A scuola non si fa catechismo, almeno si facesse religione
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Dice Messori: “In una prospettiva cattolica la formazione religiosa può solo essere una catechesi e nelle scuole statali, che sono pagate da tutti, non si può e non si deve insegnare il catechismo. Lo facciano le parrocchie a spese dei fedeli”.
Dev’essere sfuggito a Messori che a scuola non si fa catechismo.
Se qualcuno pensa o immagina che durante l’ora di religione a scuola si chieda l’adesione ai dogmi della religione cattolica, sia chiaro che è in errore.
Non si insegnano preghiere, né segni della croce, spesso non si fanno nemmeno le recite di Natale in cui mettere Gesù tra la Madonna e San Giuseppe per non disturbare la laicità della scuola, tanto meno si parla di peccato o di Grazia.
Se poi dalle scuole elementari si passa alle scuole medie o superiori, l’ora di religione molto spesso diventa un’ora di ricreazione, o un’ora in cui discutere di attualità, se va bene si studiano le religioni tutte, dal Buddismo, all’Islam, dando per scontato che la religione cattolica sia conosciuta o che non interessi nessuno.
In questo Messori ha ragione, l’ora di religione “ormai è ridotta a un dannoso e confuso mix di “politicamente corretto”, una via di mezzo fra storia delle fedi ed educazione civica. Fa più male che bene. Oggi gli insegnanti di religione, scelti dal vescovo, si impegnano molto, ma hanno una missione impossibile…”
Ma non per questo bisogna abolirla, cancellarla, licenziare i professori dalla scuola e assumerli nella parrocchia, come suggerisce lo scrittore.
L’ora di religione è un’occasione importante che richiede un serio esame di coscienza da parte di molti insegnanti e anche dai “Vescovi designatori”.
Già nel 2003 Monsignor Maggiolini metteva in guardia dall’eccessivo entusiasmo per le folle oceaniche che seguivano il Papa e i suoi raduni, non sempre dietro a questo entusiasmo c’è fede, spesso c’è la ricerca di qualcosa, il desiderio di una spiritualità cui non si è stati educati diceva: “Evidentemente sia il catechismo che l’ora di religione hanno fallito, ma il vero punto debole è la famiglia: i genitori non trasmettono più la fede ai figli. Al massimo fanno da tour operator, mandano i bambini in parrocchia. E in casa? Niente di niente”. Di là dagli applausi e dagli hola da curva sud al Papa, questa descritta è la vita di ogni giorno: quella che conta, alla fine.
L’ora di religione è un’occasione per incontrare il mondo giovanile, la finiscano gli insegnanti di fare i piacioni per farsi ben volere, non è di “compagni di merende” che i giovani hanno bisogno, non abbiano timore di essere impopolari (più impopolari di così) dicendo che la religione cattolica non è un insieme di regole da rispettare, ma un avvenimento unico, Dio che si è fatto uomo, ha condiviso la condizione umana sino a morire in croce. Ma la speranza sta nel fatto che è risorto ed è vivo, presente oggi in mezzo a noi e i santi sono i suoi testimoni.
Portate i vostri ragazzi a vedere il Cristo Vite a Trescore Balneario, quel Cristo da cui partono i tralci (i Santi) che non temono di immischiarsi con la vita quotidiana.
La fede si trasmette con la vita, ma anche la cultura. Quando un insegnante d’arte porta a Brera la classe e davanti al “Cristo morto” del Mantenga e si sente chiedere: “come mai quell’uomo ha i piedi bucati?”, non è che all’alunno manchi la fede, manca proprio la cultura.
Si è temuto che insegnare certe cose potesse essere assimilato al “proselitismo” e si è finito per crescere generazioni ignare non tanto della fede, ma della loro storia.
E uomini e donne che non conoscono la loro storia non saranno “laici doc” ma orfani.