Rassegna stampa, 6 marzo 2004
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Sul Forum interreligioso per la pace
Aleksandr Soldatov, Truppe speciali con la barba, "Moskovskie novosti", 5 marzo
La proposta più originale al Forum - esordisce l'autore - è venuta dal Catholikos della Georgia, di creare un contingente speciale di "pacificatori" che nelle zone calde dovrebbero dissuadere i belligeranti da azioni armate.
La proposta non è stata ripresa, e in genere al Danilovskij si respira un clima di entusiasmo per la "magnifica atmosfera" che si respira in epoca post-sovietica nelle relazioni tra "confessioni tradizionali" e autorità statali.
In realtà, obiettivamente bisogna dare un giudizio diverso sulla situazione della libertà religiosa nei paesi della CSI - fa rilevare l'autore. I maggiori problemi sono in Turkmenistan, dove il regime di Nijazov ha vietato l'attività di tutte le confessioni eccettuato l'islam sunnita e la Chiesa ortodossa russa. Con la scusa della lotta ai fondamentalismi cadono tutti i musulmani che non vogliono subordinarsi alle strutture ufficiali in Azerbajdzhan, Uzbekistan e Kazachstan. Bielorussia e Georgia hanno firmato con i patriarcati di Mosca e della Georgia particolari accordi concordatari in contraddizioni con le norme del diritto internazionale. La parola "missionarietà" è sovente diventata sinonimo di crimine, e protestanti e cattolici si vedono limitati nei propri diritti.
Nonostante tutto, nel documento finale del Forum si legge: "Nella maggior parte dei paesi della Confederazione degli Stati Indipendenti le relazioni interreligiose sono pressoché ottimali"; anzi, si propone all'Occidente di far propria l'esperienza postsovietica delle relazioni Chiesa-Stato. Il metropolita Kirill ha fatto inserire nel documento finale il suo termine preferito "modello di civiltà", dicendo che l'Occidente impone il suo a tutto il mondo, e turbando così lo stile di vita tradizionale dei diversi popoli. Questo "modello" sembrerebbe il nemico principale delle confessioni presenti nella CSI, "provoca conflitti, crea un terreno di cultura per umori estremistici".
Frutto del Forum è stata la creazione di un Consiglio interreligioso della CSI sotto l'egida della Chiesa ortodossa russa, che dovrebbe consolidarne il "ruolo in politica estera": essa cerca infatti di conquistare lo status di "soggetto indipendente di relazioni internazionali", una sorta di "Vaticano ortodosso", la cui giurisdizione e influsso si estenda ben oltre i confini dello Stato entro cui esiste.
Al Consiglio interreligioso parteciperanno 40 leader, "portal-credo.ru", 6 marzo
Si tratta di rappresentanti delle 4 confessioni religiose principali della CSI; di essi, 22 entreranno nel presidium 9 cristiani, 8 musulmani, 4 ebrei e 1 buddista. Come co-presidenti stabili sono stati eletti il patriarca Aleksij e il capo dei musulmani del Caucaso Allachshukjur Pasha-Zade. In futuro verranno eletti altri 2 co-presidenti. I Forum conitnueranno a svolgersi ogni 3 anni, il prossimo sarà nel 2007 a Baku.
Daniil Scipkov, Kirill ha superato Nazarbaev. Sotto l'egida della Chiesa russa si crea il Consiglio interreligioso della CSI, "Nezavisimaja gazeta", 3 marzo
Commento al Forum (più o meno nello spirito del precedente articolo, sebbene in termini più pacati), con la sottolineatura del successo rappresentato per l'OVCS, che è riuscita a imporre la propria linea e il proprio primato, "driblando" il presidente del Kazachstan che nel settembre scorso aveva convocato un'assemblea di contenuto analogo proponendo che diventasse un organo permanente con sede in Kazachstan.
Chiesa-Stato
Intervista al metropolita Kirill, a cura di K. Vasilenko, "Grazie a Dio, oggi lo Stato non si ingerisce negli affari della Chiesa", "Vremja novostej", 4 marzo
La Chiesa ortodossa russa durante l'epoca Putin è diventata una delle istituzioni più forti e influenti. Kirill riferisce al corrispondente circa le relazioni Stato-Chiesa in epoca postsovietica: "Gli ultimi anni sono caratterizzati da un rilevante incremento della presenza ortodossa nella vita della società russa attuale. Dal 1988 ad oggi si è passato da 67 diocesi a 130; da 7.000 parrocchie a oltre 23.000; da 21 monasteri a 635 oltre a più di 200 eremi e loro filiali". Si osserva un "costruttivo e rispettoso dialogo con il potere laico a tutti i livelli, dialogo volto ad assicurare la salute morale del popolo, della famiglia e della persona. Come efficace meccanismo di tale collaborazione si evidenziano gli accordi di collaborazione tra la Chiesa ortodossa russa e molti ministeri e dicasteri". Come elemento positivo di collaborazione si sottolineano i tre "Concili mondiali del popolo russo" (NB. di impronta quanto mai fondamentalista), l'ultimo dei quali si è svolto nel gennaio scorso (cfr. rassegne di gennaio).
Inoltre, "come Chiesa più numerosa dell'ortodossia, il patriarcato di Mosca ha ampliato e consolidato la sua presenza nell'arena internazionale. Essa, che riunisce i fedeli di tutti i territori ex-sovietici, è tradizionalmente la promotrice del dialogo interreligioso e interconfessionale per la pace in Russia e nei paesi della CSI. Questa posizione è molto apprezzata dai leader politici e religiosi degli stati che ne fanno parte".
Si ribadisce che "negli ultimi anni le relazioni tra Stato e Chiesa sono molto equilibrate e tranquilli. La Chiesa condivide gli ideali di operato comune, giustizia sociale e prosperità della Patria terrena".
Lo Stato non esercita alcun controllo sulla vita interna della Chiesa, anche se ogni tanto - depreca il metropolita Kirill - affiorano tentazioni e desideri di far risorgere il "Soviet per gli affari religiosi".
Aleksandr Morozov, La tentazione dell'ortodossia, "Vremja novostej", 4 marzo
Il primo mandato di Putin, che va in chiesa e ha fatto conoscere ai russi anche il suo padre spirituale, a prima vista sembra un periodo di fioritura della collaborazione tra Chiesa e Stato. Il presidente però (nonostante la comunanza di posizioni su vari argomenti tra cui l'educazione patriottica dei giovani fino al nuovo ruolo pacifista della Chiesa), è riuscito a mantenere il principio costituzionale della separazione della Chiesa dallo Stato.
Il decennio degli anni '90 viene definito dall'autore come "alleanza patologica tra comunisti e patriarcato. I cosiddetti "patrioti" sono stati l'unico segmento di opinione pubblica che ha conservato il monopolio sull'ortodossia". Tra Chiesa e Stato non c'è stata collaborazione, quanto commercio: cercando di suscitare i sensi di colpa dello Stato per il passato, il patriarcato ha cercato di farsi restituire e restaurare il più possibile edifici, di penetrare nell'esercito e nella scuola, di non far ammettere la creazione di organi del potere esecutivo che lavorassero con le altre confessioni .
Con l'avvento di Putin sono iniziati sistematici cambiamenti. La sua posizione è irreprensibile: religiosità privata (va in provincia a celebrare le grandi feste), e attivo impiego del proprio peso politico nei processi su grande scala (tentativi di favorire l'unione con la Chiesa ortodossa all'estero, di favorire il dialogo con il Vaticano, visita a Kiev al metropolita Vladimir). Su una serie di richiesti pressanti del patriarcato invece non si è ancora espresso: la "cultura ortodossa" continua a restare una materia facoltativa nelle scuole, l'istituzione dei cappellani ortodossi nell'esercito non è all'ordine del giorno, il problema dei beni religiosi in possesso dei Musei è stato risolto in favore di questi ultimi, e anche la cessione di terreni alla Chiesa sta avvenendo con grandi limitazioni.
In questo senso Putin ha dato il giusto tono alla classe politica a lui subordinata, e che risente di tre fattori strettamente intrecciati: la vita religiosa dei russi (l'ultimo sondaggio di ROMIR ha indicato che i russi ne stanno approfondendo i contenuti), gli interessi corporativi del patriarcato e le intenzioni di parte della classe politica di avvalersi della retorica "moral-spirituale".
Attualmente alcuni ideologi propongono a Putin di usare più attivamente, nel secondo mandato, la fiducia della popolazione nella Chiesa. Interessante l'idea, emersa in dicembre, di creare un "Comitato dell'ideologia nazionale", e molto popolari le idee di creare una sorta di "élite ortodossa" per controbilanciare quella islamica all'interno della società russa..
Appare tuttavia improbabile che Putin sostenga queste idee anche nel suo secondo mandato, perché un incremento della presenza della Chiesa in politica non corrisponde alle finalità di riforma economica e sociale che ha in mente. Putin auspicherebbe invece il lavoro sociale della Chiesa ortodossa russa, e progetti culturali in collaborazione con il mondo accademico e umanistico. Inoltre Putin ha la straordinaria possibilità di attivare il ruolo internazionale della Chiesa, e come dimostrano gli avvenimenti degli ultimi due anni, è disposto a farlo. Il patriarcato potrebbe incrementare sensibilmente la propria autorevolezza internazionale e il proprio ruolo nelle strutture dell'Unione Europea, promuovendo iniziative unificanti nel mondo ortodosso.
Quindi, secondo l'autore, il vettore politico putiniano nei confronti della Chiesa ortodossa è abbastanza trasparente: più lavoro sociale, nessuna politica, attiva partecipazione ai dialoghi internazionali.
Segue un'interessante cronaca dei rapporti Stato-Chiesa nell'ultimo quadriennio:
-Gennaio 2000. Prima apparizione pubblica di Putin in chiesa davanti alle telecamere, nella chiesa di Cristo Salvatore per la messa di Natale.
-Luglio 2000. Il Ministero della Sanità è il primo dicastero statale, i cui locali vengono benedetti (rito celebrato dallo stesso patriarca).
-Agosto 2000. Prime notizie sul fatto che il presidente ha un direttore spirituale, l'archimandrita Tichon Shevkunov.
-2 agosto 2000. Putin in visita al monastero delle Grotte di Pskov, lascia scritto sul registro degli ospiti: "La Russia e la potenza russa sono impensabili senza un consolidamento delle basi morali della società. Il ruolo e il significato della Chiesa ortodossa sono immensi".
-13-16 agosto 2000. Il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa si rivolge a Putin chiedendo di dare un input alla soluzione del problema dei beni in proprietà alla Chiesa.
-Autunno 2001. Al Cremlino si discutono progetti per ripristinare il Soviet per gli affari religiosi presso il presidente, per regolamentare le relazioni Stato-Chiesa.
-Febbraio 2002. Repentino peggioramento delle relazioni cattolico-ortodosse dopo l'istituzione delle diocesi. Il Ministero degli Esteri dichiara poco dopo "persone non grate" alcuni sacerdoti e un vescovo che svolgevano il ministero in Russia.
-Agosto 2002. Il presidente del comitato della politica agraria del Consiglio federale Ivan Starikov propone degli emendamenti da introdurre nel Codice fondiario, restituendo alle organizzazioni religiose il diritto all'uso a tempo indeterminato dei terreni.
-25 giugno 2003. A Edimburgo, Putin dichiara che le autorità civili della Russia fanno tutto il possibile per avvicinare le posizioni della Santa Sede e della Chiesa ortodossa russa. Pur sottolineando che conosce la posizione del patriarca al riguardo, dice di contare sul fatto che "le relazioni tra la Santa Sede e la Chiesa ortodossa russa si sviluppino in mondo positivo".
-Settembre 2003. Putin si incontra a New York con il leader della Chiesa ortodossa russa all'Estero, e gli trasmette l'invito del patriarca a venire a Mosca.
-Novembre 2003. Giunge a Mosca la delegazione della Chiesa ortodossa russa all'Estero, e iniziano le trattative per l'unione.
-2 febbraio 2004. Il patriarca Aleksij e il presidente del Fondo pensionistico Michail Zurabov firmano un accordo per aumentare le pensioni dei preti.
-3-4 febbraio 2004. L'VIII Concilio russo popolare proclama che la Chiesa deve occuparsi di questioni geopolitiche, e approva inoltre un Codice di principi e regole morali in campo economico, ben presto ribattezzato come il "decalogo del commerciante".
-Febbraio 2004. Su richiesta del Corpo dei Vigili e con la benedizione del metropolita Vladimir di San Pietroburgo nelle chiese ortodosse della città alla fine della liturgia si ricorda ai fedeli l'osservanza delle norme del traffico.
Continuano le reazioni sul patriarcato in Ucraina
L'intervista del card. Kasper a "Nezavisimaja gazeta" (a cura di D. Scipkov) è uscita sul numero di "NG religii" del 3 marzo. All'intervista del cardinale è stata affiancata un'intervista a padre Chaplin (O. Nedumov).
Questi enumera le sue "vittorie": "Sia durante le trattative, sia negli interventi pubblici il card. Kasper ha sottolineato che la Chiesa cattolica ha preso visione delle posizioni delle Chiese ortodosse sulla questione del patriarcato; che i greco-cattolici russi debbono subordinarsi ai vescovi latini e che in Russia non si ha in programma di istituire un esarcato greco-cattolico". Cita inoltre la decisione di creare una commissione mista di lavoro, il cui successo "dipenderà esclusivamente dalla sua capacità di elaborare delle soluzioni accettabili per i fedeli di entrambe le Chiese. Tali decisioni devono togliere il dolore e la preoccupazione degli ortodossi a motivo dell'operato dei cattolici".
Chaplin assicura inoltre che il Vaticano non ha intenzioni o progetti di istituire il patriarcato greco-cattolico, spiega che i cattolici latini hanno una diversa concezione - semplicemente onorifica - di patriarcato, mentre i greco-cattolici l'hanno simile agli ortodossi, cioè come una Chiesa locale autonoma. "Essi aspirano ad ottenere lo status di patriarcato per affermarsi come Chiesa nazionale dell'Ucraina. Ma noi sappiamo che i greco-cattolici sono una minoranza locale", e si dichiara stupito dall'esagerazione delle loro pretese.
Se il patriarcato dovesse essere istituito - dichiara Chaplin: "Come ha detto il patriarca, ci saranno conseguenze catastrofiche per le relazioni tra le Chiese ortodossa russa e cattolica, si metterà una croce sulle loro relazioni per decenni. Non voglio neanche pensare alle conseguenze che avrebbe tale decisione. Spero che il Vaticano si astenga da questo passo".
Ammette poi che rispetto a un anno e mezzo fa, quando la Chiesa ortodossa aveva reso pubblico un elenco di rimostranze ai cattolici russi, "forse ci sono meno casi palesi di proselitismo, anche se continuano a sussistere fatti che suscitano la preoccupazione degli ortodossi" (es. Nizhnij Novgorod).
Sottolinea infine la diversità di posizioni tra i cattolici (proselitisti) e gli ortodossi che non lo sono, e si rammarica che - "mentre Kasper ha una posizione vicina alla nostra" - il Vaticano guardi ai cittadini dei paesi ex sovietici che hanno vissuto la dittatura di un regime ateo, come a gente senzadio che ha bisogno di essere convertita al cristianesimo. In realtà la maggioranza di queste popolazioni sono "ortodosse per fede, battesimo e tradizione spirituale. Oggi ritornano attivamente alla fede dei padri". Un avvertimento: se la Chiesa cattolica continuerà ad occuparsi sconsideratamente di missione, "rischia di perdere tutti i propri amici nel mondo cristiano".
Natalija Kochan, Il tallone d'Achille del Vaticano, "NG religii", 3 marzo
Docente di filosofia di Kiev, cattolica.
Sostanzialmente rimprovera al Vaticano la sua posizione di freddezza e di incomprensione nei confronti della Chiesa greco-cattolica, rispolverando una serie di episodi della vita di Slipyj e di Husar. Rimprovera inoltre di trasformare un'esigenza ecclesiale in un fatto puramente politico.
Intanto, come riporta "religare.ru", 4 marzo, oltre 150 deputati ucraini hanno firmato un appello al papa con la richiesta di concedere alla Chiesa greco-cattolica lo status di Patriarcato.
L'iniziatore della raccolta di firme è Aleksandr Gudyma, deputato del Partito Popolare ucraino, frazione "Nostra Ucraina". All'appello hanno aderito inoltre il Presidente e il vicepresidente dei tatari di Crimea e il presidente della Confederazione delle comunità ebree in Ucraina.
NB. I deputati del parlamento ucraino sono complessivamente 450, e il più ampio schieramento è di 100 deputati: si tratta quindi di un'alleanza trasversale, numericamente significativa.