Condividi:

Autobiografia di Claire Breton

Fonte:
Il Foglio - 28.03.06

Qualche sera fa, su rai3 una trasmissione faceva vedere come sono cresciuti bene i figli di una donna che negli anni 70 aveva deciso di mettere al mondo due figlie con uomini differenti e aveva scelto di crescerle senza l’aiuto paterno.
Diceva che i figli si fanno per istinto, come fanno gli elefanti o le tigri (sul tipo di felino potrei sbagliarmi ma non è fondamentale).
Poi c’era un uomo che aveva avuto un figlio da una donna straniera che dopo qualche mese era tornata al suo paese, piantando figlio e compagno.

I figli di queste persone erano cresciuti bene, almeno così si affermava, non ne dubito, crescono anche i figli dei vedovi e delle vedove, dei separati e delle ragazze madri, ci mancherebbe, ma sanno di avere un padre e una madre, uno dei due non c’è più o non ha mai voluto starci, ha lasciato un vuoto che in alcuni casi è stato colmato con serenità, in altri rimane tutta la vita.
Ma questo non può far dire che quella è la condizione ideale per un figlio, non si possono usare queste storie per far passare il messaggio che due donne o due uomini sono come una famiglia.

C..., mia madre! Il Foglio 28.3.2006

A Parigi è considerato chic, ma Claire racconta con rabbia la sua famiglia con due mamme.

Claire è cresciuta con due mamme, vive in Francia, ha ventisette anni e si è sempre sentita perduta. Martine le dice che non deve, perché a Parigi l’omosessualità dei genitori è vista come “un fatto chic”, e lei stessa che prima nascondeva al mondo la gayezza di suo padre, ora la esibisce: “In certi ambienti parigini, essere cresciuti in una famiglia diversa dalle altre è di tendenza, è qualcosa in più”.

A Claire sembra “una cosa pazzesca”, visto che ha avuto bisogno di uno psicoterapeuta, visto che per un sacco di tempo ha temuto di diventare lesbica come le sue madri, visto che non si è mai sentita un’eroina di Almodóvar, e oggi ha scritto un libro per provare a capirci qualcosa temendo, come sempre, la reazione della madre (biologica). Perché non tutti stanno perfettamente in mezzo al casino, e non per tutti c’è il pranzo della domenica sul terrazzo di un film di Ozpetek, stoviglie e vite colorate.

“Sognavo di avere una vita banale, quella che hanno tutti”, e piangeva davanti alle pubblicità simil Mulino Bianco, mamma papà figli cane insieme a colazione. Come Irène, che ha avuto una mamma e diverse matrigne passate per casa, voleva i cerchietti in testa e le scarpe di vernice e la madre la vestiva a righe e pois: “Mia madre voleva che mi facessi notare, mentre io passavo il tempo a rasentare i muri”.

L’autobiografia di Claire Breton, giovane giornalista francese, tradotta in Italia per Sperling&Kupfer (“Ho due mamme – Crescere in una famiglia diversa”, 15 euro), è anche un’inchiesta sulle altre vite incasinate, quelle di figli in provetta per mamme lesbiche, di figli naturali che a undici anni scoprono che “la zia” con cui vivono fa delle cose nel letto con la mamma, e a scuola non sanno che dire, allora inventano la storiella della migliore amica mollata dal fidanzato che si è trasferita da loro, ma in un’altra stanza. Mentre la mamma e la zia pensano in fondo non c’è problema perché c’è amore, ed Emma, a diciannove anni, ha conosciuto il padre biologico (un donatore di seme) e ha detto al fidanzato: “Sai, oggi ho sentito al telefono il mio sperma…”, cioè tutto quel che le resta di un papà.

Ken travestito da drag queen

Katlyn non sapeva nemmeno cosa fosse un padre, non ne aveva mai visto uno e le sue due mamme, quando giocavano tutte assieme sul tappeto, organizzavano matrimoni tra due Barbie e provavano a travestire Ken da drag queen, costruivano un mondo femminile senza maschi tra i piedi. Katlyn aveva pochi anni ma voleva una cosa soltanto: che Barbie sposasse Ken e non baciasse le altre Barbie. Ci sono anche le storie d’orgoglio, però, c’è Emile che è nata in provetta ventitré anni fa (una delle prime adulte dell’inseminazione artificiale), ha una mamma naturale e una coparentale, le brillano gli occhi, si sente speciale e parla delle sue due mamme come di due regine.

Claire Breton ha parlato con ognuna di loro, e in tutte ha cercato un dolore, magari nascosto, che somigliasse al suo: l’ha trovato nei silenzi, negli psichiatri, nel desiderio ossessivo di una famiglia normale, nella mitomania di Louise che a vent’anni sosteneva di conoscere Madonna o che il suo migliore amico si era suicidato, o che suo fratello aveva la leucemia, perché era l’unico modo che trovava per sopportare le bugie che continuava a raccontarsi su sua madre e la matrigna, vera coppia di lesbiche cui Louise non aveva mai voluto credere. Da qualche parte hanno scritto che la madre di Claire Breton non le parla più, dopo che si è vista nel libro della figlia, dopo che ha letto: “Voglio creare la famiglia che mi è mancata”, e ha scoperto le lacrime e la fatica. Ha scoperto che il casino non è sempre allegro e a pois.

Vai a "Ultime news"