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Scuola e religione: cambio di rotta?

Fonte:
CulturaCattolica.it

La lettera che ci ha inviato l’insegnante di una scuola alla periferia di Milano mi è sembrata molto interessante, oserei dire, istruttiva.
Che una circolare contenente indicazioni circa la pratica del ramadan e il rito con cui è celebrato, sia distribuita agli operatori in ambito scolastico, per aiutarli ad affrontare con i bambini questa celebrazione del calendario religioso musulmano, mi pare un gesto di “ravvedimento operoso”.
Da più parti, infatti, si sostiene la tesi che la scuola pubblica deve essere “neutra”, in nome di un malinteso laicismo.
Proprio per questo spesso gli insegnanti sono ricorsi a escamotage a dir poco fantasiosi per non parlare ai bambini delle feste della tradizione cristiana.
Così in alcune scuole il Natale diventato la festa della neve, il presepe ha ceduto il posto al più pagano albero di Natale e la Pasqua è diventata la festa della primavera, dimenticando la croce e la resurrezione, dando vita alcune volte a situazioni paradossali.
La lettura di questa circolare mi ha allargato il cuore, ho pensato che forse si è giunti a capire che questa “omertà” riguardo ad alcuni aspetti della vita dei bambini, non solo non aiuta l’integrazione, ma crea barriere invisibili, argomenti che diventano tabù, mentre l’integrazione non può che passare attraverso l’affermazione della propria identità e la conoscenza dell’altro.
Le linee guida di questa circolare suggeriscono al punto 2: “Sono molti i valori positivi che stanno alla base di questo precetto (ramadan ndr). Esso è innanzitutto rispettato per uniformarsi alla volontà di Dio, educa a dominare i propri desideri, rende partecipe della sorte di chi è povero, allena alla pazienza…” tra i suggerimenti pratici leggiamo:
“la rinuncia alla merenda o a dolci e caramelle durante il giorno (eventualmente partecipata da chi volesse, anche se non musulmano) andrebbe incoraggiata al posto della rinuncia al pasto”.

A parte il fatto che al ramadan non sono soggetti i bambini, ma se il dirigente scolastico non trova nulla in contrario al fatto che si parli ai bambini delle rinunce del ramdan, tanto che chi non è musulmano può partecipare a queste rinunce, credo che la stessa cosa potrà accadere con il digiuno quaresimale, come gesto di conoscenza e libera condivisione.
Si suggerisce inoltre agli insegnanti, di parlare del Ramadan ai bambini, di fare analogie con la tradizione cristiana, dando suggerimenti pratici del tipo: “coinvolgere i bambini e le famiglie che lo desiderassero in semplici iniziative durante le quali condividere momenti conviviali che consentano loro di sentirsi riconosciuti e apprezzati dalla comunità scolastica” immagino che questo stia a significare che questo può accadere anche per la condivisione della tradizione cristiana, coinvolgere le famiglie che lo desiderino nella recita di Natale, spiegare a tutti i bambini il significato dell’avvento e le sue connotazioni positive di “attesa” non sarà più sconsigliato.

La circolare dice anche:
“Nel caso si sia a conoscenza che la famiglia musulmana frequenta una moschea, le iniziative potrebbero essere aperte ai responsabili locali della comunità islamica, dopo aver concordato con loro una linea comune di gestione della problematica.”.
Ma questo mi sembra davvero interessante, benissimo, vuol dire che non vi sono più preclusioni a fare entrare a scuola i responsabili locali delle comunità religiose. L’imam (che pure abbiamo imparato in questi anni, non è l’equivalente del sacerdote per la chiesa cattolica) o il sacerdote responsabile degli oratori, potranno accedere alla scuola così da poter parlare a tutti i ragazzi delle iniziative comuni o dei vari momenti che nelle comunità segnano l’anno liturgico.

Che sia l’inizio di un nuovo corso?
Finalmente hanno capito che non è negando ciò che siamo che favoriamo l’integrazione.
L’integrazione non nasce e non cresce su un terreno neutro, perché solo chi si conosce e si stima, può avere la curiosità di conoscere altri e di imparare a stimarne gli usi e i costumi.

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