Rassegna stampa, 26 gennaio 2005
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Ancora sulle proteste in Russia
I pensionati bruciano il governatore e impiccano il presidente, «Kommersant» 26 gennaio, p. 7
Continuano i meeting di protesta dei pensionati in tutta la Russia. Il quotidiano segnala in particolare le manifestazioni svoltesi a Stavropol’, nel corso della quale è stato dato alle fiamme un fantoccio con i lineamenti del governatore, e a Nizhnij Novgorod, dove invece è stato impiccato un fantoccio-Putin (ne viene pubblicata anche la foto). Grosse manifestazioni anche a Kirov, Perm’, Tambov, Juzhno Sachalinsk (fino a 10.000 persone).
Michail Pozdnjaev, Il prossimo papa verrà dalla Siberia? Eletto nuovo leader dei cattolici in Russia, «portal-credo.ru», «Novye izvestija» 24 gennaio
Dando la notizia, il commentatore sottolinea quelle che sarebbero, secondo lui, «tre importanti circostanze: il territorio della diocesi di mons. Werth è il più vasto del mondo, con 4 milioni di kmq, e vi operano 50 sacerdoti, provenienti da vari paesi del mondo, mentre solo 5 sono nostri concittadini». Il secondo elemento importante è che mons. Werth è l’unico vescovo russo, nato e vissuto nel nostro paese (altri due vengono dalla Polonia, e uno dalla Germania). Segue una biografia del vescovo, in cui si sottolinea la sua fede cattolica fin dall’infanzia, e l’attivo ministero pastorale: ogni anno 30 giovani della sua diocesi entrano nel seminario di San Pietroburgo, lui vuol consacrare 8-10 sacerdoti e diaconi l’anno. Niente, certo, rispetto alla Chiesa ortodossa, ma rispetto al numero dei cattolici in Siberia, le percentuali superano quelle esistenti in Polonia. La terza circostanza è che questo giovane e dinamico prelato è della generazione di Putin, quindi in grado di far concorrenza alle vetuste autorità ortodosse, che non vogliono entrare in contatto con i cattolici, avviando invece relazioni con le autorità statali, come lui stesso ha detto in un’intervista rilasciata durante una recente visita in Germania.
L’elezione di mons. Werth è un fatto della «grande politica» del Vaticano; lo conferma anche il fatto che per decisione personale di Giovanni Paolo II mons. Werth è diventato ordinario per i greco-cattolici, che vivono principalmente nelle regioni sud-occidentali, vicine all’Ucraina. Il prossimo passo sarà il pontificato?
Il 22 gennaio INTERFAX ha invece riportato il comunicato di saluto di mons. Werth, stilato all’inizio del suo nuovo mandato come Presidente della Conferenza Episcopale russa.
Dal «Corriere della sera», 26 gennaio:
«La mia Ucraina è il centro geografico dell’Europa»
Yushchenko: «Non riesco ad abituarmi a questo volto: ma siamo uomini e non badiamo alle cicatrici»
DAL NOSTRO INVIATO
STRASBURGO - L’Europa per un giorno si è tinta di arancione. Gli stendardi con i colori della rivoluzione pacifica di Kiev sono stati piantati ieri a Strasburgo, dove il presidente ucraino Viktor Yushchenko ha parlato davanti a un’assemblea del Consiglio d’Europa resa elettrica dal passare del soffio della storia.
Decsione strategica, quella del leader di Kiev: insediatosi domenica, è andato lunedì a Mosca per obbligo, per scelta ieri in Europa, a perorare la causa della sua nazione al cospetto dell’organismo che dopo il crollo del Muro di Berlino è diventato per i Paesi orientali la camera di decompressione prima dell’ingresso nell’Ue. Al termine del discorso, Yushchenko ha risposto alle domande del Corriere.
Signor presidente, il suo volto sfigurato dalla diossina è diventato il simbolo del travaglio dell’Ucraina. Come si sente a portare in giro questa faccia bluastra?
«Non riesco ad abituarmi a questo volto e mai lo farò. Ma siamo uomini, e non badiamo alle cicatrici. Ad ogni modo, il certificato medico stilato dai dottori che mi hanno curato dice che, con gli opportuni trattamenti, sono in grado di assolvere ai miei compiti. E questo basti».
L’ex vicepresidente della Convenzione che ha redatto la Costituzione europea, Giuliano Amato, ha affermato che mentre la Turchia ha «elementi europei», l’Ucraina si trova al confine tra Asia ed Europa. Come giudica questa affermazione?
«Non è corretta né dal punto di vista storico né da quello morale. L’Ucraina è un Paese europeo. Non dimentichiamo che lo stesso centro geografico dell’Europa si trova in Ucraina. Ma oggi bisogna anche ricordare la nostra rivoluzione arancione: è nata una nuova nazione, la nostra direttrice è quella europea. Sarebbe strano che proprio in Europa non lo si riconoscesse».
Può essere più specifico nel delineare le aspirazioni europee dell’Ucraina?
«Abbiamo un piano d’azione di tre anni. Dobbiamo formalizzare le nostre relazioni, ottenere lo status di economia di mercato, entrare nell’Organizzazione del Commercio Mondiale, creare un’area comune di libero scambio, facilitare il sistema dei visti. Quindi, al termine del 2007, puntiamo ad avviare i negoziati di associazione con la prospettiva dell’adesione all’Unione. Non vogliamo ripetere il cammino della Turchia: non impiegheremo decenni».
E per quanto riguarda il rapporto con la Nato?
«Abbiamo piani di cooperazione con la Nato, a partire dalle esercitazioni comuni nell’ambito del partenariato per la pace. Ma bisogna ricordare che in Ucraina solo il 2 per cento della popolazione è informato sul carattere e gli obiettivi della Nato. Occorre prima fare un’opera di spiegazione. Dobbiamo avere un’atteggiamento pragmatico, anche se alla fine dovrà prevalere il nostro interesse nazionale».
Come si è sentito lunedì di fronte al presidente russo Vladimir Putin, che ha fatto di tutto pur di impedire la sua vittoria? Per di più, lei gli ha portato un regalo «avvelenato», la nomina a premier di Yulia Tymoshenko, ricercata dalla magistratura russa.
«Con la Russia la prima cosa da fare è sciogliere i problemi di fiducia reciproca. La mia visita a Mosca mirava proprio a stabilire questa fiducia. Poi vogliamo vedere nascere delle prospettive concrete: abbiamo preparato un pacchetto di accordi economici e umanitari da realizzare entro la fine del 2005. Per quanto riguarda il caso Tymoshenko, ho ricevuto da Putin una risposta accettabile. Punto».
Lei domani andrà ad Auschwitz: che cosa significa per lei questa visita?
«La parola Auschwitz l’ho imparata prima di altri in Ucraina, perché mio padre è stato internato lì. Andriy Yushchenko, insegnante di villaggio e soldato sovietico, venne ferito e portato prigioniero ad Auschwitz: il suo numero era l’11367, tatuato sul petto. Fu uno dei 95 sovietici sopravvissuti. La mia famiglia non ha dimenticato le storie di mio padre. Ho già condotto lì i miei figli e spero di condurci i miei nipoti. Ho riportato a Kiev un pugno di terra di Auschwitz e ho lasciato lì un pugno di terra del posto dove sono nato. Auschwitz è il simbolo del male per tutte le nazioni».
L’esposto di venti deputati russi «Abolire le organizzazioni ebraiche»
«La maggioranza delle azioni antisemite che si verificano nel mondo sono pianificate dagli stessi ebrei, a scopo provocatorio». Ancora: «Il mondo democratico è al giorno d’oggi sotto il controllo finanziario e politico degli ebrei», ragione per cui si richiede la messa al bando di tutte le organizzazioni ebraiche, perché non si può essere tolleranti verso «il peccato, il male, l’eresia». Sembrerebbero le parole di un documento storico del regime nazista. Sono, invece, stralci dell’esposto presentato alla Procura generale moscovita e sottoscritto da 20 deputati della Duma, la camera bassa del Parlamento russo, insieme a più di 500 cittadini. Una lettera pubblicata sul sito www.rusprav.ru, sotto la quale compaiono le firme di politici nazionalisti (il principale promotore è Aleksandr Krutov, deputato del partito nazionalista Rodina), ma anche comunisti e liberal-democratici. L’esposto, presentato alla Procura su carta intestata della Duma, è stato ritirato ieri mattina dagli stessi firmatari dopo le proteste dell’ambasciata di Israele a Mosca. In Russia l’antisemitismo sta assumendo dimensioni drammatiche: numerose le violenze compiute dai circa 50 mila naziskin russi, l’ultima una settimana fa a Mosca, quando due rabbini sono stati aggrediti a colpi di bottiglia.
«Kommersant», il 26 gennaio, p. 7, annuncia che i deputati hanno improvvisamente ritirato l’esposto, per motivi tecnici, e vogliono rielaborarlo adeguatamente per consegnarlo al Ministero della Giustizia.
«Lenta.ru» aveva pubblicato, in data 17 dicembre, notizia di un emendamento proposto dal Comitato della Duma, per essere discusso in prima lettura, alla legge che regola i «visti di entrata e di uscita dalla Federazione Russa», in cui si prevedeva la possibilità di rifiutare il visto, oltre che ai malati di AIDS e ai tossicodipendenti (quindi, per visti superiori ai 3 mesi, si rendeva necessario presentare apposita documentazione), ai cittadini stranieri che «abbiano compiuto atti palesemente irrispettosi» nei confronti dello Stato, delle autorità federali, dei simboli della Federazione Russa o di valori in essa universalmente accettati. D’altro canto, lo stesso emendamento prevedeva facilitazioni a categorie particolari, tra cui giornalisti e corrispondenti stranieri. L’emendamento però finora non ha avuto corso.
Decreto ufficiale: il vescovo Boleslav Sloskans è un «confessore della fede», «Svet evangelija» 16 gennaio, p. 4
Il 19 dicembre il decreto di Giovanni Paolo II ha segnato ilo primo passo nel processo di santificazione del vescovo lettone (1893-1981), ordinato prete a Pietroburgo nel gennaio 1917 e segretamente consacrato vescovo da D’Herbigny nel 1926. Dal 1927 (subito dopo essere stato nominato Amministratore apostolico di Mogilev e Minsk) al 1933, Sloskans fu internato alle Solovki e successivamente in un lager della Siberia, finché le autorità lettoni non lo riscattarono attraverso uno scambio di prigionieri.