Rassegna stampa, 21 marzo 2005
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Umberto Mazzone, Chiesa e paesi baltici, «Pagine in difesa», 20 marzo 2005
Dal 9 all’11 marzo 2005 si è riunita a Bruxelles la riunione plenaria primaverile della Commissione delle conferenze episcopali delle chiese cattoliche dei paesi membri della Unione Europea (Comece), con Romania, Croazia e Bulgaria presenti nel ruolo di osservatori. L’assemblea ha anche celebrato i 25 anni di vita dell’organismo. Un momento importante della riunione и stato l’incontro dei vescovi con il presidente della Commissione José Manuel Barroso, nel corso del quale è stato ripetuto l’invito a sostenere e a rafforzare il modello sociale europeo. Famiglia, lavoro e ricerca sono i grandi punti su cui - secondo i vescovi - la Comunitа dovrebbe concentrare le sue attivitа, mentre il processo di ratifica del trattato costituzionale dovrebbe essere il più possibile condiviso e aperto.
Al presidente Barroso è stato preannunciata la pubblicazione di una importante riflessione dell’episcopato europeo sul futuro dell’Unione e le responsabilitа dei cattolici, di cui è prevista la diffusione il 9 maggio 2005. I vescovi europei nella loro riunione hanno concentrato l’attenzione sul rinnovamento della strategia di Lisbona, sull’andamento del processo di ratifica del trattato costituzionale europeo dopo il referendum spagnolo e sui piani di lavoro della Commissione Europea. Sul tappeto sono state anche le relazioni coi nuovi vicini a Est e il ruolo dei paesi entrati nella Unione Europea nel 2004. Dai paesi baltici, Lettonia e Lituania in particolare, sono venute delle prime comunicazioni sulla loro nuova collocazione nel quadro politico del continente europeo.
La Comece ha saputo così dimostrare tutta la sua capacitа di attenzione alle conseguenze dell’allargamento della Unione Europea a paesi che come quelli baltici non sono solo reduci da un’esperienza quasi cinquantennale di regime comunista, ma soprattutto facevano parte integrante dell’Unione Sovietica. Nel 2004 i baltici hanno fatto anche il loro ingresso nella Nato. Piccoli contingenti militari sono stati inviati in Iraq. Un angolo d’Europa che per molti versi si va rapidamente integrando con gli stili di vita occidentali e che non va trascurato, anche perché si mantiene una tensione tra quei paesi e la Russia, accentuatasi in queste settimane.
Nell’avvicinarsi del sessantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, (8 maggio in Europa, 9 maggio in Russia per motivi di fuso orario) il presidente Putin ha iniziato a preparare manifestazioni che vogliono rammentare al mondo il ruolo decisivo svolto dalla Unione Sovietica nella vittoria sul nazismo e quindi rafforzare l’immagine politica e militare della Russia di oggi, attualizzandola come vera erede di chi era giunto sino al cuore di Berlino, piegando le armate del Reich. Un modo esplicito per far capire che umiliare la Russia non conviene a nessuno. E’ stata così organizzata una storica celebrazione a Mosca sulla Piazza Rossa, secondo il più classico stile sovietico, invitando decine di capi di Stato e di governo.
In diversi paesi che furono alleati dell’Urss nel Patto di Varsavia vi è per una certa resistenza a considerare il 9 maggio come la data di una piena riconquista della libertà, soprattutto alla luce di quanto avvenuto nei decenni successivi di presenza sovietica e di “democrazie popolari”. Proteste vi sono giа state in Ungheria; altre si sono levate in Polonia e in Bulgaria.
Ma la polemica è risultata particolarmente vivace nei paesi baltici (Estonia Lettonia e Lituania) che fra il 1939 e il 1945 da paesi indipendenti passarono per tre volte alla condizione di paesi occupati militarmente, prima dai sovietici, poi dai tedeschi e quindi nuovamente dai sovietici che infine formalizzarono la loro annessione all’Urss, cui seguì anche una resistenza armata nazionalista e antisovietica che si protrasse in modo organizzato sino agli inizi degli anni ‘50.
In queste settimane il Parlamento lettone e quello estone si sono rifiutati di considerare festiva la giornata del 9 maggio, mentre dei tre presidenti baltici solo quello lettone sarà presente a Mosca, sia pur con molte riserve e soprattutto per testimoniare il proprio dissenso dalla impostazione delle cerimonie. I presidenti della Estonia e della Lituania hanno invece risolto il problema alla radice, escludendo qualunque forma di partecipazione. Da parte russa si è risposto con forte durezza polemica, ricordando il contributo dato dai baltici ai reparti combattenti volontari delle SS e il loro sostegno alle scelte politiche e razziali di Berlino. Non cessa il contenzioso per l’obiettiva discriminazione alla quale è sottoposta la minoranza russa, che spesso sceglie l’emigrazione per sottrarsi a difficili condizioni di vita. Rimane aperto il problema del libero transito in Lituania dei russi, in particolare delle Forze armate, verso l’enclave di Kaliningrad, la vecchia Koenisberg, la prussiana patria di Kant.
Dei singoli Stati che hanno riconquistato l’indipendenza nel 1991, l’Estonia (capitale Tallinn e 1 milione e 400 abitanti) ha una comunità cattolica veramente esigua (circa quattromila componenti) che risulta la più piccola del continente. Ridottissima è la presenza del clero che assomma a poche unità. La confessione maggioritaria è quella luterana, seguita da quella ortodossa che ha una forte tradizione di legami con il potere politico.
La Lettonia (2 milioni e 400 abitanti, capitale Riga), di cui è arcivescovo il cardinale Janis Pujatis, ha subito una scristianizzazione fortissima e oggi sull’intera popolazione si calcola che il 16% sia protestante, il 15% cattolico, l’ 8% ortodosso, mentre il 7% fa capo alla setta russa dei vecchi credenti. Il rimanente è apertamente lontano dalla vita religiosa. Secondo l’arcivescovo di Riga la Lettonia si attende dall’ingresso nella Unione Europea l’aprirsi di opportunitа che consentano, nel legame con paesi di più solida e istituzionale cristianizzazione, un rafforzamento della diffusione della fede.
In Lituania (3 milioni 600 mila abitanti, capitale Vilnius), arcivescovo il cardinal Audrys Juozas Backis, la popolazione è in maggioranza cattolica, la Chiesa tiene a sottolineare che l’attenzione all’Europa non deve rimuovere il senso e la tradizione dei valori cristiani radicati nella cultura e nella società locali.
Così tra Lituania e Lettonia appaiono aspettative diverse dall’ingresso nell’Unione: da parte lettone si spera che l’Europa porti un sostegno al superamento di un isolamento e alle iniziative cattoliche, mentre in Lituania si teme di perdere i caratteri tradizionali del paese.
Importante per la vita religiosa di quei paesi fu la visita del pontefice Giovanni Paolo II nel settembre del 1993. Da allora il papa è tornato spesso a ricordare la struggente collina delle croci in Lituania. Tutti ricordano la vicenda della collina, coi sovietici che estirpavano le croci (una volta 5.000 in un sol giorno) e i lituani che la notte le ripiantavano. I cattolici costituivano l’ostacolo maggiore alla russificazione e quindi lo scontro aveva caratteristiche che intrecciavano ideologia, religione e nazionalità. Per il papa, libera oramai dai condizionamenti di uno Stato totalitario, la fede è oggi insidiata da un’aggressione più sottile, costituita dal modello secolaristico e edonistico della vita che largamente predomina nei paesi economicamente più evoluti.
Se postumi scristianizzanti dell’appartenenza all’Urss si fanno ancora sentire, col cambiamento politico è sopraggiunto anche l’influsso del modello culturale dominante in Occidente, dove l’indifferenza e il relativismo religioso si coniugano spesso a comportamenti di massa che appaiono del tutto incompatibili con i dettati evangelici. Centrale per la politica vaticana è la Lituania e a Vilnius ha sede la nunziatura per le repubbliche di Estonia, Lettonia e Lituania. Tra il 1944 e il 1953 un terzo del clero lituano è morto in carcere e nel 1947 furono chiusi gli ultimi conventi e monasteri. A Vilnius 38 chiese furono confiscate e trasformate a uso civile. Solo il 15 febbraio 2005 il Parlamento lituano ha votato il pieno ritorno alla Chiesa di tutte le sue proprietа nazionalizzate.
Gli anni dopo la dichiarazione di indipendenza sono stati marcati da profonde trasformazioni sociali. Se durante il periodo sovietico la Chiesa fu forzata a ritirarsi dalle attivitа di carità organizzata e sociale, oggi si è scelta la strada di legare evangelizzazione e giustizia sociale. Vi è stata una ripresa della Caritas, anche in stretto legame con numerose diocesi tedesche, mentre appaiono attivi altri gruppi sociali legati anch’essi alla realtа tedesca, come i maltesi e la societа Kolping. La Chiesa è presente anche nell’assistenza spirituale alle Forze armate lituane, che hanno un proprio ordinariato militare.
La Lituania si rivela nel suo complesso una realtà largamente secolarizzata, in contrasto evidente con le immagini più note di un paese tradizionalmente devoto. Una secolarizzazione che si manifesta anche nel calo dei matrimoni (da 10.790 nel 1999 a 8.490 nel 2002), dei battesimi (da quasi 34.000 nel 1999 a 25.700 nel 2002), delle ordinazioni sacerdotali (32 nel 1999, 19 nel 2002). Alla liturgia della messa partecipa una percentuale della popolazione che non supera il 10%.
In Lituania il cardinal Audrys Backis ha mostrato tutta la sua irritazione per la ratifica - ritenuta troppo veloce - del trattato della costituzione europea con le sue mancate notazioni sulla identità cristiana e ha deplorato che il laicismo sia diventato un dogma per essere un buon europeo. Sono emersi gravi problemi sociali, un alto tasso di suicidi, una rapida disgregazione della famiglia. Dai paesi baltici viene una critica all’Europa per la sua troppa attenzione alle realtà economiche rispetto a quelle ideali e per la sua debolezza nello sviluppare proposte politiche di grande respiro. Si tratta di osservazioni che la Comece pare avere avvertito come sostanziali e che troveranno certo ampia trattazione nel prossimo documento annunciato su Europa e cattolici.
Chiesa, mass-media», laicità dello Stato
La Chiesa ha rifiutato di aiutare lo Stato, «Kommersant», 18 marzo, p. 8
Così, in un articolo firmato da Valerij Panjushkin, viene data notizia del convegno svoltosi il giorno prima a Mosca, «Religione e Chiesa nella società dell’informatica», in cui di fatto lo Stato (era presente il ministro della tecnica informatica Leonid Rejman) si è rivolto a tutte le principali confessioni chiedendo aiuto per controllare internet. La sua richiesta è stata appoggiata dall’accademico Cjubarjan. Il clero però ha inaspettatamente rifiutato, dicendo che lo spazio informativo libero non è distruttivo perché è libero, ma perché la società pensa solo ai valori materiali.«Non bisogna elaborare un sistema di divieti, ma un ideale positivo per cui valga la pena lavorare e vivere, altrimenti andremo in rovina pur avendo il potere più forte e il petrolio più caro del mondo», ha detto mons. Chaplin, vicepresidente dell’OVCS. Alla sua posizione si sono allineati cattolici, musulmani, protestanti, ebrei.
Su «Rossijskaja gazeta», nella stessa data, si sottolinea la comune condanna (risuonata al convegno da parte ortodossa e da parte del cardinal Bertone, recentemente, da parte cattolica) nei confronti del romanzo Codice Da Vinci.
Mosca: cattolici ed ortodossi sottolineano il ruolo della religione nella società dell’informazione, 20 marzo 2005 (ZENIT.org)
Prendendo la parola durante la Conferenza dei leader religiosi e governativi svoltasi a Mosca, alcuni rappresentanti della Santa Sede e del Patriarcato ortodosso di Mosca hanno concordato sulla necessità di lanciare un allarme di fronte all’irreparabile perdita che costituirebbe l’assenza della religione nella società dell’informazione.
All’incontro sul tema “Religion and Church in the information society” (“Religione e Chiesa nella società dell’informazione”), sono intervenuti il 17 marzo sia, il rappresentante di Giovanni Paolo II, l’arcivescovo John P. Foley, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, che il rappresentante del patriarca Alessio II, l’arciprete Vsevolod Chaplin, Viceresponsabile del Dipartimento per i Rapporti con le Chiese del Patriarcato di Mosca.
Nel suo intervento, monsignor Foley ha riconosciuto che “la società dell’informazione risulterebbe gravemente impoverita senza la presenza della religione e della Chiesa. La religione è un elemento essenziale della vita umana e trascurare o addirittura negare la religione nei mezzi di comunicazione vuol dire trascurare o negare un parte della natura umana”.
“Come credenti, siamo convinti del fatto che il nostro destino sia nella vita eterna con Dio. Se non ci si può aspettare che tutti coloro che sono coinvolti nei mezzi di comunicazione condividano questo credo, ci si aspetta che essi debbano almeno riconoscerlo, rispettarlo e riferirlo”.
“Riconoscere, rispettare e riferire – è questo che la religione e la Chiesa si aspettano dai mezzi di comunicazione”.
“Riconoscere. La religione e la Chiesa esistono e sono sicuramente un aspetto importante della realtà personale e sociale; abbiamo già visto come la negazione dell’esistenza della religione e della Chiesa o il tentativo di eliminarle costituiscano una violenza nei confronti della verità e della natura della persona umana e dell’organizzazione della società umana”.
“Rispettare. Se alcuni rappresentanti dei media possono non essere d’accordo con alcune decisioni della Chiesa o con certi aspetti della religione, questo disaccordo dovrebbe rispettare la sincerità del credo degli aderenti alla Chiesa e alla religione e rispettarne le istituzioni”.
“Riferire. Dato che la religione e la Chiesa costituiscono un aspetto di grande rilievo nella vita di molte persone e della società stessa, le attività religiose ed ecclesiali dovrebbero essere riferite in modo accurato ed obiettivo. Chi riferisce le attività religiose – anche se non crede – dovrebbe essere informato adeguatamente anche sulla religione, per poter compiere dei resoconti validi”.
L’arciprete Chaplin, dal canto suo, secondo quanto riportato dall’agenzia informativa “RIA Novosti”, ha affermato che “i mass media secolari evitano in modo evidente la copertura generale dei punti di vista religiosi e del modo religioso di vedere il mondo”.
“I giornalisti ed i loro capi stanno riducendo deliberatamente la quantità di informazioni relative alla religione, concedendo invece un’attenzione sempre maggiore all’interpretazione superficiale della religione stessa, che riguarda non i valori spirituali fondamentali, ma le decorazioni, i cibi, i canti e le danze”, ha aggiunto il rappresentante ortodosso.
In questo modo la maggior parte dei media si riferisce alla Quaresima come ad un semplice aspetto della routine quotidiana, concentrando l’attenzione sulle pietanze quaresimali e sulle relative tradizioni, ha sottolineato padre Vsevolod al riguardo.
La conferenza internazionale è stata presieduta da Leonid Reiman, Ministro russo per le Tecnologie di Informazione e le Comunicazioni.
Tra i conferenzieri figuravano Farid Asadullin, Copresidente del centro analitico di informazioni del Muftiyyate russo, Sanzhei Lama, portavoce del sangha tradizionale buddista russo, Baruch Gorin, Responsabile delle pubbliche relazioni della Federazione delle Comunità Ebraiche Russe, ed il pastore della Chiesa Evangelica Luterana Russa, Constantine Andreyev.
Oltre a monsignor Foley, tra i rappresentanti cattolici spiccavano il Nunzio apostolico presso la Federazione Russa, l’arcivescovo Antonio Mennini, l’Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Tadeusz Kondrusiewicz, il Direttore del Centro Informazioni della Conferenza dei Vescovi Cattolici Russi, Victor Khroul, e il Direttore della stazione radiofonica cattolica di Mosca “Dar” Peter Sacharov.
Il convegno è stato ampiamente ripreso anche da «blagovest.info», che ha dato un dettagliato resoconto dell’evento.
Lo stesso giorno, il 17 marzo, comunica sempre «blagovest.info», si è svolta la presentazione del volume I limiti della laicità. Discussione sociale sul principio della laicità dello Stato e sui modi di realizzazione della libertà di coscienza, pubblicato dal centro analitico SOVA, a cura del suo direttore Aleksandr Verchovskij.
Il volume raccoglie gli atti di un convegno svoltosi nel novembre scorso all’Accademia russa dei Servizi di Stato.
In un commento apparso il 18 marzo su «portal-credo.ru», Roman Lunkin sottolinea l’unicità del libro perché raccoglie uno spettro molto ampio di opinioni e sottolinea la necessità di aprire un dialogo tra le forze ecclesiali e i «difensori dei diritti umani».
A proposito di quest’ultimo problema, all’inizio di marzo si è svolto l’epilogo del caso (che risale ormai a due anni fa), della mostra «Attenti religione», organizzata al Museo Sacharov e assaltata da un gruppetto di ortodossa perché ritenuta offensiva dei valori cristiani. Come riporta «portal-credo.ru», il 2 marzo si è concluso il dibattito processuale contro gli organizzatori della mostra, dirigenti del Museo Sacharov (nei loro confronti l’accusa ha chiesto pene da due a tre anni di detenzione), nel corso del quale c’è stato un forte concorso di pubblico, e sono intervenuti numerosi dissidenti per ribadire l’importanza della libertà di coscienza. La sentenza sarà emanata il 28 marzo.
Negli ultimi giorni si sono susseguiti vari articoli (sui siti specializzati internet, in particolare «religare» e «portal-credo», che ospitano entrambe le parti, ma si schierano decisamente dalla parte dei difensori dei diritti umani, contro gli eccessi di zelo dei credenti.
Il metropolita Kirill e il Concilio popolare russo
Alla ricerca del patriottismo perduto, «NG religii», 16 marzo
Al tema del Concilio popolare è dedicato l’articolo di fondo dell’inserto periodico di «Nezavisimaja gazeta», a firma Aleksandr Petrov. L’evento, svoltosi in IX edizione a Mosca il 9-10 marzo, «è la prima iniziativa di vaste dimensioni nelle celebrazioni del 60° anniversario della Vittoria. Quest’anno a questa data viene conferita particolare importanza: essa deve infatti ricordare a tutto il mondo il ruolo svolto dalla Russia nella liberazione dell’Europa dalla “peste fascista”». Nonostante le dichiarazioni degli organizzatori del Concilio (istituito nel 1993), che lo definiscono una «piattaforma di dialogo senza carattere ideologico o partitico», si ha l’impressione che sia «un’imitazione di dialogo, per raggiungere degli scopi pragmatici ben precisi». Basta lo slogan del Concilio ad attestarlo: «L’unità e la compattezza del popolo sono il pegno della vittoria contro il fascismo e il terrorismo». E il motivo dominante negli interventi è stato che «la Vittoria fu ottenuta grazie all’unità del potere, dell’esercito, delle persone di tutte le nazionalità e religioni. Proprio per questo la memoria della Vittoria contribuirà “a un’autentica solidarietà tra popoli e Stati nell’epoca dell’integrazione”, e aiuterà “ad opporsi alle principali sfide della contemporaneità” che si presentano oggi alla Russia».
L’autore dell’articolo fa rilevare che gli interessi della Chiesa ortodossa russa si fanno sentire in due sfere: l’introduzione dei «principi della cultura ortodossa» nella scuola e la creazione di un canale televisivo ortodosso a livello federale, entrambi scopi che la Chiesa non è in grado di raggiungere senza l’appoggio del Cremino. Questi due temi sono stati toccati più volte; criticatissima la posizione del ministro dell’Istruzione Furcenko, determinato a introdurre lo studio delle religioni, perché questo indurrebbe a una «perdita del patriottismo». Si evidenzia una rottura anche con i musulmani, perché il loro capo, il mufti Ravil Gajnutdin sostiene che nella scuola statale bisogna insegnare religione senza dividere manuali e alunni per appartenenza confessionale. Non a caso, il leader musulmano non è stato invitato al Concilio. Zjuganov, leader comunista, ha sostenuto apertamente l’idea del canale televisivo ortodosso.
Si insiste da ultimo sull’«introduzione della festa del 4 novembre in seguito agli sforzi della Chiesa russa», ma che «difficilmente potrà concorrere con la data del 9 maggio, che unisce tradizionalmente tutti i russi».
Il commento finale del giornalista è che «è ben comprensibile l’attenzione del potere al tema scelto dal Concilio. Oggi, quando la popolarità del governo è estremamente poca, e l’audience del presidente è caduto moltissimo, le prossime celebrazioni che ricordano la passata grandezza del paese consentiranno di raccogliere qualche dividendo politico. Nel vuoto ideologico creatosi, il patriottismo diventa l’unico argomento a cui possono far appello oggi le autorità. La partecipazione della Chiesa, che si dichiara l’unico “baluardo spirituale e morale della società”, al “progetto patriottico” del Cremino garantisce al patriarcato di Mosca non solo una serie di vantaggi nei confronti della altre istituzioni sociali del paese, ma anche la garanzia di continuare anche in futuro a partecipare alla formazione dell’ideologia nazionale».. Interessante – sono le ultime righe dell’articolo – che il Concilio non abbia in realtà detto neppure una parola sulla disperata povertà di tanti anziani veterani della guerra, sui gravi problemi esistenti, che si sono espressi anche recentemente nelle proteste contro la monetizzazione.
Su «religare.ru» è uscito il 17 marzo un articolo di Aleksandr Cipko intitolato Come trovare la strada che porta al tempio della fede?. Si tratta in realtà di una recensione «scritta su commissione», al libro recentemente uscito del metropolita Kirill, La parola del pastore. Dio e l’uomo. La storia della salvezza..
L’autore parte infatti con un’ampia introduzione sui problemi incontrati dalla fede e dalla vita ecclesiale in Russia dalla perestrojka in poi, sulla sete di verità e di rinnovamento diffusa nella società, e sulla scarsa efficacia dei provvedimenti presi al riguardo sotto Gorbacev e El’cin, che hanno rimesso in piedi le strutture esterne ma non la vita della Chiesa. La situazione della società russa è così degradata – scrive l’autore – che sono risultati impotenti perfino la relazione di Chruscev al XX Congresso del Partito o l’Arcipelago Gulag di Solzhenycin. Il libro che potrebbe riuscire dove questi sono falliti, e risanare una situazione che è più grave di quella di epoca sovietica (dove, per quanto possa sembrare strano, c’era più morale di oggi), è appunto quello del metropolita Kirill. Seguono commenti diffusi e lunghe lodi sperticate al testo, che si prefigge appunto lo scopo di riportare la gente alla coscienza della Chiesa e di restituirle i valori morali smarriti.
Sulla salute del Papa
Petr Il’inskij, Il nostro fratello vescovo di Roma, «religare.ru», 18 marzo
Un articolo inizialmente abbastanza velenoso sul Papa, che vorrebbe venire in Russia come pellegrino pur essendo il capo di un’organizzazione potente che si è dimostrata negli ultimi secoli, decenni ed anni ostile alla Chiesa madre della Russia, la Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca. Poco conta la restituzione della Madonna di Kazan’, semplicemente un doveroso atto di giustizia. Altro è se si considera la persona del Papa fuori dal contesto vaticano (che certamente sfrutterebbe la sua visita a scopi propagandistici, per convertire nuovi fedeli, usando i soldi e l’esperienza politica che possiede in abbondanza). Karol Woytjla come tale andrebbe accolto – sostiene il pubblicista facendo una virata di 180 ° - perché dal canto loro anche i gerarchi ortodossi hanno varie pecche, e risulta inoltre difficile pensare che uomini come san Sergio o Serafim di Sarov avrebbero negato a un vecchio di venire a baciare reliquie antichissime e dei nuovi martiri del XX secolo.
Gli ultimi due numeri di «NG religii» (2 e 16 marzo), hanno dedicato due lunghi articoli e foto a questo tema, a firma Giovanni Bensi.
Su «portal-credo.ru» è uscito un comunicato di Interfax, che riportava alcune dichiarazioni di mons. Kondrusiewicz, in visita al Papa, secondo cui questi prega a lungo e gli ha chiesto come vanno le cose a Mosca, incaricandolo inoltre di portare la Sua benedizione apostolica in occasione della Pasqua.
Mons. Kondrusiewicz è inoltre stato intervistato negli studi di «Radio Svoboda», e il testo integrale della trasmissione (condotta da Michail Sokolov e con la partecipazione del direttore di «portal-credo.ru» Aleksandr Soldatov), è stato pubblicato sul medesimo sito il 10 marzo.
Rassicurante sulla salute del Papa, il metropolita Kondrusiewicz ha detto che la Sua visita in Russia non si è mai potuta svolgere – nonostante il suo amore per la Russia e le Sue preghiere per tutti i cristiani del paese, cattolici e ortodossi – a causa della posizione della società e della Chiesa ortodossa: non è ancora maturato il tempo di tale visita.
Sulla nomina di Werth a capo della Conferenza episcopale, ha detto che si tratta di un cambiamento di routine, esistente in tutte le Conferenze, che non muta tuttavia l’indirizzo pastorale e l’orientamento della Chiesa cattolica in Russia. «Io non sono riuscito ad attuare i miei progetti – ha aggiunto – e soprattutto gli aspetti concernenti le relazioni con la Chiesa ortodossa russa».
Kondrusiewicz parla lungamente del proselitismo, negandone la presenza all’interno dell’azione svolta dalla Chiesa cattolica in Russia, anche se l’intervistatore gli obietta: «Al cattolicesimo passano i russi che in qualche modo sono disgustati da aspetti della vita e da problemi esistenti nella Chiesa ortodossa. Nella cultura russa il passaggio al cattolicesimo è sempre il risultato di un rifiuto, consapevole o no, della tradizione ortodossa». A questo di fatto non risponde, si limita a dire che non chiede il passaporto a nessuno.
Dopo un breve excursus sul problema del territorio canonico (ricusa di parlare dell’uniatismo perché riguarda un’altra nazione), parla in termini elogiativi del lavoro ecumenico svolto negli ultimi anni tramite le visite del cardinal Kasper e l’istituzione della commissione mista di lavoro, insistendo sulla necessità di costruire. Commenta inoltre così le difficoltà ecumeniche: «Non possiamo dimenticare in quale situazione si trova la Chiesa ortodossa russa dopo tre generazioni di persecuzione della fede, quando la Chiesa era stata limitata nella sua attività alle pareti dell’edificio del culto, della sacrestia. Non era mai stata sviluppata una dottrina sociale, e siamo molto lieti che sia cominciato a svilupparla anche nella Chiesa ortodossa». «Intanto – prosegue – nella Chiesa cattolica si faceva il Concilio Vaticano II, una sorta di rivoluzione rispetto alle altre Chiese, al mondo, e noi abbiamo cominciato a guardare in modo completamente diverso ad esse, non più come a degli eretici ma a dei fratelli».
La domanda successiva riguarda i greco-cattolici, a proposito dei quali Kondrusiewic ricorda la recente nomina di un ordinario, mons. Werth. Il loro futuro dipenderà dai tempi di crescita, così come per i latini si è passati dalle amministrazioni apostoliche alle diocesi in seguito al loro incremento: da 10 parrocchie del 1991 alle odierne 220 più alcune centinaia di comunità non registrate.
Circa le relazioni con le autorità statali, Kondrusiewicz specifica di essere membro del Consiglio per le relazioni con le organizzazioni religiose presso la Presidenza della Federazione Russa, ma che d’altra parte cattolici e protestanti non sono membri del Consiglio interreligioso, sebbene siano cittadini russi. La situazione delle relazioni con lo Stato è dunque problematica, insoddisfacente.
Problemi pure per la restituzione delle chiese, a causa della privatizzazione cui sono stati sottoposti molti edifici: «La situazione a Mosca è semplicemente tragica. La domenica abbiamo 27 messe concentrate in due sole chiese». Difficoltà esistono pure nel far approvare dalle autorità competenti i progetti di costruzione delle nuove chiese. Sul fronte dei visti invece la situazione è migliorata, non è difficile ottenere visti multipli per 1 anno. Rifiuta di commentare i motivi per cui sono stati allontanati il vescovo Mazur e altri sacerdoti.
Soldatov domanda come mai ultimamente i grossi sponsor (Renovabis e Kirche in Not) hanno diminuito gli aiuti alla Chiesa cattolica, mentre continuano a sostenere in modo cospicuo quella ortodossa. Kondrusiewicz risponde evasivamente, adducendo la necessità di aiutare i fratelli, la crisi economica in Occidente, e citando la soluzione positiva del problema del finanziamento di «Svet Evangelija», che si spera possa continuare a essere il settimanale cattolico della Russia.
Per quanto concerne la composizione sociale dei cattolici, secondo l’arcivescovo sono cambiati qualitativamente: oltre agli anziani, oggi ci sono molti ragazzi e giovani, molti intellettuali (mancano invece esponenti del mondo degli affari), e i battesimi sono celebrati prevalentemente su neonati, portati dai genitori che alcuni anni fa avevano ricevuto il battesimo in età adulta.
Da ultimo, si parla del cardinale «in pectore»: una speranza per i russi? Kondrusiewicz risponde che «bisogna sempre sperare. Senza speranza non si può vivere, anche se questo non è obbligatorio per la salvezza. Ma anche per il paese sarebbe prestigioso. In un concistoro era stato nominato cardinale in pectore un vescovo di Taiwan, e quando si è risaputo è stata una grande festa per gli abitanti del paese, sebbene fossero in maggioranza cinesi».