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Rassegna stampa, 19 gennaio 2004

Autore:
Scalfi, Romano



Ol'ga Timofeeva, Ortodossi, non credenti, "Izvestija", 17 gennaio, p. 9

Il 21 gennaio al Gostinyj Dvor di Mosca si apre la seconda mostra "Rus' ortodossa", dedicata alla vita dell'ortodossia russa e al suo ruolo nella vita della società. Secondo l'intento degli organizzatori, vorrebbe essere un modo per ricondurre i russi sulla retta via, ma i sociologi rendono noto che i reali credenti tra i russi diventano sempre meno, secondo un processo in atto già da alcuni anni.
Un sacerdote ortodosso intervistato, padre Michail Dudko, sottolinea che oggi diminuisce il numero di coloro che vanno in chiesa per curiosità (com'era nei primi anni della perestrojka). Oggi la gente approfondisce la sua fede e chi resta in chiesa sa perché ci va. È vero che il 70% della gente si definisce ortodossa, ma si evidenzia una distinzione tra chi si interessa di cultura ortodossa e chi invece si riconosce credente: questi ultimi, dice ancora padre Michail, sono in aumento.
Difficile però quantificare questi dati, perché la Chiesa non si occupa di statistiche. Il vescovo Arsenij sottolinea una maggior partecipazione alle feste del Battesimo e della Pasqua "perché nella società si è conservato più un tradizionalismo culturale che un dinamismo di comprensione religiosa e partecipazione personale".
I sociologi dal canto loro dicono che ai russi piace considerarsi ortodossi, ma non sono inclini a caricarsi dei doveri cristiani.
"I russi sono hanno cominciato ad andare di più in chiesa nel corso degli anni '90 - dice Boris Dubin, responsabile del settore analitico del VCIOM, diretto da Jurij Levada - si definiscono molto di più ortodossi (il 61%), ma solo il 6-8% frequenta la chiesa con la regolarità che si richiedeva nella Russia prerivoluzionaria. Il 60% non ha mai frequentato la chiesa, circa il 30% ci va da una volta a poche di più all'anno. Non direi che i russi si siano messi a frequentare la chiesa. Mi sembra che il fatto che si dicano ortodossi e i loro rapporti con la Chiesa ortodossa russa siano due cose diverse. Dicendosi ortodossi, sottolineano che sono russi".
"D'altro canto - prosegue Dubin - la Chiesa è un istituto cui i russi dimostrano prevalentemente fiducia, e in questo senso viene a porsi tra le istituzioni (esercito, presidente) che incarnano un ordine immaginario. Non si tratta di un ordine reale (non esiste, nel paese), ma la Chiesa, le forze armate e il presidente rappresentano il simbolo di ciò che potrebbe conferire ordine alla vita".
Sempre secondo i sociologi del VCIOM, nel 1993 è diminuito sensibilmente il numero di persone che credono che la Chiesa meriti fiducia. Dubin spiega questo fatto osservando che la Chiesa ortodossa si comporta spesso come un'istituzione statale e addirittura politicizzata: "In linea di massima i russi sono molto diffidenti nei confronti della politica. Fanno eccezione il presidente e le forze armate. Quando la Chiesa entra nella cerchia della politica, anch'essa diventa oggetto di sfiducia".
Che la gente si dica ortodossa e nel contempo non si fidi della Chiesa, non è una contraddizione o un'ipocrisia? "No - risponde Dubin - sono semplicemente diversi significati della fede. Il valore di dichiararsi ortodosso, cioè persona che vive sul suolo russo, è una cosa, e in questo senso ci si può chiamare e ritenere ortodossi. Ma che posto occupa la fede nella vita, realmente? Quasi nessuno! Il 92% di coloro che si definiscono ortodossi nell'ultimo anno non ha fatto niente per la Chiesa, non ha dato elemosine ecc. In questo senso la Chiesa occupa un posto trascurabile nella vita della gente. La fede e la Chiesa come istituzioni che esigono una responsabilità, un certo operato, un certo tipo di comportamento, che richiedono determinati doveri all'individuo, non vengono accettate dai russi, che vorrebbero invece credere in ciò che non impone loro ulteriori obblighi".
A fianco dell'articolo vengono riportate alcune tabelle statistiche e una dichiarazione di Ol'ga Machovskaja, dottore in psicologia dell'Accademia delle Scienze: "In un passato ancora recente la Russia era il paese dell'ateismo militante. Chi aveva il coraggio di dichiarare pubblicamente la propria fede faceva la figura della mosca bianca e rischiava di venire emarginato dalla società. Il brusco incremento del numero dei credenti, accelerato e incompatibile con i ritmi di uno sviluppo spirituale e personale, è un fenomeno di coscienza di gruppo, l'effetto del contagio di una nuova idea, ortodossa anziché comunista.
Oggi avviene un riflusso. Storicamente i russi si associano all'ortodossia e spesso, rispondendo alle domande dei sociologi circa la propria confessione, rispondono senza esitare: "Sono ortodosso". Ma i sondaggi dimostrano che i "credenti" vanno in chiesa di rado o quasi mai, non hanno un padre spirituale, non osservano i digiuni, non pregano. In una mia recente ricerca sull'ultima ondata migratoria dalla Russia in Francia, la più religiosa, tutti i giovani si ritenevano ortodossi perché lo erano i genitori, ma solo il 24% di loro andava regolarmente in chiesa di domenica. Il deflusso dei parrocchiani è anche un indice del miglioramento del tenore di vita. Negli anni più duri della perestrojka molta più gente aveva bisogno di sostegno e aiuto, che trovava solo in chiesa, mentre ora la gente impara a risolvere da sola i propri problemi. Così, la Russia ha l'opportunità di diventare uno Stato laico".

Kirill Lesnikov, Impressioni sulle feste natalizie, gazeta.ru, 9 gennaio

L'articolista, assistendo alla fastosa liturgia celebrata dal patriarca, si chiede come mai non si celebri in russo, in modo che la liturgia sia comprensibile, perché non si possa ascoltare la predica seduti, come nelle altre confessioni, e perché il Natale continui ad essere celebrato in un giorno diverso da tutti gli altri cristiani (tanto più che la doppia festa è lesiva dell'economia).
Segue la constatazione che i gerarchi ortodossi farebbero bene a prendere in considerazione la realtà, almeno in prospettiva. Per ora, ci sono i fondamenti per un'evoluzione positiva: un recente sondaggio dell'Accademia delle Scienze ha mostrato che i giovani tra i 15 e i 29 anni si fidano della Chiesa poco meno che di Putin (rispettivamente il 48 e il 57%). Non è un cattivo risultato, soprattutto se si tiene conto che tutte le altre istituzioni sono rimaste ampiamente indietro rispetto a queste cifre. Il sondaggio però non chiarisce di quale chiesa si tratti: probabilmente della religione e della chiesa in genere. Dati del Ministero degli Interni confermano che alle celebrazioni natalizie ortodosse natalizie hanno partecipato poco più di 3 milioni di persone (a Mosca, circa 120.000), cioè il 2% dei cittadini dichiaratisi russi al recente censimento. Se poi si tiene conto dei gruppi etnici tradizionalmente ortodossi presenti nel paese, ad esempio 2 milioni e mezzo di ucraini, la percentuale si abbassa ancora.
Conclusione: va conservato il principio costituzionale della laicità dello Stato russo, che ha ben altro da pensare che non a conservare un'immagine ideocratica del potere.

Nikolaj Šaburov, La gente romperà con l'ortodossia, se l'ortodossia non romperà con il potere, "Novaja gazeta", 12 gennaio

L'intervistato dal giornalista Aleksandr Nikonov è il direttore del Centro di studio delle religioni dell'Università Umanistica di Mosca, che esprime alcune considerazioni sul fenomeno degli "ortodossi atei".
Alla domanda sulla crescente discrepanza tra gli interessi statalisti dei vertici ecclesiastici e il reale bene dei fedeli, Šaburov risponde: "Non voglio fare alcuna prognosi, anche se, secondo me, più che verso il crollo della Chiesa si potrà andare verso uno scisma. La Chiesa ortodossa russa ha attraversato molti scismi, anche nel XX secolo, e ora oltre al Patriarcato di Mosca esistono altre Chiese ortodosse (la Chiesa ortodossa russa autonoma, quella all'Estero, diversi rami della Chiesa dei veri ortodossi, per non parlare poi dei vecchi credenti e di altri gruppi più piccoli). Non credo che lo scisma che minaccia la Chiesa ortodossa russa la dividerà a metà, ma le farà perdere catastroficamente autorevolezza". Lo stretto connubio tra la Chiesa e il regime zarista aveva fatto sì che a suo tempo il popolo partecipasse attivamente alla distruzione delle chiese, di cui oggi si incolpano esclusivamente i bolscevichi ("I bolscevichi non sono caduti da Marte, sono usciti dal popolo. E il popolo li aiutò attivamente a distruggere le chiese. Lo testimonia il numero immenso di chiese distrutte in tutta la Russia. Senza l'entusiasmo popolare quest'opera sarebbe stata impossibile").
"La fusione della chiesa con il potere è un sintomo pericoloso. - continua Šaburov - I regimi politici non sono eterni. Non voglio affatto dire che la Russia va incontro a una catastrofe paragonabile al 1917, ma l'appoggio della Chiesa al potere in ultima analisi le sarà imputata a colpa dalla società. Oggi i credenti reali in Russia, nonostante tutti i discorsi sulla rinascita spirituale del paese, sono solo il 3-5%. La massa di coloro che si dichiarano ortodossi è in realtà una "palude", come testimonia il paradosso che la percentuale degli ortodossi supera quella dei credenti!".
Come mai oggi si volgono all'ortodossia prevalentemente xenofobi, antioccidentali, antiriformatori e retrogradi? "Tutte le istituzioni sociali in qualche modo hanno vissuto una riforma tra la fine degli anni '80 e gli anni '90. La Chiesa no. Gran parte dei suoi gerarchi sono uomini con una mentalità sovietica, che operano all'interno della struttura creata da Stalin a metà degli anni '40 sul modello dei vari commissariati e dicasteri sovietici. Esiste anche un'altra causa: in una situazione di persecuzione chi viene represso occupa una rigida posizione conservatrice, per difendersi in qualche modo dagli influssi esterni. Per questo motivo anche la Chiesa cattolica in Europa orientale, oppressa dai regimi comunisti, è più conservatrice che in Europa occidentale".
Dopo aver accennato al tentativo di riforma del Concilio del 1917-18 e al falso riformismo degli "innovatori" negli anni '20, che ha compromesso agli occhi dei fedeli e del clero il concetto stesso di "riforma" Šaburov si dimostra pessimista circa la prospettiva di riforme all'interno della Chiesa nell'immediato futuro.

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