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Un piccolo frutto del martirio

Autore:
Zambak, Mavi
Fonte:
http://www.pimemilano.com

Antiochia, 5 marzo 2005
Alto, magro, stempiato, rigorosamente in giacca e cravatta. Da un mese Mehmet è l’ombra silenziosa e discreta di padre Domenico Bertogli, cappuccino modenese, parroco di Antiochia - nel sud della Turchia - da 18 anni.
Eh sì, da quando, subito dopo l’omicidio di don Andrea Santoro a Trabzon, dal ministro della Sicurezza turco è arrivato l’ordine di proteggere tutti i sacerdoti e religiosi presenti in Turchia, Mehmet, come un angelo custode, segue con occhio attento e vigile ogni spostamento del frate.
Vanno insieme al mercato e alla posta, ma anche al cimitero, a far visita agli ammalati, agli incontri di preghiera nelle famiglie e nella chiesa ortodossa. A poco a poco ha imparato a conoscere la persona che deve proteggere, le sue abitudini, il suo stile di vita e, senza imbarazzo, si è inserito nei ritmi quotidiani di questo prete cattolico italiano, dando sicurezza e fiducia.
E quando padre Domenico è nel suo studio a scrivere, leggere, pregare o riposare, Mehmet aspetta paziente, sfoglia il giornale, sorveglia il giardino interno della chiesa, si beve una fresca spremuta d’arancia e di pompelmo.
Questo è il momento più bello per le confidenze. Quarantaseienne, sposato con due figli, una ragazzina quattordicenne e un maschietto che ha appena cominciato le elementari, iscrittosi da giovane nella polizia è da più di un ventennio che – poliziotto in borghese specializzato – fa la guardia del corpo a disposizione del Prefetto della città.
E ora, lui, musulmano praticante, ligio alla legge del Corano, che non aveva mai messo piede in una chiesa né tanto meno aveva mai avuto nulla a che fare con i cristiani – confessa di non averne mai conosciuto uno – dal 5 febbraio è incaricato di sorvegliare la piccola chiesa cattolica di Antiochia, i suoi membri e in particolare la guida della comunità.
Lui, che ha la moglie di Trabzon (che strana coincidenza?!) rigorosamente velata; lui, che sveglia tutti i giorni sua figlia all’alba perché – ormai adolescente – prima di andare al liceo preghi con i suoi genitori al richiamo del muezzin; lui, che tiene il digiuno nei giorni prescritti dal sacro Libro, si ritrova ora a recitare il suo rosario (con i 99 nomi di Allah) andando avanti e indietro nel cortile della parrocchia mentre dall’interno della casa-chiesa provengono i canti della Messa.
E alla fine della celebrazione ci ritroviamo tutti insieme a bere un the caldo, ridendo e scherzando. Con grande naturalezza si commentano i fatti del giorno e si parla di personaggi famosi che tutti conoscono…
Ha preso in simpatia la nostra gente, il nostro modo di fare disponibile, accogliente, aperto. Timidamente ha chiesto di poter far venire la figlia a vedere, a parlare, a confrontarsi sul cristianesimo e poi ha cominciato a portare anche il figlio. Ora il piccolo Alì ogni domenica viene a giocare con i nostri bambini di catechismo, suoi coetanei.
La moglie è ancora titubante, confessa di aver paura che – essendo di Trabzon – possa essere non benvoluta da noi, visto quanto è accaduto contro un prete cattolico nella sua città d’origine. Ma lui, Mehmet, le ha detto che non ha nulla da temere, siamo brava gente, pacifica, «non faremmo mai del male neanche ad una mosca».
È lei ancora a chiedere al marito cosa farebbe in caso di un attacco alla chiesa, di una sparatoria contro padre Domenico.
«Lo difenderei fino a dare la mia vita per lui. Per questo uomo di Dio». E ce lo racconta con un’ovvia tranquillità che lascia sbalorditi. Grazie a Dio ci sono anche musulmani così in Turchia. Senza il martirio di don Andrea non lo avremmo mai potuto conoscere…

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