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Rassegna stampa, 4 febbraio 2004

Autore:
Scalfi, Romano



Un parere fuori dal coro, intervista a padre Georgij Mitrofanov, "religare.ru", 30 gennaio
Padre Georgij Mitrofanov, 44 anni, è uno storico, docente del Seminario e dell'Accademia teologica di Pietroburgo, attualmente membro della commissiona patriarcale nelle trattative con la Chiesa ortodossa russa all'Estero. Nell'intervista a cura di Filipp S°c°ipkov, il sacerdote ortodosso si fa portavoce di alcune preoccupazioni sostanziali per la vita e la presenza della Chiesa ortodossa oggi.
In primo luogo, il problema del rapporto tra Chiesa in quanto istituzione sociale e la società civile: "Le tendenze dominanti nello sviluppo della società nel XX secolo - asserisce padre Georgij - vedono il graduale consolidarsi del ruolo delle organizzazioni sociali nella vita dello Stato. È necessario intensificare la partecipazione della Chiesa proprio alle iniziative promosse dalla società. La sinfonia tra Chiesa e società è la prospettiva più feconda di sviluppo nelle relazioni Stato-Chiesa. La Chiesa dev'essere rappresentata dai suoi laici nelle diverse organizzazioni sociali, politiche, culturali, caritative. Oggi le si può rimproverare di non avvalersi sufficientemente di questa forma di collaborazione con la società. Sintomatica l'esperienza delle elezioni di dicembre, in cui di fatto la Chiesa ortodossa non era praticamente rappresentata in nessuno dei partiti principali. L'unico candidato che si presentava con la benedizione della Chiesa ha subito una sconfitta clamorosa, sebbene l'autorevolezza della Chiesa nella società sia ben più grande dell'1,5% ottenuto dal Partito Popolare".
Come spiegare il fenomeno? È perché nella società è radicata l'idea che la Chiesa non debba occuparsi di politica? "Purtroppo, - risponde padre Georgij - oggi la società non ha un'idea precisa di Chiesa e di come rapportarsi ad essa. Io credo che quanto è avvenuto alle elezioni sia semplicemente un segno dell'inadeguata comprensione da parte della Chiesa del ruolo dei laici, sia nella vita della società che in politica. Il problema non è formare un partito politico ortodosso clericale. Già il Concilio del 1917-1918 aveva ammesso il pluralismo di visioni politiche tra i cristiani. Sono convinto che gli ortodossi possano partecipare all'attività di più partiti politici, ad eccezione di quelli comunista e fascista".
Padre Mitrofanov è molto sobrio circa le convinzioni religiose di Putin: "Il capo di uno Stato laico non vieve fuori del contesto concreto storico-culturale del suo paese. L'ortodossia è la religione che ha plasmato la cultura russa. Se il presidente si fa il segno di croce entrando in una chiesa ortodossa, per me non è ancora una riprova della sua profonda religiosità personale: si comporta semplicemente in modo corretto dal punto di vista storico-culturale. Se poi riteniamo che il presidente Putin abbia una profonda religiosità personale, da lui espressa in questo gesto, perché dovremmo privare il presidente del diritto di professare la religione che ritiene più conveniente per sé?". Ritorna subito al problema di fondo, della presenza della Chiesa all'inhterno della società, una presenza che non deve avere paura di usare tutti i mezzi che il mondo odierno le mette a disposizione: "Va superata la tendenza a considerare la Chiesa un relitto del passato, un'istituzione arcaica che non è in grado di rispondere alle domande della contemporaneità. La Chiesa di Cristo ha una risposta per tutte le domande che si pongono al consorzio umano, e deve assolutamente imparare a lavorare nella sfera della politica dell'informazione e dei mass media. Gran parte della gente non va in chiesa e la società può imparare a conoscere la Chiesa solo attraverso l'informazione che questa le offre. Tutti leggono i giornali, e va detto che la stampa ortodosso è costituita in gran parte da pubblicazioni marginali e dilettantesche".
Ma allora, per la Chiesa oggi è prioritario il lavoro sociale? Padre Georgij risponde senza esitare: "La priorità, naturalmente, è l'annuncio di Cristo risorto, ma questo annuncio deve rivestirsi di forme che lo rendano il più possibile accessibile alla società, all'interno della quale la Chiesa vive e predica. Bisogna parlare di Cristo alla società secolarizzata, a partire da un giudizio sui problemi che preoccupano questa società. I fondamenti della dottrina sociale della Chiesa ortodossa russa sono la prima esperienza di questo genere". In riferimento anche alla recente esperienza di incontro con la vita della Chiesa russa all'Estero, padre Georgij aggiunge: "La nostra Chiesa vive nell'illusione che per decenni il potere non ci abbia consentito di essere ortodossi, e che non appena gli ostacoli scompariranno definitivamente la religiosità immanente al popolo russo affiorerà spontaneamente. Ma non è affatto così. Bisogna varcare la soglia della chiesa, uscire fuori e svolgere un'attività missionaria ed educativa in forme che possano essere comprensibili per una società che ha smarrito la propria identità ecclesiale, qual è oggi appunto la Russia".
Molto equilibrata è la sua risposta sulla lingua liturgica da usare: "Non mi sconvolge l'idea che da noi possano esistere chiese che celebrino in una lingua slava ecclesiastica opportunamente redatta in modo da renderla più comprensibile, e di chiese in cui le funzioni si svolgano in russo, purché la traduzione abbia un livello teologico adeguato. Rinunciare allo slavo ecclesiastico significa impoverire la nostra cultura, la nostra tradizione spirituale. Al tempo stesso però non bisogna credere che il desiderio di ascoltare la liturgia in russo sia segno di una falsa religiosità. Qui si può ammettere il pluralismo".
Infine, fuori da ogni schema sono le sue risposte su temi particolarmente scottanti, quali i rapporti ecumenici: ammettendo che si fa fatica "a immaginarsi che possa avvenire l'unione delle Chiese in questo mondo, per questo occorrerebbero dei segni evidenti dell'Apocalisse", padre Georgij ravvisa nell'idea, abbastanza diffusa tra i fedeli ortodossi, che i cattolici siano i loro peggiori nemici, dei "complessi xenofobi sovietici, che - ahimè - non sono estranei a buona parte del nostro clero. La Chiesa cattolica romana possiede senz'ombra di dubbio la grazia, e senz'ombra di dubbio realizza l'opera di Dio sulla terra, secondo la concezione che ne hanno i cattolici". Sul fenomeno del diffondersi del protestantesimo: "La Russia potrà essere ortodossa, oppure atea, ma protestante mai. Oggi il nostro paese è molto più ateo che ortodosso. I successi del protestantesimo si basano sull'inadeguatezza del nostro operato, perché i protestanti russi sono persone che noi, sacerdoti ortodossi, non abbiamo ascoltato oppure di cui non ci siamo curati".
Infine, quanto al problema della "concorrenza fra cristiani che professano la fede nel medesimo Dio", come si esprime l'intervistatore, risponde: "È lo sviluppo odierno della società che pone le confessioni cristiane in questa situazione di concorrenza. Mi meravigliano le pretese sollevate da alcuni sacerdoti ortodossi nei confronti di cattolici e protestanti in Russia circa il proselitismo. È la Chiesa ortodossa che deve cominciare a fare lei stessa proselitismo! Tra le vittime del proselitismo ortodosso si contano il grande predicatore Serafim Rouse, lo straordinario teologo francese Olivier Clément. C'è da sperare che queste vittime diventino sempre più numerose, così che possiamo superare il complesso di inferiorità ortodosso che ci impedisce di credere nelle nostre forze".

Dichiarazione dei "cattolico-ortodossi" russi, portal-credo.ru, 4 febbraio
Nel corso di un incontro informale svoltosi in dicembre a Mosca, i rappresentanti di alcune comunità greco-cattoliche russe, insieme ad alcuni ortodossi che aspirano alla piena unione con la Chiesa cattolica, hanno firmato una Dichiarazione che espone la loro posizione ecclesiale e le intenzioni ad essa collegate. Tra i firmatari della Dichiarazione sono il sacerdote greco-cattolico sergij Golovanov (Oms), il rappresentante della comunità greco-cattolica di Pietroburgo Pavel Parfent'ev e il rappresentante di una delle comunità greco-cattoliche russe di Mosca, e inoltre i sacerdoti ortodossi igumeno Innokentij Pavlov, e Jakov Krotov, attualmente nella giurisdizione della Chiesa ortodossa apostolica. Sta proseguendo la raccolta di firme tra i fedeli che appoggiano la Dichiarazione. Riportiamo integralmente il documento:

Dichiarazione dei cattolici ortodossi russi di tradizione bizantina



1. Noi, cristiani russi di tradizione bizantina, residenti in Russia e all'estero, desideriamo essere in piena comunione con la Chiesa universale di Cristo e professiamo la Santa Sede Apostolica Romana come centro stabilito da Dio e fondamento della sua unità visibile sulla terra. Come cristiani, siamo certi di avere il diritto e il dovere di restare in unione con la Chiesa universale (cattolica) e con la Santa Sede, nell'unità di dottrina, sacramenti e governo.
2. Noi viviamo secondo la religiosa tradizione spirituale, custodita e accresciuta dal nostro popolo fin dai lontani tempi in cui il Santo principe Vladimir e tutta la sua terra accolsero la luce della verità di Cristo. All'inizio del XX secolo il Papa san Pio X, seguendo i suoi predecessori, proclamò che i cattolici russi di tradizione bizantina dovevano seguire le proprie tradizioni religiose nella loro integralità: "nec plus, nec minus, nec alter". Questo principio venne ratificato dal sinodo di Pietrogrado della Chiesa Greco-cattolica Russa nel maggio 1917, e fu successivamente confermato più volte dalla Chiesa universale. Spinti da queste numerose indicazioni dell'autorità ecclesiale e dall'antica consuetudine della Chiesa, desideriamo custodire la nostra eredità spirituale intatta, permanendo in unione di intenti con la Santa Sede Apostolica.
3. Siamo certi, trovandoci in unione con tutta la Chiesa universale, che per volontà del Signore Gesù Cristo unisce le diverse venerabili tradizioni cristiane intorno a Pietro, di essere un segno visibile della possibilità di un'unità autentica dei cristiani nell'amore e nella verità, e lavoriamo con zelo per il suo raggiungimento.
4. La nostra Chiesa, accanto alle altre Chiese cattoliche orientali, è una Chiesa sui juris in comunione con la chiesa universale. Nel 1917, il venerabile Servo di Dio metropolita di Galizia Andrej Szeptyckij, usando dei poteri straordinari conferitigli dalla Sede Apostolica, fondò un Esarcato per i cattolici russi di rito orientale, affinché i fedeli della nostra Chiesa avessero una conveniente guida gerarchica e cura pastorale. Negli anni del potere sovietico, la nostra Chiesa subì dure persecuzioni, i fedeli e il clero furono sterminati, e i nostri Esarchi, il beato Leonid Fëdorov e il beato Klimentij Szeptyckij che prese il suo posto, offrirono la loro vita a testimonianza di Cristo come martiri. Oggi possiamo di nuovo confessare liberamente la nostra fede, ma la sede esarcale è vacante e noi viviamo gravi difficoltà, essendo privi di una guida gerarchica: spesso avviene che i nostri bisogni siano ignorati e non compresi, i nostri fedeli non hanno pastori, e l'esistenza stessa della nostra chiesa non viene riconosciuta. Siamo certi che per la soluzione di tutti questi problemi sia necessario nominare un Esarca, o almeno un Rappresentante della Sede Apostolica per i cattolici ortodossi russi di tradizione bizantina residenti in Russia e all'estero, che ci unisca e ci guidi, diriga la nostra vita ecclesiale, e attraverso cui noi tutti possiamo ricevere sostegno e cura pastorale da parte della chiesa. Vogliamo umilmente chiedere la sua nomina alla Sede Apostolica.


Pavel Korobov, La Chiesa ortodossa ottiene le pensioni, "Kommersant", 4 febbraio, p. 8
Il patriarca ha ottenuto un aumento delle pensioni per i sacerdoti: in epoca sovietica i preti non avevano diritto alla pensione, e sono stati equiparati agli altri cittadini solo nel 1990, ma dato che i loro libretti di lavoro partono solo da quell'anno, ricevono pensioni minime, inferiori di 400-500 a quelle medie esistenti nel paese. Inoltre, anche i monaci riceveranno la pensione. La richiesta rivolta da Alessio II a Putin è stata accolta dal capo del Fondo pensionistico Michail Zurabov.
Dal canto suo la Chiesa si è impegnata a pagare per ogni prete e monaco dei contributi al fondo pensionistico, e a farsi portavoce sui mass media della necessità di una riforma del sistema pensionistico.

O. Nedumov, D. Šchipkov, La Chiesa separa business e politica, "Nezavisimaja gazeta", 4 febbraio, p. 3
Il documento "Raccolta di principi e norme etiche in campo economico", è stato proposto all'esame dei partecipanti all'VIII Concilio Mondiale Popolare russo (cfr. Rass. 23 gennaio), apertosi il 3 febbraio a Sergiev Posad, alla cui elaborazione, oltre agli economisti, ha partecipato anche padre CHaplin.
Nel documento si fa appello alla necessità di separare potere politico ed economico, e alla trasparenza e onestà.
Il ritornello ricorrente al Concilio è stata l'idea che Chiesa e stato debbono collaborare più attivamente per rafforzare le posizioni della Russia nell'arena internazionale.
"Sono convinto che sia arrivato il momento di ricomprendere il significato dell'ortodossia nella storia mondiale. Le sfide del tempo inducono ad unirsi i paesi e le nazioni affini per cultura, visione e tradizione spirituale. La Chiesa ortodossa russa desidera servire la causa dell'unità e della fratellanza dei popoli ortodossi", ha dichiarato il Patriarca nel suo intervento al forum.
Il ministro degli Esteri Ivanov ritiene che "l'appartenenza alla tradizione ortodossa sia garanzia di solidità dei nostri legami con i paesi dell'Europa orientale". Secondo le sue parole, "una parte irrinunciabile degli sforzi per affermare il ruolo originale della Russia nell'arena mondiale è la collaborazione tra la diplomazia russa e la Chiesa ortodossa russa".

Dichiarazioni di Kirill sul Congresso Popolare, "Novosti", 2 febbraio
Il metropolita ha dichiarato che la manifestazione è aperta ai vecchi credenti, e ha sottolineato che quest'anno vedrà la presenza di una delegazione della Chiesa ortodossa russa all'Estero e di rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse locali. Non vi saranno invece rappresentanti di altre confessioni, dato che il tema è "La Russia e il mondo ortodosso".

Intervento di Kirill al Congresso Popolare, "servizio-stampa del Patriarcato", 3 febbraio
Il metropolita ha dichiarato che il tema "La Russia e il mondo ortodosso" può essere svolto appieno solo ora, che "la Russia ha cominciato a prendere coscienza di sé come un paese in maggioranza ortodosso, che ha ereditato la ricca tradizione dell'ortodossia non solo sul piano spirituale e culturale, ma anche sociale, politico, economico". Sottolinea inoltre che l'attuale politica statale "è un importante passo sulla via del ritorno della Russia al suo ruolo storico di protezione e difesa delle Chiese ortodosse nei paesi in cui i protestanti sono una minoranza religiosa" (cfr. il caso dell'Estonia). Gli ortodossi nel mondo sono circa 300 milioni, oltre metà dei quali sono legati alla Chiesa russa. Questo assegna un ruolo leader alla Chiesa ortodossa russa, nonostante il riconoscimento che tutte le Chiese hanno uguale dignità, indipendentemente dal numero dei loro membri. Insomma, la Chiesa ortodossa russa ha un ruolo decisivo per una riscoperta a livello mondiale dell'ortodossia, visto anche che in Europa entreranno (o sono già entrati, es. ea Grecia) paesi ortodossi.

Dichiarazioni di Kirill sull'accusa di collaborare con Saddam Hussein, "Interfax", 2 febbraio
Nel corso di una conferenza-stampa, il metropolita ha dichiarato che la campagna di accuse alla chiesa di collaborare con il regime di Saddam Hussein è opera di "ateisti sovietici. Siamo vissuti per 80 anni in uno stato dominato dall'ateismo, e gli atei di professione che combattevano contro la Chiesa non sono affatto scomparsi"; secondo lui, la Chiesa sarebbe periodicamente oggetto di interessi negativi, sebbene "il mitico commercio di petrolio con l'Iraq non sia mai esistito e possa essere frutto solo di una mente malata".

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