La Cina cancella la religione da Internet
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Un mezzo incredibile per diffondere notizie e per scoprire cosa accade nel mondo.
Il governo comunista cinese che fa? Censura.
Giro di vite del governo comunista. Impossibile accedere ai siti che denunciano le persecuzioni nei confronti dei sacerdoti cattolici Nel mirino anche le altre confessioni
Per le autorità di Pechino è in gioco «la sicurezza statale e l’interesse pubblico» Ma il numero degli internauti cresce continuamente
Un altro giro di vite sull’informazione religiosa via internet: è quanto sta attuando il governo cinese con un pacchetto di norme annunciato ieri, di cui però non viene precisata la data esatta di entrata in vigore. Le norme emanate dall’Ufficio informativo del Consiglio di Stato e dal Ministro dell’informazione e dell’industria sono particolarmente severe: vengono bandite dalla Rete tutte le notizie che «criticano le politiche religiose statali, la predicazione in materia religiosa o la diffusione di credenze superstiziose»; solo tre tipi di soggetti potranno pubblicare informazioni in materia (tra cui, ovviamente, gli enti collegati con i media autorizzati dal governo), mentre tutte le altre associazioni dovranno limitarsi a riportare solo le notizie già diffuse dai media ufficiali. Vietato anche costituire partnership con organizzazioni straniere.
Il 56% degli internauti cinesi ha meno di 25 anni, un dato che le autorità devono avere trovato allarmante, al punto di spingere il governo a chiudere l’anno scorso tutti gli internet café situati nel raggio di 200 metri dalle scuole.
«La censura più vasta e dispendiosa del mondo sui siti web a carattere religioso»: così veniva definita quella cinese in un rapporto del 2004 del gruppo cristiano d’informazione on line Forum 18.
Grazie al dispositivo governativo Golden Shield Firewall, infatti, sono risultati impossibili da raggiungere siti come www.ftf.org e www.freechurchforchina.org, che denunciano la persecuzione cui vengono sottoposti i preti cattolici che rifiutano di iscriversi all’Associazione patriottica cinese; il sito della diocesi di Hong Kong; quello dei missionari verbiti, e molti altri.
Neanche siti dedicati ad altre religioni come quello del Dalai Lama, della minoranza musulmana del Xinjiang o del movimento religioso Falun Gong sono stati risparmiati.
L’ulteriore inasprimento delle norme da parte del governo cinese tutto sommato non stupisce; colpisce molto di più quando la persecuzione viene condotta con aiuti inaspettati: è il caso del giornalista cinese Shi Tao, condannato a metà settembre a 10 anni di reclusione per opinioni espresse sulla rete. A fornire le informazioni per inchiodare Shi Tao, è stato l’insospettabile, occidentalissimo Yahoo!