Pensieri di Nadezhda Mandel’stam - 2
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La continuità del tempo non era per Mandel’shtam il valore, ma piuttosto ricerca dello Spirito, sete di grazia: ‘ecco la terra immobile, e insieme ad essa io bevo del cristianesimo il fresco alito montano… E dai monti del cristianesimo, nello spazio stupito, come una melodia di Palestrina, si spande la grazia’. A volte era un tentativo di sperimentare l’eternità: l’unico istante che resta è l’Eucaristia. ‘L’Eucaristia sta come l’eterno mezzogiorno perché coloro che si accostano al sacramento partecipano all’eternità: quel praticello dove il tempo non sfugge’. La percezione dell’attimo come eternità, il sogno di quel ‘praticello’ sono soffocati dal rumore del tempo, cioè da una corsa di roventi liti tra gli uomini (p. 203).
La forza di Mandel’shtam era nella coscienza della propria libertà, stava nell’accettare liberamente la propria sorte, pieno di gratitudine per tutto quello che gli era stato donato. Il cielo, la terra, l’aria, l’erba, il respiro, l’amore: ecco i tesori che gli erano stati messi a disposizione. Non si era mai posto degli scopi, non si era mai fatto sedurre dalle illusioni di felicità o di successo, aveva sempre di gran lunga dato più valore al proprio ‘alito vitale’ che alla ricchezza, alla gloria, alle lodi e alle adulazioni della gente (p. 147).
La libertà di scelta offre due vie: una conduce verso un luminoso lontano, cioè dà senso all’esistenza, l’altra porta nella notte e nella nebbia del non – essere. La seconda via si chiama ‘follia della libertà di perire’ (p. 147).
Questo è il cammino di un grande poeta: passa attraverso la vita, e tutto ciò che vive contribuisce a irrobustirlo, ad approfondire i suoi pensieri e i suoi sentimenti. Egli è partecipe del peccato del mondo, ma è capace di pentirsene. Sono escluse per lui l’autogiustificazione e la condiscendenza verso di sé. Il senso del peccato è ricchezza fondamentale dell’uomo (p. 148).
Ho ben chiaro nella mente che l’arbitrio non porta al bene e che in nessun caso è lecito dirsi: “Tutto è permesso”. Ma per quanto mi riguarda queste parole non le ho accettate, perché anche se non ho ucciso la vecchietta [allude al delitto di Raskol’nikov in ‘Delitto e castigo’ di Dostoevskij], il mio piccolo arbitrio non solo non lo condannavo, ma lo coltivavo. A dire il vero, come molti della mia generazione, sostituivo ‘il tutto è permesso’’ più pesante, con un trascurabile ‘ho voglia di fare così’, ma in sostanza era la stessa cosa (p. 301).
Non subito, ma un po’ alla volta ho capito che l’uomo può scegliere tra la strada della libertà e quella del libero arbitrio. Il significato di libertà è completamente diverso dal libero arbitrio. La libertà è significato prezioso. L’uomo cammina per la strada della libertà, o per dir meglio, acquista la libertà se riesce a liberarsi dagli impulsi oscuri del proprio io e del tempo in cui vive. Ottenuta la libertà l’uomo diventa libero da se stesso e dalla propria epoca… Questa non è certo la liberazione dal peccato, sebbene un sentimento simile sia sperimentato con tutto il cuore da chi si accosta alla Eucaristia, mentre tutti si comunicano, esultano e cantano. La libertà di spirito per la coscienza religiosa è giubilo e grazia (p. 309).
La strada della libertà è difficile soprattutto in epoche come la nostra, ma se gli uomini avessero sempre scelto la strada dell’arbitrio, l’umanità avrebbe cessato di esistere da un pezzo. Se esiste significa che il principio costruttivo è stato più forte di quello distruttivo. Non mi azzarderò certo a dire quello che avverrà poi.
Che cosa è dunque la libertà, e che cosa è l’arbitrio? La libertà si poggia sulla legge morale, l’arbitrio è il risultato del gioco delle passioni. La libertà dice: “occorre comportarsi così, dunque posso”. L’arbitrio dice: “Voglio, dunque posso”.
Non è stato Nietzsche a creare il superuomo. Egli non ha fatto altro che dare carne all’idea della propria epoca. Ha dato concretezza a quelle correnti di pensiero europeo che avevano inteso male che cosa fosse la persona, e si erano messi sulla strada dell’individualismo ed erano giunti direttamente all’uomo che si pone come dio.
La libertà cerca il significato, l’arbitrio pone degli scopi. La libertà è il trionfo della persona, l’arbitrio è il frutto dell’individualismo. La divinizzazione del popolo, il nazionalismo, il caso particolare del culto della personalità, della propria stirpe sono individualismo.
Non esiste l’uomo al di fuori della coscienza religiosa, vale a dire che i rapporti con la realtà, la cultura della tribù, del popolo, dell’orda nascono da questa coscienza: La religione lega tra loro gli uomini, e la cultura scaturisce da questa unione. Essa non sussiste nel perfetto isolamento e nella separazione, totalmente dal di fuori di un legame con l’umanità. Ogni cultura entra in un gruppo di altre culture, sorte sulla stessa idea religiosa
L’uomo libero vive sempre con intensa attenzione e non perde mai i legami con la realtà, sebbene alla massa di quelli che vivono sulla difensiva, sembri sembra che egli sia nelle nuvole. Egli è costretto a soffocare in sé l’istinto di conservazione per poter conservare la libertà. La libertà non viene regalata già bella e pronta, ma bisogna pagarla a caro prezzo. C’è una grande verità nelle vite dei santi che combattevano incessantemente contro le tentazioni. Nel nostro tempo non ci sono i santi, ma di tentazioni ce ne sono tante quante se ne vuole. Un uomo libero è facilmente distinguibile perché non si pone degli scopi, ma cerca il significato. La ricerca del significato è difficoltosa, perché sorgono incessantemente dei miraggi, e non è così semplice disperderli. L’uomo libero va per la sia strada perché non può rinunciare alla verità, ma anche i miraggi cercano di spacciarsi per verità.
L’uomo che vive di arbitrio distrugge tutto e tutti quelli che ostacolano, e prima di tutti se stesso. La distruzione e l’autodistruzione sono conseguenze inevitabili dell’arbitrio…L’uomo e la società arbitrari non solo non vogliono tener conto della realtà, ma non riescono effettivamente più neppure a vederla. Essi la deformano nella mente a modo loro e non riescono a credere che la realtà è un’altra.
La storia della prima età del secolo XX, riletta come l’orgia dell’arbitrio, che ha rifiutato tutti valori accumulati dall’umanità, è la diretta conseguenza dell’umanesimo che ha perso il sentimento religioso. Tale processo che ha durato secoli, è giunto al suo logico compimento nella nostra epoca. Gli uomini che praticano l’arbitrio hanno proclamato il culto della personalità e hanno finito per calpestarla
Io penso che in ogni uomo ed in ogni società vi siano sempre elementi sia di libertà che di arbitrio. E’ solo questione di proporzione. Se l’esperienza storica della nostra epoca non aiuterà gli uomini a far fine all’arbitrio guerrafondaio, non resterà che fare l’ultimo passo logico: il suicidio.
Solo una coscienza matura vede la differenza tra chi ha percepito in se stesso l’uomo, perché si è scoperto ad immagine e somiglianza di Dio, e chi invece ha esaltato se stesso e la sua volontà, rifiutando e perfino distruggendo nella propria anima il principio divino. Per costui è inevitabile l’autodistruzione, e noi lo abbiamo visto con i nostri occhi (pp. 309 – 319).