’era il rapporto con la persona come valore supremo. Noi dobbiamo imparare di nuovo che ogni singolo destino è simbolo di quel giorno storico, e allora ‘il singolo’ per quanto limitata sia la sua partecipazione, si configura nella nostra mente all’interno del quadro generale del mondo. Accadrà questo? Non è troppo tardi? (p. 381ss.)
Mandel’shtam, estremamente emotivo, aveva acuto il senso della morte; è come se essa fosse stata sempre presente nella sua vita. E non c’è niente di strano: la poesia, ancor più della filosofia, è una preparazione alla morte. Solo che la morte, così intesa, racchiude in è tutta la pienezza della vita, la sua essenza e la sua ricchezza. La morte è il coronamento della vita. Giunta al limitare della mia vita, ho capito che il trionfo è nella morte, come mi aveva detto una volta Mandel’shtam. Prima la capivo solo come illuminazione (p. 123,124).