Russia: Rassegna stampa, 27 febbraio 2007
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Appello di una diocesi ortodossa contro abusi e illegalità del Patriarcato, «portal-credo.ru», 22 febbraio
La lettera è firmata dal vescovo Diomid della Čukotka, dal clero e dai laici della sua diocesi, e si rivolge a «tutti i figli fedeli in Cristo della Chiesa ortodossa» per denunciare «dolorosamente» una «serie di deroghe dalla purezza della dottrina ortodossa».
Il primo elemento denunciato è il «rafforzarsi della dottrina eretica dell’ecumenismo». Nell’ambito di questo movimento, violando i canoni «si compiono preghiere in comune con eretici, eretici assistono alla liturgia ortodossa… si infittiscono “fraterne” missive di ortodossi a eterodossi… si organizzano incontri comuni...».
Un secondo punto è lo sviluppo di un «compromissivismo spirituale (neosergianesimo), che subordina l’autorità ecclesiale a quella mondana, spesso atea, a scapito della libertà dei figli di Dio».
Terzo punto è «il tacito consenso invece della denuncia nei confronti della politica antipopolare del potere vigente, che sta portando allo sfascio dello Stato, alla crisi demografica e ad altre conseguenze negative».
Si bolla inoltre la «netta tendenza a discriminare i fedeli se questi rifiutano i principi della globalizzazione» (ad esempio, il rifiuto della tessera identificativa personale.
La quinta eresia è «l’approvazione della democrazia. L’appello a votare per determinati leader politici».
Al sesto posto viene la condanna del «summit dei leader religiosi, che ha appoggiato le otto potenze mondiali, organo del movimento massonico planetario che prepara la strada all’anticristo». Un settimo punto è collegato con questo, e cioè il fatto che nel documento conclusivo del Summit si parlava di una «comune fede nell’Altissimo», mentre per i cristiani il Padre è solo Colui che si rivela nel Figlio.
Un ottavo punto è il «dissenso sulla dichiarazione ufficiale fatta dalla televisione, secondo cui ortodossia, ebraismo, islam e cattolicesimo hanno i medesimi valori morali. È un concetto falso» perché non possiamo accettare il talmud, secondo cui solo gli ebrei sono eletti, o la poligamia musulmana. «Non possiamo avere gli stessi valori morali del cattolicesimo con la sua morale dell’ordine gesuita».
Nono e ultimo punto è la denuncia che «viene calpestato il principio della sobornost’, perché da lungo tempo non viene convocato un Concilio locale, mentre le sue principali funzioni sono delegate al Concilio dei vescovi» (cfr. gli statuti del 1998 e del 2000).
Com’era prevedibile, la lettera ha suscitato reazioni diverse: il diacono Andrei Kuraev l’ha definita la lettera di un pazzo; altri, come Andrei Rogozjanskij («Russkaja linija», 26 febbraio), invitano a guardare a questo fenomeno e a ricercarne le cause più in profondità, giuste o meno siano le cose che vi vengono asserite.
Infatti, anche lasciando perdere i nemici giurati della Chiesa, sottolinea Rogozjanskij, «sono molti ad essere sinceramente preoccupati per la situazione ecclesiastica non molto chiara e i giochi politici di vertice. Non ha senso trascurare questo fenomeno».
Il testo - prosegue l’autore - non è nato per caso. Era una cosa che bolliva in pentola da tempo, anche se nessuno vi aveva prestato molta attenzione. Anche alla vigilia del Summit di luglio era circolato un appello analogo, anche se firmato solo da un gruppo di laici. Ma si sapeva che era sostenuto dai vescovi Diomid e Ippolit (allora in Ucraina), e si conoscevano benissimo i nomi dei preti che pure lo appoggiavano. Ma nessuno si è preoccupato di dare spiegazioni e la situazione si è gonfiata. Gran parte dei sostenitori di questa posizione si è spostata nella diocesi del vescovo Diomid, con l’esplicito scopo di creare una sorta di esperimento di «nuova ortodossia pura». È evidente che la missiva ha un carattere collegiale ed esprime la posizione della maggioranza del clero locale.
Quanto al contenuto del documento, è eterogeneo, vi si elencano questioni di diversa grandezza, il che diminuisce la probabilità di una loro soluzione: ben diverso è il Concilio locale dal codice identificativo personale…
Che succedere ora? Molto dipende da quello che farà mons. Diomid, che probabilmente verrà interpellato dal Patriarcato in merito al suo messaggio, se cioè insisterà pubblicamente sulle sue richieste o sarà disposto a trattare in sede più discreta, lontano dai mass media. È auspicabile la seconda posizione, perché un dialogo fattivo sarebbe importante, mentre nel primo caso il Patriarcato probabilmente si irrigidirebbe.
È chiara una cosa: da questo passo vengono avvantaggiati i «critici da destra del Patriarcato di Mosca». Ad esempio, è già intervenuto M. Nazarov, promotore della lettera alla Procura sottoscritta da 23.000 cittadini contro le organizzazioni ebree.
È intervenuto anche il portavoce dell’«Unione dei cittadini ortodossi», Kirill Frolov, in toni elogiativi nei confronti del Summit di luglio. «È assurdo rifiutare il dialogo con gli eterodossi su questioni geopolitiche e sociali», ha dichiarato.
Frolov ravvisa in questo documento anche un legame con «la preparazione alla restaurazione dell’unità fra Patriarcato di Mosca e Chiesa ortodossa russa all’estero, che avrà luogo il 17 maggio» e perfino con «i tentativi dell’amministrazione Jušenko di scindere la Chiesa ortodossa ucraina dal patriarcato di Mosca». Lo «scisma a destra», rappresentato dal vescovo Diomid, «disorienta» secondo Frolov «gli ortodossi in Ucraina, ed è un colpo basso nei confronti di chi si oppone all’autocefalia ucraina. Questi si battono per il diritto di restare nel Patriarcato di Mosca, e invece viene loro dimostrato che il Patriarcato “è incorso nell’eresia”».