Rassegna stampa, 18 marzo 2004
- Autore:
- Curatore:
Pavel Parfent'ev, In Russia non siamo ospiti (II parte), "portal-credo.ru", 16 marzo
Gli ortodossi nella Chiesa cattolica
L'autore affronta qui più specificamente il problema "uniati", che gli ortodossi definiscono come uno dei principali ostacoli al dialogo con la Chiesa cattolica.
Dopo aver specificato che non si può equiparare "cattolico" a "latino", e che esistono numerose Chiese orientali che riconoscono il primato del vescovo di Roma in quanto successore di san Pietro, Parfent'ev dice che alcune Chiese non hanno mai conosciuto scismi (come i greco-cattolici in Italia), mentre altre sono nate dal desiderio di riunirsi a Roma (appunto, uniati, anche se il termine attualmente è usato in senso dispregiativo). Le ferite delle divisioni si fanno sentire sia in campo cattolico, dove i latini li considerano spesso come "cattolici di second'ordine", mentre gli orientali li considerano traditori oppure vittime di un imbroglio.
I cattolici orientali però esistono, e testimoniano la possibilità di un'unità universale della Chiesa attraverso la loro duplice fedeltà - alla Chiesa cattolica con cui sono in comunione, e alle proprie tradizioni che risalgono all'epoca apostolica. Proprio a loro si confà la famosa espressione di Giovanni Paolo II, circa l'importanza di respirare con entrambi i polmoni, della tradizione occidentale e orientale.
Chiese cattoliche orientali e Chiesa latina occidentale sono giuridicamente indipendenti, ad eccezione del riconoscimento del primato del Vescovo di Roma come capo di tutta la Chiesa cattolica.
Spesso gli ortodossi russi dichiarano che le Chiese cattoliche orientali sono artificiose, ma di fatto esse sono sopravvissute alle persecuzioni sia zariste che sovietiche.
Inoltre, contrariamente a quanto dichiarano gli ortodossi, l'esistenza di cattolici di rito orientale è molto importante ecumenicamente, perché vivendo già visibilmente l'unità tra Oriente e Occidente, sono un segno per tutti che l'unità è possibile e raggiungibile. È una caratteristica di tutti i cattolici orientali, e vale anche per i greco-cattolici.
Si può anche non essere d'accordo con le scelte e le posizioni di questi ultimi, ma non si può negare loro il diritto di esistere: in quanto Chiesa, essi hanno il diritto di predicare il Vangelo e testimoniare la propria fede in tutto il mondo, anche in Russia.
Seguono poi alcuni cenni sulla Chiesa greco-cattolica russa, formatasi alla fine del XIX secolo per un movimento spontaneo dal basso di sacerdoti e laici ortodossi che si riunirono a Roma, e formalizzata nel 1917 mediante la costituzione di un Esarcato a Pietroburgo. Le successive persecuzioni annientarono praticamente tutti i suoi fedeli. Solo negli ultimi anni si osserva una sua rinascita, che ripercorre di fatto la via dei suoi primi inizi.
Nel contesto ecumenico attuale i greco-cattolici sono spesso nella situazione di "ostaggi della situazione". Perfino ad alcuni membri della gerarchia cattolica può sembrare talvolta che il modo più semplice per vivere in "pace e concordia" con il patriarcato di Mosca sia sbarazzarsi del problema dei greco-cattolici. Se non degli ucraini (sono troppi), almeno di quelli russi. Essendo così pochi e dispersi in tutto il paese, per scoraggiarli è sufficiente non riconoscerli come comunità e non assicurare loro dei pastori: è esattamente quello che è stato fatto nell'ultimo decennio, contrariamente all'aiuto che ci si poteva aspettare dai nostri confratelli latini.
Quanto alle critiche ai greco-cattolici russi mosse negli ultimi mesi dalla gerarchia ortodossa del patriarcato di Mosca (patriarca, metropolita Kirill, padre Chaplin), non è difficile ravvisarvi gli echi della propaganda sovietica e delle sue campagne diffamatorie, che i cittadini russi ricordano ancora.
Quello che ci si attenderebbe dalla gerarchia cattolica - continua l'autore - è che dichiarasse con fermezza che le Chiese sia latina che greco-cattolica hanno il diritto di esistere in Russia, di prendersi cura dei propri fedeli e di testimoniare la propria fede a tutti, indipendentemente dall'appartenenza nazionale.
I greco-cattolici russi e il Concilio Vaticano II
È molto importante che il card. Kasper nell'intervista rilasciata a Cathnews abbia parlato dell'esistenza dei greco-cattolici in Russia, dichiarando che hanno diritto all'assistenza spirituale: "La Santa Sede è decisamente contraria alla creazione di strutture gerarchiche greco-cattoliche parallele in Russia. In Russia esistono greco-cattolici, ed essi hanno evidentemente diritto alla cura pastorale, ma devono governarli i vescovi di rito latino. È molto importante. Ha detto anche ai vescovi locali che devono preoccuparsi dei greco-cattolici, e non abbandonarli a se stessi". È una dichiarazione molto importante, che rimanda al can. 383 del Codice di diritto canonico del 1983. Le norme del Codice (cattolico) dei canoni delle Chiese orientali sono ancora più rigorose in proposito, perché impongono all'ordinario locale di fare tutto il possibile perché i fedeli possano conservare, coltivare e osservare il proprio rito. È quanto devono fare oggi in Russia i vescovi latini, secondo quanto affermato dal card. Kasper, e non invece agire secondo le proprie preferenze o idee.
Stupisce tuttavia perché il cardinal Kasper si sia detto contrario alla creazione di strutture greco-cattoliche, mentre il Concilio Vaticano II ribadisce la pari dignità e i pari diritti di tutte le Chiese dei diversi riti.
Problemi ucraini del patriarcato di Mosca
Passando ai problemi legati alle relazioni tra il patriarcato di Mosca e la Chiesa greco-cattolica, l'autore compie un breve excursus storico sui fatti del 1944-46, dall'occupazione della Galizia da parte delle truppe sovietiche, fino all'arresto di tutti i vescovi greco-cattolici nel '45 e al cosiddetto Concilio di L'vov (marzo 1946), cui non partecipò neppure un vescovo. L'autore cita interessanti documenti d'archivio, da cui risulta il piano elaborato dal delegato per gli affari della chiesa ortodossa Karpov e da Stalin per sottrarre all'influenza del Vaticano l'Europa orientale servendosi della Chiesa ortodossa: proprio in questo contesto si inscrive il passaggio della chiesa greco-cattolica all'ortodossia.
Nonostante ciò, a tutt'oggi la gerarchia del patriarcato di Mosca afferma che tale "Concilio" è legittimo e canonico. Ancora nel 1989 il metropolita Filaret (Denisenko), allora membro della gerarchia patriarcale moscovita, dichiarava ai giornalisti che in Galizia non erano mai esistite repressioni contro gli uniati e che questa comunità si era semplicemente estinta. Oggi grazie a Dio le posizioni sono un po' cambiate, e durante l'incontro con il cardinal Kasper il patriarca non ha negato le repressioni staliniane: "Quando le regioni occidentali dell'Ucraina furono annesse all'Unione Sovietica, Stalin vietò la Chiesa greco-cattolica. Molti di coloro che svolgono oggi il ministero pastorale nella Chiesa greco-cattolica, si sono formati nei nostri seminari, in primo luogo a Pietroburgo. Nei 50 anni successivi alla guerra i greco-cattolici hanno ricevuto assistenza spirituale nelle nostre chiese ortodosse. E quando è venuta la libertà religiosa, credo che bisognasse dire grazie alla Chiesa sorella".
Alla luce dei fatti, ci si chiede se queste parole siano espressione di madornale ingenuità o una beffa.
Nello stesso discorso, il patriarca Aleksij ha poi ripetuto la frequente accusa di nazionalismo e di violenze per cui gli ortodossi sono stati cacciati dalle loro chiese, malmenati ecc. Non si possono negare episodi di violenza nei primi anni della ricomparsa alla luce del sole della Chiesa greco-cattolica, ma la situazione nel complesso è ben diversa da quella descritta: nella maggioranza dei casi, intere comunità di greco-cattolici, che fino allora erano rimaste forzatamente sottomesse al patriarcato di Mosca, hanno dichiarato apertamente la propria appartenenza confessionale, passando globalmente ai greco-cattolici. In genere i conflitti sono stati interni alle singole comunità, in cui una parte voleva tornare alla "fede dei padri", mentre l'altra s'era ormai abituata al patriarcato di Mosca. Quanto agli edifici di culto, la maggior parte risaliva a prima del Concilio di L'vov ed era stata costruita in origine dai greco-cattolici.
L'autore passa poi al problema dell'istituzione del Patriarcato, rispetto a cui il Decreto sulle Chiese Cattoliche orientali del Concilio Vaticano II dice: "Poiché l'istituto del Patriarcato nelle Chiese orientali è una forma tradizionale di governo, il Santo Concilio ecumenico desidera che là dove fosse necessario si istituissero nuovi patriarcati, il diritto di costituzione dei quali spetta al Concilio Ecumenico o al Pontefice Romano" (p. 11).
Si tratta quindi di una questione interna della Chiesa cattolica. Stupisce la durissima opposizione della chiesa ortodossa russa, perché in fondo il patriarca greco-cattolico avrebbe giurisdizione solo sui propri fedeli. A Gerusalemme convivono pacificamente più patriarcati di Chiese diverse (cattolico latino, armeno, ortodosso). La reazione del Patriarcato di Mosca è spiegabile solo con il timore che la creazione del patriarcato greco-cattolico sia un nuovo sintomo della vitalità di questa Chiesa, e che gli ortodossi vedano in Roma un reale rispetto e amore per l'autonomia e l'originalità delle Chiese orientali. Stupisce inoltre la perentorietà con cui pongono ultimatum laddove avrebbero solo il diritto di far presente i propri desiderata.
Il valore puramente consultivo dell'opinione della Chiesa ortodossa russa è stato sottolineato dal cardinal Kasper, che ha dichiarato che la decisione finale in queste questioni spetterà solo al Papa.
La Commissione mista e il "Pro-Russia"
Infonde speranza la costituzione della Commissione mista, anche se non si può trattare il problema dei greco-cattolici senza una loro presenza.
Anche sul "Pro-Russia", documento lodevolissimo, c'è il problema che non siamo nella situazione del 1992, quando si sperava in una collaborazione positiva con il patriarcato di Mosca: oggi purtroppo si respira un clima di rancore creato dalla gerarchia ortodossa che rende utopistiche alcune affermazioni del documento, che necessiterebbe di una radicale riforma o addirittura riscrittura.