Russia: Rassegna stampa, 22 marzo 2006
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Rassegna stampa, 22 marzo 2006
Commento di padre Vyzhanov all’intervista di mons. Werth, «sedmica.ru», 17 marzo
Si fa riferimento in particolare alla frase secondo cui, a detta del vescovo sarebbe possibile che in futuro rinasca l’esarcato greco-cattolico in Russia. «Credo, e voglio sperare, che si sia trattato di un lapsus di mons. Werth o di un’interpretazione scorretta delle sue parole da parte del giornalista. A quanto so, mons. Werth aveva ragionevolmente una posizione abbastanza negativa circa i tentativi di creare questo esarcato nel territorio della Russia».
«Per quanto riguarda la decisione del Vaticano di creare una struttura per i greco-cattolici russi, l’anno scorso è stata istituita la carica di Ordinario, occupata dallo stesso Werth. I greco-cattolici non ne sono stati contenti, ma la decisione era stata presa da Roma, tenendo conto – tra l’altro – degli interessi della Chiesa ortodossa russa».
Dal «Corriere della sera», 22 marzo
L’unica misura concreta è la chiusura delle frontiere al presidente Lukashenko, accusato di aver truccato le elezioni
Bielorussia, la Ue rinuncia a imporre sanzioni
Il «fronte della prudenza», Italia inclusa, frena le spinte dei Paesi dell’Est Europa
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES - Il minimo indispensabile. La Ue si prepara a chiudere le frontiere per il leader della Bielorussia, Alexander Lukashenko, formalmente accusato dai 500 ispettori dell’Osce di aver truccato le elezioni di domenica scorsa. Niente sanzioni economiche, nessuna pressione politica per imporre al regime di richiamare i cittadini alle urne.
C’è un fronte interno «della prudenza» che frena la reazione dell’Europa. Dai governi di Germania, Francia, Italia, Portogallo, Belgio e Austria (cui fa capo la presidenza di turno della Ue) arrivano dichiarazioni «ferme» e «severe» (parole usate dal ministro degli Esteri francese Philippe Douste-Blazy), ma nessuna iniziativa diplomatica concreta.
Ben diverso l’atteggiamento degli ex Stati sovietici ora nel club dei 25 (Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria, la Slovacchia, Lettonia, Estonia, Lituania).
Il blocco dell’Est avrebbe voluto una risposta immediata, simile a quella degli americani che, fin da lunedì sera avevano dichiarato che le consultazioni in Bielorussa erano certamente da invalidare. Ma l’altro giorno i ministri della Ue hanno lasciato cadere persino la proposta più simbolica possibile, avanzata dal rappresentante della Repubblica Ceca: invitare il leader dell’opposizione Alexandre Milinkevitch al Consiglio europeo dei capi di stato e di governo che inizia domani sera a Bruxelles.
La spiegazione ufficiale fornita dalle diplomazie è che si voleva aspettare il rapporto completo dell’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), diffuso poi nel pomeriggio di lunedì. E pazienza se Alcee Hastings, presidente dell’Assemblea parlamentare dell’Osce, nei giorni scorsi al lavoro nei seggi di Minsk aveva subito rimarcato: «L’elezione presidenziale non è conforme alle norme internazionali richieste per consultazioni libere e giuste».
In teoria i 25 ministri della Ue avrebbero fatto ancora in tempo a prendere qualche decisione, ma, nella serata di martedì, si sono limitati a inserire un paragrafo di «condanna» nel documento finale del vertice e riaggiornarsi al 10 aprile.
Della crisi bielorussa si discuterà anche nel vertice dei leader europei e si incrocerà con il tema delle relazioni Europa-Russia. Il presidente francese Jacques Chirac e la cancelliera tedesca Angela Merkel cercheranno di contenere le spinte dei nuovi dell’Est, in attesa di capire se ci sia qualche margine di intervento senza entrare in rotta di collisione diretta con Vladimir Putin che ostenta appoggio pieno al regime di Lukashenko.
Negli ambienti diplomatici di Bruxelles, comunque, si considera che sarà molto difficile ripetere lo schema «Ucraina 2004». A prima vista ci sono molti elementi comuni: i brogli, le tende dell’opposizione in piazza, un candidato riconoscibile da appoggiare. Ma questa volta la Ue non sembra avere la forza o la volontà politica per condizionare il corso degli eventi. Ci sarà spazio, al massimo, per interventi, non ancora precisati, di «sostegno alle popolazione». Come dire: l’Europa respinge il leader della Bielorussia, ma non il suo Paese.
Evitare lo scontro con Putin
Dai governi di Germania, Francia, Italia, Portogallo, Belgio e Austria (cui fa capo la presidenza di turno della Ue) sono arrivate dichiarazioni «ferme» e «severe» ma nessuna iniziativa diplomatica concreta, in attesa di capire se ci sia qualche margine di intervento senza entrare in rotta di collisione diretta con Vladimir Putin che ostenta appoggio pieno al regime di Lukashenko
L’indifferenza per l’ultima dittatura d’Europa di FRANCO VENTURINI
In Bielorussia non esistono media o magistratura indipendenti, il Parlamento è soltanto una camera di ratifica, il culto della personalità che circonda Aleksandr Lukashenko ha qualcosa in comune con quello sovietico dell’era staliniana, una nascente opposizione viene continuamente minacciata e spesso perseguitata. La definizione americana di «ultima dittatura d’Europa» dimentica forse qualcuno, ma non è fuori luogo nel descrivere la fortezza bielorussa. Ebbene, domenica in Bielorussia si è votato, e secondo i risultati ufficiali il presidente Lukashenko ha avuto oltre l’82 per cento dei consensi. I 476 osservatori internazionali inviati dall’Osce hanno subito dichiarato non regolari le elezioni, e dure condanne sono venute dalla Ue, dal Parlamento europeo, da diversi governi comunitari, dagli Usa. E i nostri grossi calibri della politica? Con l’eccezione di qualche voce giunta da Strasburgo, silenzio compatto. Curioso, a ben vedere. Curioso perché Berlusconi avrebbe potuto dare qualche concretezza alle sue forzature sulle malefatte «dei comunisti». E curioso anche perché i leader del centrosinistra avrebbero avuto gioco facile nel mostrarsi alfieri di una democrazia che da tempo non ha più scheletri nell’armadio. Oppure quella dell’indifferenza è stata una scelta voluta, la Bielorussia è stata considerata da tutti troppo piccola e troppo ininfluente per meritare un posticino nel fuoco incrociato che porta alle urne del 9 aprile? Se così fosse, l’errore di omissione risulterebbe ancora più grave, perché un governo in carica o prossimo a diventarlo dovrebbe capire senza difficoltà che i fatti di Minsk portano a Mosca. E che i rapporti con Mosca non possono essere oggetto di trascuratezza o dimenticanza.
I russi hanno probabilmente ragione quando dicono che Lukashenko avrebbe vinto comunque. In una regione che durante la seconda guerra mondiale ha perso un terzo della sua popolazione la stabilità è un bene prezioso. Inoltre la Bielorussia ha uno dei più alti tassi di crescita d’Europa, soprattutto grazie alle forniture russe di gas e di petrolio a bassissimo prezzo che vengono poi in parte rivendute a prezzi di mercato (anche alla Ue, più che mai assetata dopo la crisi di Capodanno). Ma il punto politico è che se l’economia tira la Bielorussia rimane comunque un modello estraneo e contrario alle libertà che anche Putin afferma di sottoscrivere. E non può passare inosservato, allora, che mentre da Occidente giungevano forti condanne (dimentichiamo per un attimo i nostri silenzi), da Mosca partivano telegrammi di congratulazioni inneggianti al comune impegno democratico.
Si può capire che dopo le rivoluzioni dal basso in Georgia, in Ucraina e nel Kyrgyzstan il Cremlino sia contento di vedere che la Bielorussia rimane al suo fianco. È noto anche che tra Mosca e Minsk esiste addirittura un progetto di unione, sottoscritto ai tempi di Eltsin. Ma le diverse reazioni dell’Occidente e di Putin davanti al «trionfo» di Lukashenko rafforzano egualmente una tendenza alla divaricazione che ormai da molti mesi si va consolidando, suggerendo persino ad alcuni settori del Congresso Usa l’idea di disertare il G8 di luglio a San Pietroburgo e di tornare a un G7 senza la Russia. Condy Rice ha escluso che ciò possa accadere, pur manifestando critiche severe nei confronti delle molteplici involuzioni democratiche di cui il Cremlino si è reso protagonista negli ultimi due anni.
La Russia e i suoi giacimenti energetici sono troppo preziosi, insomma, perché si possa far salire Vladimir Putin sul banco degli accusati. A San Pietroburgo andranno tutti. Ma conterà, più del solito, quel che gli ospiti avranno il coraggio di dire al padrone di casa. Bielorussia e Lukashenko compresi. Speriamo che almeno allora, sulle stupende rive della Neva, si faccia sentire anche una voce italiana.
Il 22 marzo anche i principali quotidiani russi parlano delle elezioni in Bielorussia, sottolineando l’opposizione degli USA e dell’Europa, e riportando la notizia delle 15 tende dell’opposizione apparse lunedì a mezzanotte sulla Piazza dell’Ottobre a Minsk. Nonostante le insistenti notizie di arresti, il picchetto si è trattenuto fino alla mattina di martedì. Sono state arrestate circa 20 persone, secondo i dati della polizia, in particolare, è stato arrestato il leader Anatolij Lebed’ko.
Il candidato dell’opposizione Aleksandr Milinkevic è stato tutta notte in piazza, la sua intenzione sarebbe di indurre a nuove elezioni per luglio.
iganteschiutto incentrato sui progetti economici comuni.Cina.In questo modo, la repubblica popolare cinese diventerebbe indipe
La Grecia respinge il progetto-legge sulla separazione della Chiesa dallo Stato, «mospat.ru», 16 marzo
Il progetto (presentato dai comunisti insieme ad alcuni deputati indipendenti) è stato bocciato il 15 marzo dalla commissione parlamentare per l’istruzione.
La visita di Putin in Cina, «Kommersant», 22 marzo
I memorandum firmati il 21 marzo testimoniano che tra i due paesi è stata stipulata un’alleanza energetica senza precedenti, che consentirà a Pechino di aumentare la propria sicurezza energetica, e a Mosca di vendere con profitto petrolio, gas ed elettricità. Con questi memorandum si è dato il via, infatti alla preparazione di contratti a lungo termine: nel corso dei prossimi 15 anni la Russia potrebbe diventare il principale fornitore di energia in Cina.In questo modo, la repubblica popolare cinese diventerebbe indipendente dalla politica estera degli USA e dell’Europa occidentale. Verranno costruiti due giganteschi gasdotti Russia-Cina. L’articolo è tutto incentrato sui progetti economici «miliardari» comuni.
In provincia di Kaluga è stato costruito un monumento a quanti hanno sofferto per la fede, «mospat.ru» 14 marzo
È stato costruito presso il villaggio di Ulanovo, dove nel 1918, nel corso della guerra civile, erano state fucilate molte persone. La comunità monastica femminile della Natività della Vergine, con a capo la badessa Feofila, hanno raccolto per anni informazioni su quanti erano morti per la fede, lavorando negli archivi e interrogando i familiari delle vittime. Il monumento consiste in una grande croce, che è stata benedetta dall’igumeno Ignatij, parroco del villaggio di Mjatlevo. Come comunica il corrispondente di IA REGNUM, il fondo benefico «Sodejstvie» ha conferito a Feofila e Ignatij delle onorificenze «Per la fede e la fedeltà alla patria».
Liturgia ortodossa nella cripta di Sant’Ambrogio di Milano, «mospat.ru», 20 marzo
L’ha celebrata un gruppo di pellegrini ortodossi provenienti dalla parrocchia ortodossa delle Mirofore di Venezia, con il permesso del rettore della basilica monsignor De Scalzi.
Al termine, i pellegrini hanno cantato il «Te Deum», inno scritto dallo stesso Ambrogio.