Rassegna stampa, 20 novembre 2003
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Igor' Vyzhanov, La Chiesa russa e il Vaticano: la tregua è ancora lontana, NG religii, 19 novembre, p. 1
Prendendo spunto dalle illazioni di alcuni giornalisti in merito a un'eventuale visita del Papa a Mosca, in seguito alla visita di Putin e alle dichiarazioni del metropolita Kirill a New York, si ribadiscono le posizioni del patriarcato di Mosca, e cioè la disponibilità a discutere questa eventualità solo se si "eliminano preventivamente gli ostacoli principali esistenti sul cammino. In primo luogo il proselitismo cattolico e i problemi legati all'uniatismo".
Con la premessa, "in ogni caso, motivi per rallegrarsi finora ce ne sono pochi", si fa tutta la lista degli "avvenimenti degli ultimi due anni, che ci inducono a parlare, più che di stabilizzazione delle relazioni tra il Patriarcato di Mosca e la Santa Sede, di un loro continuo peggioramento": la visita del Papa in Ucraina nel 2002, che "si è svolta contro la posizione della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, la confessione più rilevante del paese"; l'istituzione delle 4 diocesi cattoliche riunite in una "metropoli", che non è stata concordata con la Chiesa ortodossa russa. Quest'anno i cattolici hanno "ordinato" le proprie strutture anche in Ucraina, "e proprio nei territori tradizionalmente ortodossi, cioè nelle regioni meridionale e orientale del paese".
"Tutti questi riordinamenti delle strutture promossi dal Vaticano con una evidente incuria del parere della "Chiesa-sorella" - prosegue l'autore - testimoniavano il vero carattere dell'attività dei cattolici nei territori post-sovietici, un carattere appunto missionario. Dal momento che la missione cattolica viene realizzata a spese della popolazione tradizionalmente ortodossa delle ex repubbliche sovietiche, noi definiamo proselitismo questa politica cattolica.
Purtroppo, non si vedono mutamenti positivi anche nella questione dell'uniatismo ucraino. Le chiese sottratte agli ortodossi dai greco-cattolici, non sono state restituite. Gli uniati ucraini preferiscono avere a che fare con gli scismatici, compreso lo pseudopatriarca Filaret (Denisenko), e presentano tutto ciò come un processo di riconciliazione con gli ortodossi. E' ben nota anche l'aspirazione del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina cardinal Ljubomir Husar a trasferirsi da Leopoli a Kiev e ad ottenere dal Papa il titolo di Patriarca. E il 28 luglio scorso Giovanni Paolo II ha annunciato l'istituzione dell'esarcato greco cattolico di Odessa e Crimea. Tutto questo avviene evidentemente con il consenso del Vaticano.
Sia Roma che Mosca sono d'accordo sulla necessità di migliorare le relazioni. Ma perché queste migliorino, occorrono azioni pratiche. E i primi passi deve farli il Vaticano. La Chiesa ortodossa russa è disposta ad accogliere qualunque iniziativa che possa, non a parole ma nei fatti risolvere i problemi esistenti, sciogliere il ghiaccio della sfiducia, condurre le nostre Chiese a rapporti di dialogo costruttivo e reciprocamente rispettoso".
NB. In una nota al piede dell'articolo si specifica la carica dell'autore, segretario dell'OVCS per le relazioni interconfessionali, sottolineando così che l'articolo è commissionato dall'alto, praticamente sottoscritto da Kirill.
Questa nuova tirata potrebbe essere - dicono alcune voci negli ambienti del Patriarcato - un segnale per tranquillizzare la "Chiesa ortodossa all'estero", proprio in questi giorni presente a Mosca attraverso una delegazione in vista del raggiungimento dell'unità (e un accordo in questo senso dovrebbe essere stato raggiunto proprio ieri sera). La Chiesa ortodossa all'estero è sempre stata molto conservatrice, e anche anticattolica.
Primo piano
Le trattative tra il patriarcato di Mosca e la Chiesa ortodossa all'estero
Pavel Korobov, Gli ortodossi hanno superato la barriera, "Kommersant", 19 novembre, p. 8
Si sottolinea che è la prima volta in 80 anni, cioè da quanto dura la divisione, che una delegazione ufficiale della "Chiesa russa all'estero" giunge in visita dal Patriarcato di Mosca.
La "Chiesa ortodossa russa all'estero" si era formata negli anni '20 come struttura provvisoria, poi trasformatasi in indipendente a motivo della compromissione della Chiesa in patria con il regime. I motivi dell'attuale separazione sono in primo luogo l'ecumenismo, inaccettabile per la Chiesa ortodossa all'estero; la mancata condanna da parte dell'attuale patriarcato della posizione di compromesso di Sergij (Stragorodskij): questioni finanziarie legate alle proprietà ecclesiastiche all'estero, che questa Chiesa vorrebbe conservare, mentre la Federazione Russa esige che siano consegnate allo Stato. Nell'attuale situazione di difficoltà ecumeniche, la riunione con la Chiesa all'estero consoliderebbe le posizioni del patriarcato di Mosca.
Il giorno dopo (p. 8) il giornalista comunica l'andamento positivo delle trattative.
Diacono Andrej Kuraev, Raggiungerà l'unità la Chiesa russa?, "Izvestija", 19 novembre, p. 12
Il commento di Kuraev, ex portavoce del patriarca e noto per le sue posizioni abbastanza estremiste e scandalistiche, qui in realtà si dimostra abbastanza equilibrato, sottolinea che negli ultimi anni in generale alle tendenze separatiste se ne sono sostituite altre, molto più inclini alla riunione. Tanto più che, nel caso della "Chiesa ortodossa russa all'estero", essa avrà una propria autonomia, e il suo primate entrerà a far parte del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, acquistando così un'importante voce in capitolo. Non mancheranno tuttavia problemi e contrasti, pensando che il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa acquisterà una ventina di nuovi membri con formazione, concezione ecc. Ben diverse da quelle moscovite, e che in patria in questi anni si sono formate varie comunità ortodosse dissidenti dal patriarcato, e che erano ricorse alla "Chiesa ortodossa russa all'estero": come faranno, in questo caso? In ogni caso, il processo ormai è cominciato.