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Rassegna stampa, 27 novembre 2003

Autore:
Scalfi, Romano



Primo piano: incontro tra Aleksij II e i leader spirituali del Caucaso

Oleg Nedumov, I leader religiosi si occuperanno della Georgia, "Nezavisimaja gazeta", 26 novembre, p. 5
Incontro fra il patriarca Aleksij e il patriarca georgiano Il'ja II, il patriarca armeno Garegin II e il capo della direzione dei musulmani del Caucaso Allahshukjur Pasha-zade: un incontro programmato fin da maggio, e rimandato a causa dello stato di salute del patriarca. Il'ja ha commentato la situazione del suo paese sottolineando che Shevarnadze, con cui aveva parlato il giorno prima, ha comunque saputo evitare uno spargimento di sangue. L'autore aggiunge che con Shevarnadze la Chiesa ortodossa aveva avuto grossi privilegi, divenendo di fatto la religione di Stato, anche se in autunno era scoppiato un conflitto dovuto al tentativo del presidente di stipulare un accordo internazionale con il Vaticano. Forse proprio questo fatto potrebbe aver trattenuto la Chiesa ortodossa dall'appoggiare, sia pur indirettamente, Shevarnadze nella sua battaglia contro l'opposizione.
Un tema che sarà trattato nell'incontro è la possibilità di creare un Consiglio dei capi delle confessioni religiose della CSI, una struttura di coordinamento che possa contribuire a superare i conflitti interreligiosi nei territori ex sovietici.

Un articolo di Marina Kozhushko intitolato Kiev si prepara alla "rivoluzione di velluto" ventila l'ipotesi che le presidenziali in Ucraina, possano avere uno sviluppo simile a quelle della Georgia.
Si attendono per l'indomani manifestazioni massicce dell'opposizione ucraina a Kiev, che dovrebbe portare in piazza circa 10.000 persone. L'articolista rileva però che in Ucraina la situazione è diversa dalla Georgia, perché l'opposizione è frazionata e c'è una lotta tra i diversi gruppi. Inoltre, antirussa com'è, difficilmente potrà contare sull'appoggio che Mosca ha dato all'evoluzione pacifica degli eventi in Georgia.

Viene sottolineato più volte, sulla stampa e nei siti religiosi, il tandem Putin-Aleksij particolarmente attivo nelle ultime settimane. Lo mette in rilievo "Izvestija", 27 novembre, p. 2; "Rossijskaja gazeta", 27 novembre, p. 4, con un articolo intitolato Base spirituale per il Caucaso, e una foto in cui sono ripresi, al tavolo delle trattative, Putin e Aleksij insieme ai leader spirituali del Caucaso. Il presidente ha ringraziato i partecipanti per il loro operato in favore della pacificazione e della comprensione reciproca, e l'autore sottolinea in qualche modo il ruolo di mediatore svolto nell'incontro da Aleksij, che ha consegnato al presidente una copia dell'Appello alla pace e alla collaborazione stilato dai leader riuniti (Il testo è apparso sul servizio stampa del patriarcato, 26 novembre). L'intervento di Putin all'incontro fra i leader religiosi della Russia e del Caucaso è messo in risalto inoltre, negli stessi termini, da una nota di "Religione e società" (newsru.com), 26 novembre.
Come fa rilevare Maksim Zubov, su portal-credo.ru, 26 novembre, "per tutto il mese il patriarcato è stato al centro dell'attenzione, consolidando il proprio peso politico", e "si trasforma in uno degli strumenti del processo politico, in particolare di politica estera". Tenendo presente che Putin ha riservato alla politica estera un'attenzione maggiore rispetto a tutte le altre sfere, la "trasformazione del Patriarcato in una delle "commissioni presidenziali" è sempre stato un interesse primario del presidente".

Pavel Korobov, Preti al posto dei commissari politici, "Kommersant", 26 novembre, p. 7
Il 25 novembre al Centro culturale delle forze armate della Federazione Russa si è svolto il convegno "Patria. Esercito. Chiesa", in cui generali e clero si sono accordati su come incrementare il senso patriottico delle forze armate.
Il convegno è stato aperto dal metropolita Juvenalij che ha sottolineato che, "dopo il crollo della barriera ideologica che divideva Chiesa e Stato, ha cominciato a sparire lo stereotipo dell'estraneità della Chiesa dall'esercito", aggiungendo che la Chiesa non può non essere preoccupata dalla "mancanza di amore e disponibilità a sacrificarsi per la patria da parte dei giovani", e che la Chiesa è pronta ad aiutare con tutte le forze l'esercito, perché "la disponibilità a sacrificarsi combattendo per la patria da parte dei cristiani è equiparabile a un carisma religioso".
Il generale colonnello Reznik, preposto al lavoro educativo nel ministero della Difesa, ha detto che circa un terzo dei soldati si dichiara credente, ma solo il 60% di questi si identifica in una confessione concreta (per la maggior parte ortodossia e islam).
Si è constatato che in quasi tutti i ministeri legati alle forze armate esiste una chiesa, e che in epoca postsovietica nelle caserme sono state costruite oltre 100 chiese. Unica voce discordante (e inascoltata) nel coro è stata quella del capitano Rabcev, presidente della comunità dei vecchi credenti di Mosca, che ha sottolineato i rischi di una politicizzazione della difesa della patria, e di un'identificazione della lotta contro banditismo e terrorismo con uno scontro di civiltà.
Il primo documento che regolamenta i rapporti tra Chiesa ortodossa russa e forze armate è stata la dichiarazione comune del 2 marzo 1994 tra il patriarca e il ministro della difesa, in occasione della quale è stato creato un comitato di coordinamento.
Il 18 luglio 1995 è stato creato il Dipartimento sinodale per la collaborazione con le forze armate.
La notizia è ripresa anche da blagovest-info, 26 novembre, dove si sottolinea che nella diocesi di Mosca dei sacerdoti si occupano della cura d'anime di 192 unità militari.

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