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Rassegna stampa, 17 gennaio 2005

Fonte:
CulturaCattolica.it

Proteste della società civile
Tutti i maggiori quotidiani russi riportano, in pratica, notizie della vittoria dei pensionati che, con picchetti e dimostrazioni nelle principali città, hanno obbligato a far rientrare i provvedimenti che li privavano delle agevolazioni di tipo economico sottratte loro. Lo stesso patriarca Aleksij ha rivolto un appello abbastanza duro alle autorità russe, a sostegno delle rivendicazioni popolari.
«Izvestija» sottolinea, in prima pagina, il carattere sociale delle proteste, titolando «Spegneranno con i soldi l’incendio sociale», e sottolineando che i manifestanti hanno preso dimostrativamente i colori arancio e azzurro, con evidente allusione ai recenti fatti di Ucraina.
Sempre sul quotidiano, il commento di Archangel’skij - «In libertà con la scienza pulita», riprende diffusamente il tema:
«A quanto pare, è cominciato. Si è accumulata la massa critica di errori e irregolarità. Il sordo scontento del mondo del business. Il rumoroso scontento dei pensionati. La crescente inquietudine dei piccoli proprietari. La diminuzione della crescita economica, l’imminente abolizione del differimento del servizio civile. I conflitti sociali prevedibili quando entrerà in vigore il Codice immobiliare. L’inevitabile disoccupazione sulle soglie del 2006. E il problema principale, per quanto il paese non se ne renda conto: la mancanza di uno scopo chiaro, di un’idea ispiratrice, grazie alla quale si possano sopportare le difficoltà temporanee. Tutti i discorsi più importanti degli ultimi tempi sono impacchettati in un’ovatta burocratica, che non dà certo gusto.
Sì, nel 2000 quest’idea c’era: rialzare lo Stato dalla polvere, restituire ai cittadini la certezza di essere protetti da sfide esterne e interne, liberare l’economia dagli imbrogli degli oligarchi. Ma questo scopo è già stato parzialmente realizzato, in parte ormai irrealizzabile, e di nuove idee non c’è sentore. Non ne lanciano dall’alto, non le formulano dal basso: il sistema politico e sociale della Russia è diventato puramente un sistema di reazioni immediate. Il potere reagisce a quel che c’è all’ordine del giorno, imposto dal terrore mondiale e predeterminato dai vasti successi occidentali riguardo alla progressiva democratizzazione dei paesi della CSI e alla definitiva disgregazione dei territori postsovietici. A loro volta, società e opposizione politica reagiscono a quanto è all’ordine del giorno, imposto dal potere, dai suoi atti premeditati e spontanei. Il processo contro Chodorkovskij, la verticale del potere, la battaglia per l’Ucraina e l’Abkazija. La monetizzazione. I rinvii. Certo che bisogna reagire, sia da parte del potere che nei suoi confronti. Ma non basta, questo è il problema.
Parlando con la gente più disparata, dagli intellettuali della capitale ai politici delle province, dai nazionalisti ai cosmopoliti, dai comunisti ai democratici, si sente sempre più frequentemente la stessa formula: dobbiamo diventare finalmente una nazione unica. Ecco lo scopo. Ma su quale base si può diventarlo? Basandosi su quali principi? Su quale sistema di valori universalmente riconosciuti? Ed è possibile un sistema del genere, per principio?
Non esistono né possono esistere risposte già pronte a queste domande; ne possono apparire (come potrebbero, purtroppo, anche non apparirne), solo nel corso di un lungo dibattito a livello di tutta la nazione...
Di problemi da discutere ce n’è finché si vuole. Da quelli di alto livello intellettuale (come accordare il nazionalismo culturale con il cosmopolitismo politico), fino a quelli pratici (che sistema sociale scegliere, solidale o individuale), e di vita quotidiana (età pensionabile...). Ma forse varrebbe la pena di cominciare dal problema con cui si è aperta e anche chiusa la perestrojka. Noi portiamo o no la responsabilità per i peccati dei nostri padri? Sapremo superare moralmente il nostro terribile passato o continueremo a tirarne fuori di quando in quando delle perle, vantandoci delle felici eccezioni senza vergognarci dei principi vigenti al suo interno?
L’ordine del giorno proposto dall’alto a proposito dell’anniversario della grande vittoria, detta il trionfo dell’orgoglio politico sul senso della vergogna civile. Cerca di estendere l’aureola del sacrificio compiuto dal popolo ai volti cupi dei capi; di riabilitare tutta la civiltà sovietica approfittando dell’eroismo popolare e nazionale della gente semplice; di incatenare il presente al passato. Fare il gioco di quest’ordine del giorno, mettersi a discutere con esso è insensato e pericoloso, si rischia di cadere in una trappola accuratamente preparata. Meglio abbordare il tema da un altro punto di vista, contrapponendo il sacrificio popolare nella Seconda guerra mondiale, alla partecipazione del popolo ai crimini bolscevichi prima e dopo la guerra. E, dopo aver meditato sulle cause del fatale errore del XX secolo, elaborare delle vie per il suo superamento nel XXI.
Bisogna uscire in libertà con la coscienza pulita; se la coscienza storia resta sporca, vuol dire che il nuovo secolo non avrà libertà».

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