Rassegna stampa, 18 dicembre 2003
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Oleg Nedumov, Il trionfo politico dell'ortodossia, "NG religii", 17 dicembre, p. 1
La nuova composizione della Duma è favorevole come non mai alla Chiesa ortodossa russa. Il compatto fronte nazional-popolare è proprio ciò che sognavano i vertici di quest'ultima e gran parte dei suoi fedeli. Inoltre, ci saranno due frazioni ("Rodina" e un gruppo di deputati provenienti dal Partito popolare), che si dichiarano apertamente in difesa degli interessi della Chiesa ortodossa.
Padre Vsevolod Chaplin ha dichiarato: "Nel corso della campagna elettorale molti politici hanno discusso assai seriamente problemi legati alla religiosità, alla situazione spirituale e morale del popolo. Al tempo stesso si è abusato meno della simbologia religiosa e di appelli demagogici alla religiosità, rispetto al passato. Siamo lieti che siano entrati nella Duma molti politici ortodossi, che si preoccuperanno realmente della rinascita della Chiesa"
C'è motivo di ottimismo anche per i rappresentanti delle religioni russe tradizionali, islam ebraismo e buddismo.
Farid Asadullin, membro del Consiglio dei mufti della Russia ha notato nelle elezioni una tendenza positiva al rafforzamento della linea presidenziale e della professionalità, che potrà contribuire alla "rinascita della Russia come potente Stato pluriconfessionale".
Secondo una dichiarazione rilasciata da Berl Lazar, Rabbino capo della Russia, per la comunità ebraica è particolarmente importante che gli elettori "abbiano scelto di proseguire la politica di Putin, una politica che si schiera contro la ksenofobia e si oppone recisamente a ogni tipo di conflitti nazionali o religiosi".
Anche i buddisti hanno dichiarato di sentire come il più vicino a sé il partito "Russia unita".
Per quanto riguarda le minoranze religiose, il rafforzamento della posizione politica della Chiesa ortodossa russa torna utile anche ad esse, perché in qualche modo godranno dei vantaggi (ad esempio fiscali) che essa potrà ottenere. D'altro canto, questa ormai avrebbe le forze per premere all'interno della Duma al fine di ottenere uno status giuridico privilegiato. In caso di successo in quest'azione, la Chiesa ortodossa russa potrebbe ottenere facilitazioni particolari non estensibili alle organizzazioni religiose che non hanno lo status di "tradizionali", mettendo in difficoltà minoranze religiose (in particolare protestanti) che in realtà, per numero di fedeli, hanno già superato ebrei, buddisti e perfino musulmani. Secondo l'autore dell'articolo, i protestanti hanno votato "Jabloko" e ne condividono la sconfitta.
Un'altra osservazione emergente dall'articolo è che le elezioni hanno mostrato con evidenza che i partiti che calcavano troppo l'accento sulla componente religiosa non hanno ottenuto una particolare popolarità. Un chiaro esempio è il Partito Popolare, che non è riuscito a passare la barriera del 5%, e all'interno del quale il referente del patriarca Nikolaj Deržavin non è riuscito a entrare alla Duma. Eppure, l'averlo incluso nelle proprie liste avrebbe dovuto dare al Partito Popolare il marchio di "partito della Chiesa" (per quanto le gerarchie ortodosse ribadissero che Deržavin si era candidato a titolo personale).
Il medesimo fallimento si constata per il partito "Per la santa Rus'" e per "Veri patrioti" (nato da un reimpasto del Partito Islamico della Russia), che si rivolgeva invece all'elettorato musulmano. Sull'inevitabilità di tale fallimento sono d'accordo parecchi leader religiosi, tra cui padre ?aplin e Farid Asadullin, come si vede dalle loro dichiarazioni.
D'altro canto, nella campagna elettorale ci sono stati anche esempi di impiego efficace del fattore religioso: ad esempio Sergej Glaz'ev, uno dei leader di "Rodina", si è fatto un'immagine politica proprio come difensore degli interessi della Chiesa ortodossa, senza mai esporsi troppo con gli ultra-patrioti, ma dosando sapientemente la componente ortodossa.
Oleg Nedumov, Stiamo muovendoci oppure segnando il passo?, "NG religii", 17 dicembre, p. 2
Sotto la pressione delle autorità civili la Chiesa ortodossa russa fa mostra di essere pronta a mettersi d'accordo con il Vaticano: così conclude l'autore segnalando che all'inizio di dicembre è stato a Mosca il metropolita Gennadio del patriarcato di Costantinopoli, segretario della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica. Nel corso della visita il metropolita Gennadio ha condotto delle trattative con il patriarca Aleksij e con il metropolita Kirill, i cui contenuti restano abbastanza oscuri, circa il coordinamento della posizione delle Chiese ortodosse rispetto alla Chiesa cattolica.
Il 10 dicembre il metropolita Gennadio si è incontrato al Cremlino con il primo vicedirettore della politica estera dell'amministrazione del presidente, Aleksandr Manžosin, informandolo circa la posizione del patriarcato di Costantinopoli rispetto al Vaticano.
L'autore osserva che l'esame delle relazioni tra la Chiesa ortodossa e il Vaticano si è intensificato dopo la visita di Putin al Papa, anche se, elencando gli interventi di Aleksij e Kirill successivi alla visita, deve constatare che la sostanza delle richieste della Chiesa ortodossa non è cambiata in nulla (rinuncia al proselitismo e condanna dell'uniatismo). Si insiste sull'interesse di Putin per la visita, alla vigilia delle elezioni, e di Berlusconi. Tutto il resto dell'articolo è uno svolgimento del tema: "il Papa verrà o non verrà"?; quello di Aleksij è solo un gioco per dimostrare alle autorità il proprio zelo, o segna invece l'inizio di un processo di riavvicinamento con Roma?...
Oleg Nedumov, Il Papa è severo e giusto (Il Vaticano invita a giudicare Hussein, ma a non condannarlo a morte), "Nezavisimaja gazeta", 18 dicembre, p. 1 e 3.
Viene riportato un comunicato di France Press, in cui Giovanni Paolo II critica "i governanti che calpestano impunemente la dignità e i diritti dell'uomo, celandosi dietro il pretesto inaccettabile che si tratterebbe di questioni interne dello Stato", e dichiara che tal governanti dovrebbero essere sottoposti alle "sanzioni del caso".
Durante l'annuale messa per la pace, il Papa ha invitato governanti e terroristi a rispettare il diritto internazionale, unica possibilità per raggiungere la pace a livello planetario, sottolineando che il terrorismo non va semplicemente punito, ma bisogna estirpare le cause del fenomeno.
Viene inoltre riportato il giudizio del cardinale Martino, sulla necessità di giudicare Saddam Hussein, senza però condannarlo a morte.
NB. La posizione del Vaticano viene vista con rispetto, come equa ed autorevole (bisogna dire che la reazione dei russi all'arresto del leader iracheno è stata più di compassione per lui che di soddisfazione!).
Su Portal-credo.ru, 15 dicembre è apparsa invece una nota dell'osservatore Maksim Zubov, in cui si stigmatizza la posizione del Papa nei confronti del conflitto iracheno come "vergognoso tentativo di tenersi buono lo "Stalin di Baghdad"", cioè Saddam Hussein, la cui figura è apparsa agli occhi di buona parte del mondo islamico come un "raggio di luce "nel regno tenebroso" della globalizzazione americana.
D'altra parte, il suo arresto e le informazioni che potrebbe fornire tolgono il sonno a molti, tra cui i capi dei musulmani fondamentalisti e... il Vaticano. Infatti, emissari della Santa Sede e in particolare il cardinale Etchegaray, si erano recati in Iraq alla vigilia dello scoppio del conflitto, e lo stesso Giovanni Paolo II aveva programmato un "viaggio apostolico", cercando così di scongiurare la guerra ottenendo in cambio facilitazioni per le comunità cattoliche nel paese.
Al Papa inoltre vengono imputate le colpe di essere entrato in rapporto con Fidel Castro e Ku?ma. "La diplomazia vaticana ha perso completamente il senso della realtà figurandosi di poter partecipare ai giochi di alto livello e di poter girare a suo piacimento la ruota della storia. Collaborando con Hussein al mantenimento dell'ordine costituito, il papato ha commesso in realtà un crimine, e dichiarando di voler interrompere gli spargimenti di sangue dovuti alla guerra, il Vaticano ha chiuso gli occhi sui fiumi di sangue fatti scorrere pressoché quotidianamente dal regime di Hussein".
Negato ai cattolici di Kirov il permesso di celebrare la messa di Natale nella chiesa di Sant'Alessandro, blagovest-info, 15 dicembre
L'edificio è attualmente adibito a sala per concerti d'organo. Il permesso era sempre stato negato anche in precedenza, solo il 31 agosto scorso i cattolici locali avevano avuto il permesso di celebrare, per la prima volta dopo 70 anni. L'edificio è l'unica chiesa cattolica esistente in tutta la provincia di Kirov. La comunità parrocchiale è intenzionata a lottare, e a rivolgersi al governatore senza esigere la restituzione dell'edificio, ma semplicemente il permesso di celebrare quotidianamente nel seminterrato, e nei giorni di festa nella sala da concerti.
Alcune azioni "anti-sette", blagovest-info, 16 dicembre
Il 9 dicembre l'edificio di culto appartenente alla Chiesa metodista a Mosca (che l'aveva costruito), è stato occupato da una struttura di cui non si conosce il nome. Un comunicato dei fedeli della Chiesa, dice che essi continuano a restare all'interno dell'edificio, nella speranza che gli "occupanti" non abbiano il coraggio di alzare le mani su anziani e bambini. Pare trattarsi del tentativo della srl "Chant" di impadronirsi dell'edificio esibendo documenti di proprietà fittizi.
L'"Associazione internazionale per la libertà religiosa" dichiara che sta preparandosi una nuova campagna contro i pentecostali in Siberia, sulla base di un episodio di violenza verificatosi a Novosibirsk.