Rassegna stampa, 2 maggio 2004
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In Georgia la chiesa contesa è andata agli ortodossi, "blagovest.info", 30 aprile
La diatriba sulla chiesa di Chareba (Kutaisi) si è conclusa a favore della Chiesa ortodossa georgiana, cui la Corte suprema ha assegnato la chiesa. A iniziare il caso erano stati i cattolici, che sostenevano che era stata costruita come cattolica, mentre secondo gli ortodossi sarebbe stata concessa temporaneamente in uso dallo zar Alessandro a 50 famiglie cattoliche della zona.
A Kutaisi attualmente vivono circa 100 famiglie cattoliche.
Quattro leader religiosi sono tra le personalità più influenti in Ucraina, "Agnuz.ru", 30 aprile
Nella graduatoria dei 100 personaggi più famosi dell'Ucraina fatta dal giornale "Korrespondent", come l'anno scorso sono entrate 4 personalità religiose, anche se, in relazione all'acuirsi dei problemi politici, quest'anno le problematiche religiose sono passate un po' in secondo piano.
Il patriarca Filaret (Chiesa ucraina) è all'11° posto (l'anno scorso era al 9°); il metropolita Vladimir (patriarcato di Mosca) è al 14° posto (l'anno scorso era al 7°); il cardinal Husar (Chiesa greco-cattolica ucraina) è al 17° posto (l'anno scorso era al 10°); il rabbino capo Jakov Dov Blajch è al 39° posto (l'anno scorso era al 25°).
Gli ucraini in USA hanno mostrato un esempio di unità cattolico-ortodossa, "RISU-servizio di informazione religiosa ucraina", 29 aprile
In occasione della Pasqua, le chiese della metropoli ortodossa ucraina nel New Jersey sono state frequentate da oltre 3000 ucraini cattolici e ortodossi. L'azione è stata incoraggiata dai rispettivi vescovi, che hanno richiamato i fedeli delle comunità ucraine all'unità.
Recentemente a St. Petersbur, in Florida, è avvenuto un incontro fraterno tra la gerarchia ortodossa e cattolica ucraina in America, in cui i fedeli sono stati invitati a pregare insieme per le vittime della carestia del 1932-33, ed è stato celebrato insieme un ufficio funebre dai tre presuli.
L'arcivescovo ortodosso di Pskov non è contrario alla costruzione di una moschea in città, "blagovest-info", 30 aprile
In un quartiere periferico si ha in progetto di costruire una moschea con annesso albergo per pellegrini, garages e minareto; l'iniziativa è del presidente del Centro di cultura cecena Sharip Okuncaev, che si fa portavoce degli islamici della regione.
I finanziamenti dovrebbero essere assicurati dall'Arabia saudita, e la prima pietra dell'edificio dovrebbe essere posata nella primavera 2005. Interessante notare che l'arcivescovo Evsevij (Savvin), che a suo tempo era stato il leader dell'opposizione alla costruzione della chiesa cattolica, stavolta sia d'accordo, dal momento che "l'islam è una delle religioni tradizionali del mondo".
Per numero di comunità registrate, in Russia gli evangelici sono al secondo posto dopo il Patriarcato di Mosca, "blagovest-info", 30 aprile
Secondo dati ufficiali del Ministero della giustizia (1-1-2004) in Russia sono registrate 4534 associazioni di evangelici (protestanti): sono quindi al secondo posto, dopo la Chiesa ortodossa russa (11397). L'ha comunicato il direttore esecutivo dell'Unione dei cristiani evangelici Konstantin Bendas, confutando le statistiche offerte recentemente, secondo cui i loro credenti dovrebbero essere complessivamente 400.000 (cfr. Rassegna 22 aprile). In realtà ogni comunità secondo lui conta circa 300 membri, convinti credenti che frequentano le funzioni settimanalmente. Se poi si contano quelli che vengono in chiesa per le grandi feste, e le comunità che non sono ancora state registrate (ne esistono almeno 1,5 o 2 per ogni comunità registrata), si arriva tranquillamente oltre la cifra dei 2 milioni.
Sergej Rjachovskij, Abbiamo di che parlare con il Presidente, "Voenno-christianskij Sojuz Rossii", 30 aprile
Intervista al Presidente dell'Unione degli evangelici, che sottolinea l'importanza per la Chiesa di rivolgersi agli uomini dell'esercito.
Il vescovo evangelico approva che Putin sia cristiano - questo è utilissimo per la Russia, e lui riafferma la lealtà dei protestai alle autorità presenti - ma dev'essere anche tollerante verso le altre religioni, dal momento che è stato eletto da tutti.
I protestanti in Russia - continua - sono un'unità nella multiformità, perché sanno essere uniti (ad esempio, dal punto di vista militare, il dialogo con le autorità è condotto da un'unica istituzione, l'Unione dei militari cristiani), e lo Stato li apprezza ed approva pubblicamente.
Il contributo dei protestanti può essere sul piano morale, perché forniscono cittadini competenti ed onesti, pronti a servire la patria nei diversi campi. Tanto più incomprensibile è l'assenza di una concezione di relazione tra Stato e le diverse organizzazioni religiose, e le discriminazioni in atto nei confronti dei protestanti in diversi luoghi di lavoro ecc.
L'atteggiamento degli ortodossi non è dei migliori nei loro confronti, ma si svolgono incontri regolari con essi, anche se non portano a decisioni concrete, e inoltre i mass media più seri ormai tengono conto della loro esistenza.
Attualmente i protestanti si battono per avere un incontro tra Putin e i leader delle confessioni protestanti, che non sono mai riusciti a ottenere nei 4 anni del suo primo mandato. Putin deve tener conto che, dopo la Chiesa cattolica, i protestanti sono la seconda confessione del mondo (1 miliardo e passa di aderenti, contro il miliardo e mezzo di cattolici).
Aleksandr Scipkov, Chi è il più grande protestante in Russia, "religare.ru", 30 aprile
Il giornalista rivela l'attivizzarsi dei protestanti, che dopo la "Colazione di preghiera" (cfr. Rassegna 22 aprile) continueranno il 5-6 maggio con un convegno dedicato al "Protestantesimo e protestanti in Russia: passato presente e futuro".
I processi che si verificano al loro interno non possono essere ignorati nell'elaborare la politica interna: infatti i protestanti nel paese hanno una strategia di consolidamento a lungo termine, iniziata circa 2 anni fa, e le autorità, pragmaticamente, non possono non cercare di capire con quale risorsa hanno a che fare. Su questo appunto fanno affidamento i leader protestanti, da Rjachovskij a Bendas.
Da parte sua, la Chiesa ortodossa sta affrontando abbastanza ampiamente il problema dei protestanti. Il 15 aprile il metropolita Kirill e il presidente dell'Unione degli evangelico-battisti Jurij Sipko sono stati insieme moderatori al seminario "Il ruolo del cristiano nella società russa di oggi", dove si è discusso tra l'altro il problema della concezione cristiana del patriottismo.
Andrej Zajcev, Ortodossi ed ebrei, rassegna stampa, "religare.ru", 30 aprile
In modi diversi, ortodossi ed ebrei hanno espresso la loro posizione sulle relazioni interconfessionali e interreligiose in Russia.
Nel suo intervento di saluto ai lavori della commissione, (cfr. Rassegna 28 aprile), Aleksij ha sottolineato che "le relazioni della Chiesa ortodossa russa con la maggior parte delle organizzazioni religiose dei paesi del Csi non sono di semplice collaborazione, ma sinceramente fraterne". È una sorta di programma del dialogo che la Chiesa ortodossa vuole instaurare con l'islam, teso secondo il patriarca a conferire stabilità alle istituzioni statali. Aleksij II ritiene infatti che il dialogo interreligioso sia un aspetto sempre più rilevante nelle relazioni fra Stati, e la sua posizione dimostra la disponibilità della Chiesa ortodossa russa a partecipare attivamente ad alcune iniziative dell'autorità secolare.
Il rabbino capo Berl Lazar in un'intervista a Interfax ha sottolineato che negli ultimi anni il concetto di "ebreo" è passato da nazionale a religioso, e che negli ultimi anni in Russia moltissimi ebrei sono tornati a praticare attivamente la propria religione. Lazar si è espresso favorevolmente nei confronti della politica statale russa, che combatte l'antisemitismo, e si è pronunciato contro il proliferare di sette, che bisogna combattere anche a livello di legislazione. Non è però chiara, nelle sue parole, la linea di demarcazione per distinguere sette pericolose da gruppi religiosi che sono invece leciti e hanno diritto di cittadinanza.
Più accorto il metropolita Kirill, che in un'intervista all'agenzia tedesca RUFO (cfr. Rassegna 28 aprile), dettaglia le relazioni tra Stato e Chiesa nella Russia di oggi, dopo aver sottolineato la "catastrofe storica" costituita dal "tramonto dell'URSS". La Chiesa in questa situazione ha dei compiti morali che possono essere assolti solo dalle confessioni tradizionali: "Storicamente nel corso dei secoli in Russia sono vissuti in pace e in collaborazione ortodossi, musulmani, ebrei e buddisti. Insieme hanno difeso la Patria dai nemici e hanno lavorato per il bene della Russia, garantendo la sicurezza di tutti i popoli che ne facevano parte e assicurando l'osservanza dei loro diritti. Tutto questo non poteva non contribuire al formarsi in questa rilevante parte del mondo, di un'esperienza straordinaria di armonica collaborazione di etnie, religioni e culture". Viene confermato quindi da Kirill il ruolo stabilizzatore delle religioni tradizionali.
Vescovo Feofan, Conferenza stampa sui risultati della commissione mista, "portal-credo.ru", 30 aprile
Il 29 aprile all'OVCS c'è stata una conferenza stampa sui risultati dei lavori della commissione mista "Islam- ortodossia", ed è stato inoltre presentato un comunicato finale che sintetizza il lavoro svolto (servizio stampa del patriarcato di Mosca, 29 aprile).
Il vescovo Feofan di Stavropol' e Valadikavkassk (capo della delegazione della Chiesa ortodossa), ha incentrato il suo intervento sulla parola "globalizzazione, una parola che in alcuni suscita speranza, a in molti - in primo luogo nei credenti - preoccupazione. Abbiamo cercato di analizzare i processi della globalizzazione". Gli esiti di quest'analisi sono in primo luogo che i credenti non possono isolarsi, dal momento che si tratta di problemi numerosi e gravissimi, anche se occorre salvaguardare la propria identità culturale e spirituale dai tentativi di omologazione imperanti. Bisogna unirsi insieme nel nome dell'unico Dio creatore, ha sottolineato il teologo iraniano Muchammadi Iraki, aggiungendo inoltre, calorosamente sostenuto dal vescovo Feofan, che è inammissibile collegare terrorismo e islam.
L'accordo finale risuonato nella conferenza-stampa è stata la risposta alla domanda di un giornalista iraniano, su che cosa fare per evitare le conseguenze negative della globalizzazione: da parte ortodossa e islamica si è risposto che è inammissibile che uno Stato si ingerisca negli affari di un altro. Per questo nel dialogo interreligioso bisogna inserire anche l'esame dei problemi politici.
Comunicato finale della IV Sessione della commissione mista russo-iraniana sul dialogo "Islam-ortodossia", Servizio stampa del patriarcato di Mosca, 29 aprile
…"Dopo aver ascoltato le relazioni e il dibattito le parti sono giunte alle seguenti conclusioni.
Nonostante la mancanza di chiarezza nella definizione di globalizzazione, si possono dedurre due concetti fondamentali: innanzitutto la "globalizzazione" come progetto di occidentalizzazione di tutto il mondo, e in secondo luogo l'oggettiva internazionalizzazione come processo in cui si verifica un naturale avvicinamento dei diversi popoli sulla base delle relazioni instauratesi nell'ultimo secolo. I partecipanti al dialogo hanno condannato categoricamente il progetto di globalismo nel senso di imporre ad altri popoli un unico modello ideale, culturale, economico e politico, a cui appartiene una percentuale insignificante della popolazione mondiale".
Il comunicato parla poi della necessità di sviluppare un dialogo tra le religioni e le culture, soprattutto a fini morali, contro "problemi come l'assassinio, la violenza, la cultura del nudismo e della depravazione, l'ingiusto impiego della forza per risolvere problemi locali e mondiali, l'alcolismo, la droga, i danni ambientali", poiché "una serietà morale e spirituale a livello globale può contribuire a ridurre questi vizi, a creare stabilità, a difendere i valori della famiglia, dei minori, dei giovani, ad educarli religiosamente e moralmente".
"Condannando tute le forme di terrorismo, la violenza illegittima da parte degli Stati, e anche tutte le forme di impiego della violenza per risolvere problemi internazionali, le parti hanno espresso la propria protesta contro posizioni unilaterali, in favore di un loro superamento. Sono stati inoltre unanimemente condannati gli abusi della religione per giustificare atti terroristici, aggressioni e violenze contro persone indifese. Le parti sono convinte che per lottare veramente ed efficacemente contro il terrorismo sia necessario por fine ai fenomeni che lo generano: povertà, ingiustizia sociale, delinquenza, corruzione, inimicizia e intolleranza. I membri delle delegazioni si sono inoltre espressi a favore della collaborazione e dell'incremento di rilievo dell'Iran e della Federazione Russa nella soluzione dei problemi di carattere internazionale e regionale".
Il prossimo incontro si svolgerà a Teheran.
A.B. Tret'jakov, Essere o non essere per il celibato nella Chiesa cattolica?, "Sedmica", 29 aprile
L'autore compie un lungo excursus storico sul problema del celibato nella Chiesa cattolica, a partire dalla questione del successore di Giovanni Paolo II, e quindi della nuova impronta che potrebbe essere data alla Chiesa cattolica dal nuovo papa.
Il celibato del clero è certamente uno dei punti nodali nella vita della Chiesa, come attesta la storia.
L'autore parte dalla Chiesa apostolica, in cui il problema non aveva ancora ricevuto una risposta univoca. Una svolta si segnala dal IV secolo, con il XXXIII canone del concilio di Elvira, che prescrive il celibato a vescovi, presbiteri e diaconi in Spagna. Inizia di qui il processo di divergenza sulla questione tra Occidente e Oriente, sebbene il Primo Concilio ecumenico di Nicea approva dei canoni che consentono agli sposati di farsi preti. Nel 692 il concilio di Trullo introduce l'obbligo del celibato per i candidati alla consacrazione episcopale.
In Occidente l'introduzione progressiva avviene intorno al 1000 in seguito alla decadenza morale del clero, per evitare nepotismi e trasmissioni ereditarie di parrocchie, diocesi ecc. Nel 1075 Gregorio VII vieta al clero sposato di celebrare la messa. Il processo di introduzione e appoggio del celibato continua fino al XVI secolo, quando il problema viene risollevato dai protestanti, che rifiutano il celibato come pratica introdotta dalla Chiesa cattolica. Lo stesso tema viene riproposto all'inizio del XX secolo dai modernisti.
Il Vaticano II, che si svolge all'insegna di un rinnovamento della vita ecclesiale, si pronuncia per il celibato precisando però che "il celibato non è richiesto obbligatoriamente per l'ordinazione presbiterale" (Costituzione sulla Chiesa), in riferimento al diaconato e alla pratica in vigore nelle Chiese orientali.
Giovanni Paolo II ha una posizione conservatrice, anche se nel 1993 ha ammesso che "il celibato non ha un legame sostanziale con il sacerdozio. Gesù non ha istituito una legge di questo genere, ma l'ha proposto semplicemente come ideale".
Oggi vi sono tentativi per far cambiare alla Chiesa cattolica la sua posizione tradizionale: sia da parte di riformatori al suo interno, sia da esponenti anticlericali che screditano la Chiesa pubblicizzando in ogni modo l'immoralità del clero (cfr. pedofilia in America ecc., su cui fornisce molti dati). Inoltre, l'abolizione del celibato favorirebbe le vocazioni, attualmente in grave crisi: secondo dati di studiosi americani, il 35-40% delle parrocchie cattoliche del mondo non hanno un prete stabile, ed esistono 60.000 preti che si sono sposati e sarebbero disposti a tornare al loro posto se la Chiesa lo consentisse loro. Un quarto circa dei fedeli cattolici è favorevole al matrimonio dei preti, e perfino qualche vescovo appoggia tali posizioni.
L'articolo prosegue parlando del celibato come di un "fardello superiore alle forze" di molti, e talvolta non portato neppure dai papa (esempi di Papi ufficialmente sposati, o che comunque ebbero dei figli); tanto più che la Bibbia usa continuamente l'immagine del matrimonio e della procreazione come esempio di benedizione e fecondità data da Dio. È vero però che Cristo fu vergine, e questa è una delle basi su cui si fonda il celibato dei sacerdoti. Una scelta - ribadisce Tret'jakov - praticamente irrealizzabile.
Quindi, al termine della lunga disamina, l'autore torna all'interrogativo sulle scelte che compirà il prossimo papa.