In memoria di Alberto Panni
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Caro Alberto,
mi hanno chiesto di scrivere un tuo profilo da pubblicare nel sito di “CulturaCattolica.it” del nostro amico Don Gabriele, cerco di riassumere quello che negli ultimi 40 anni abbiamo vissuto assieme, le tante volte che abbiamo parlato e discusso su tutto.
Gli anni del “Feltrinelli” sono stati quelli che hanno cementato la nostra amicizia, compagni di banco, vicini di casa, tanti viaggi e gite assieme.
In quegli anni abbiamo conosciuto quel prete simpatico e “casinista”che si chiamava Don Egidio Villani e che in Via Colletta ci invitava a fare i famosi “raggi”, ti ricordi che compagnia “strampalata” eppure siamo rimasti fedeli, erano gli anni 60.
Fu così che tu ed io abbiamo incontrato il movimento di Comunione e Liberazione e, negli anni tu sei rimasto sempre attaccato a questa compagnia, anzi sei stato tu che, quando sono tornato frastornato dopo un anno negli USA, mi hai reintrodotto nei Giovani Lavoratori e tramite quella compagnia ho conosciuto Silvana che sarebbe diventata mia moglie.
Quanti progetti abbiamo fatto assieme per cambiare noi ed il mondo. Siamo stati assieme anche nel lavoro prima alla Olivetti e poi alla HP, tu sei stato sempre un bravo tecnico ed all’inizio lo ero anch’io, poi mi sono lasciato convincere a fare il capo ed a fare una lunga carriera, ci siamo un po’ persi di vista nel lavoro ma ci siamo ritrovati nella nuova casa in cooperativa che abbiamo fatto assieme a Gorgonzola dove negli anni 80 siamo andati ad abitare.
Ti sarebbe piaciuto avere dei figli come me, ma purtroppo non sono arrivati: chissà perché il Signore sceglie di volerci bene mettendoci alla prova, forse voleva di più da te, forse ti stava già preparando un posto con Lui.
Mi è sempre piaciuto di te la semplicità, la trasparenza e lo stupore davanti al nuovo ed al bello e la voglia di continuare ad agire come quando da piccolo facevi le scalate sulla roccia. Sembravi una persona a volte assente e distratta, ma io, che ti conoscevo, sapevo che non era così. Il carattere da artista che hai ereditato dal pittore che era tuo padre e la continua ricerca creativa sulla realtà per un momento quasi ti isolavano per poi lanciarti con entusiasmo e vigore nell’azione.
Hai fatto da giovane un corso di chitarra classica e per te la chitarra è diventata una compagna ed, a volte, un rifugio per esprimere quello che con le parole è difficile dire. L’abbiamo sentito a Gessate quella sera con il Club Papillon e con Mons. Negri (era appena stato nominato vescovo), la tua malattia già ti consumava ma tu hai resistito fino all’ultimo conservando la fede e la voglia di vivere tutto fino in fondo, anzi sei stato testimone per me e per tutti gli amici che, tantissimi, ti venivano a trovare di una fede grande e coraggiosa. Ti ricordi quando siamo andati da Padre Sergio alla Cascinazza?
Lui ci spiazzò dicendo che la tua situazione era facile perché era più evidente che dovevi affidarti a Cristo ogni giorno, ogni minuto e che noi, i cosiddetti sani, ci illudiamo di potercela fare a vivere anche senza affidarci continuamente a Lui.
Caro Alberto ora che sei lassù spero che nella schiera dei Santi hai trovato il tuo posto, e, ti prego, tienimi un posto anche per me.
Il tuo amico
Alfredo Scarfone