Rassegna stampa, 12 aprile 2005
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Ancora commenti sulla scomparsa del Papa
Lettera aperta a Putin, «Moskovskij komsomolec», 11 aprile, pp. 1-3
Scrive Aleksandr Minkin, interrogandosi sul perché Putin non si sia recato ai funerali e perché i funerali non siano stati trasmessi alla televisione russa. Perché, mentre è stata trasmessa in diretta la tragedia dell’11 settembre, il trionfo dal male, non si è voluto trasmettere da Roma il trionfo del bene? Eppure a Roma la tragedia di Beslan aveva raccolto 1 milione di dimostranti, contro i 100.000 di Mosca.
Segue una serie di amare constatazioni sulla chiusura dello Stato e della Chiesa alla persona del Papa e alla sua azione, che fa capire la debolezza delle loro posizioni. Lo stesso quotidiano, in un altro articolo a firma di Julija Kalinina, si interroga sui motivi per cui tanta folla si è stretta intorno al Papa. Non è stato un fenomeno di psicosi collettiva; il riconoscimento collettivo tributatogli deriva dal fatto che tutti l’hanno riconosciuto come un uomo che non pensava a sé, bensì agli altri.
«Itogi», 12 aprile, dedica alla scomparsa del Papa (l’articolo si intitola La fine dei giorni), la rubrica «Glavnaja tema» (Tema di fondo), pp. 12-18. Partendo da previsioni apocalittiche sulla fine del mondo che dovrebbe esserci fra due Papa, l’articolo ha un tono piuttosto salottiero (gli italiani giocano al lotto i numeri corrispondenti alla scomparsa, il Papa si porta nella tomba i segreti chiedendo di bruciare le sue carte personali ecc.). Il Papa viene definito un grande riformatore. Non manca una previsione finale: il nuovo Papa potrebbe essere il cardinal Husar, dal momento che fin dal 2003 Giovanni Paolo II aveva indicato l’Ucraina come il paese-chiave per l’unità delle Chiese. Husar è anche il candidato dell’America.
In un box in margine all’articolo, si cita la processione di protesta svoltasi in questi giorni a Kiev, dove 1500 parrocchiani del Patriarcato di Mosca hanno protestato contro il pericolo che Juscenko (in quei giorni negli USA e poi a Roma ai funerali del Papa) consegni parte della Lavra delle Grotte al patriarcato di Kiev. Gli ortodossi di Mosca temono l’unificazione di tutti i cristiani del paese, compresi i greco-cattolici (continua l’autore). E non hanno tutti i torti: lo testimoniano le dichiarazioni del vescovo Vsevolod Majdanskij della diocesi ucraina negli USA, dipendente da Costantinopoli, rilasciate da lui nel corso di un recente incontro con Juscenko a Kiev. Il vescovo ha proposto la riunione di ortodossi e greco-cattolici in un’unica Chiesa che dovrebbe porsi provvisoriamente sotto la giurisdizione del Papa e del patriarca di Costantinopoli.
Lo stesso settimanale dedica subito dopo (pp. 20-24) un ampio servizio al Codice da Vinci, aprendolo con queste parole: «L’epoca di Giovanni Paolo II è finita. Come finirà il “cambio della guardia” sui colli vaticani? Non vacillerà l’antico trono di San Pietro sotto l’urto dello scetticismo generale, dell’apatia religiosa e del generale delirio delle menti? Chi avrà la meglio – eresia, dogma o discussione aperta?». Seguono un’intervista all’autore e a Fiorella Simoni, rappresentante dell’Opus Dei.
Sul Papa continuano i duri giudizi della Chiesa ortodossa russa. Il diacono Andrei Kuraev, in un’intervista rilasciata a «Profil’», 11 aprile, prosegue la linea delle accuse contro il proselitismo (fin dagli anni ‘20, quando venne creato il Russicum per preparare futuri missionari) e l’uniatismo (con racconti di aggressioni e violenze subite dagli ortodossi in Ucraina): «attendevamo che il Papa desse un giudizio morale su questi avvenimento. E in 15 anni non l’abbiamo mai sentito...». La malattia del Papa – prosegue Kuraev – è stata un’ottima azione propagandistica per il Vaticano, il meglio che ci fosse per scindere la consueta identificazione tra cattolici e conquistatori.
In generale, l’intervista è nel tono della migliore stampa sovietica, in cui calunnie si mescolano a falsità e grotteschi travisamenti.
In un’intervista il vescovo Zosima Ostapenko di Elista e della Calmucchia ritorna sul problema del proselitismo, lamentando che nella sua regione, dove la comunità cattolica è sparuta (a Elista ci saranno 50 cattolici), esistono ben 4 organizzazioni cattoliche (3 parrocchie e un fondo di beneficenza).
Tensioni in Ucraina
Queste tensioni sono testimoniate tra l’altro da un comunicato del patriarcato di Mosca (6 aprile) sull’occupazione di una chiesa del patriarcato di Mosca da parte di un gruppo del patriarcato di Kiev. L’azione è avvenuta il 31 marzo in un villaggio della provincia di Cernoviki. Si rileva la presenza di un’azione della stampa locale che incita al passaggio di massa alla Chiesa «nazionalista» e vitupera invece la Chiesa «canonica».
Altri allarmi vengono riportati nella stessa data dal patriarcato di Mosca, in seguito alla richiesta degli «scismatici» nella regione di Cherson di poter usare per le loro funzioni in determinati orari chiese ortodosse appartenenti a Mosca. Si tratterebbe di una provocazione, come asserisce il vescovo locale in un appello al governatore della regione, perché le chiese che gli ucraini di Filaret già possiedono sono vuote.
Interfax, 6 aprile. Il segretario esecutivo del Consiglio interreligioso della Russia Roman Silant’ev non vede il senso di introdurvi i cattolici. La richiesta era stata avanzata il giorno prima dall’arcivescovo Kondrusiewicz, ma Silant’ev ha dichiarato che i cattolici, pur costituendo la più importante organizzazione religiosa del mondo, «in Russia hanno un peso specifico estremamente esiguo, sono nel più ottimista dei casi il 3%»; la loro presenza «è inferiore a quella dei vecchi credenti, degli armeni gregoriani e dei protestanti, e inoltre negli ultimi 15 anni la loro comunità sta diminuendo anziché aumentare».