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Fare come se Dio esistesse

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it

Amici e compagni mi hanno chiesto come è possibile, se non si ha fede, “fare come se Dio esistesse”. Ma cos’è la fede? Essere disposti a dare fiducia, a lottare assieme all’Amico anche quando la sua prospettiva non ti appartiene. Ecco la fede per un non credente. Il primo atto di fede è la fiducia nella persona che parla. Nel rapporto madre-figlio, quando la madre si allontana, il figlio viene tranquillizzato con la parola “ritorno”. Con essa si promette che l’angoscia per l’assenza verrà risolta, con essa si colma un’assenza con la determinazione di una presenza. Questo, è un processo di fede. “Fare come se Dio esistesse” vuole dire riconoscere che il Cristianesimo è identità culturale che ci appartiene, credenti e non credenti, volenti o nolenti è in esso che la nostra origine identitaria ed antropologica trae origine. Non voglio mescolare il sacro con il profano, ma il movimento operaio stesso, quel movimento di derivazione marxista che produsse sindacati e consigli di fabbrica, assunse quanto il sacro aveva prodotto come arginamento al capitalismo. Il tempo ne è un esempio illuminante. La divisione tra tempo sacro e tempo profano è per definizione la costituzione di una dimensione temporale impermeabile alla produzione e al lavoro. La domenica, le festività, il Natale, la notte, sono state sottratte alla mercificazione del lavoro traendo ispirazione e fulgido orientamento proprio dalla sfera che possiamo chiamare del “sacro”. “Fare come se Dio esistesse” vuole dire ascoltare le parole di una suora di clausura, Maria Gloria Riva, che in “Frammenti di bellezza” descrivendo “L’Angelus” di Millet, è in grado di dare forma e vita all’immagine dei due contadini che sospendono il lavoro per la preghiera dell’Angelus. Il mondo delle merci, della produzione, dell’impellente quotidiano merceologico, subisce in questa rappresentazione un ridimensionamento che il mondo secolarizzato ormai neppure tenta di teorizzare. L’uomo si riappropria del suo tempo, non lo subordina al cospetto del capitale. L’opera d’arte, l’uomo che prega è la rappresentazione del bello. “Il bello non è il tempo del lusso. Il bello è una dimensione del processo di liberazione” scrive Fausto Bertinotti nel libro “Il ragazzo con la maglietta a strisce”. Oggi, essere immersi nella realtà, vuol dire avere il coraggio e la forza di andare a fondo. Vuol dire sapere accogliere una frase scritta in carcere nell’inverno 1917 da Rosa Luxemburg: “Aspetto la primavera come la cinciallegra”. Comprendere che l’umanità lì espressa è più radicale e sovversiva del saggio “Riforma sociale o rivoluzione?” scritto dalla medesima. “Fare come se Dio esistesse” per un non credente come il sottoscritto, significa accogliere, prendere atto, riconoscere nello sguardo del credente la forza dell’uomo che cammina domandando. Il Cristianesimo è la vena pulsante che ha permesso all’Europa di superare errori ed orrori, è il motore vivo che ha edificato la nostra civiltà. Ora, nell’anno 2006, non servono crociate integraliste o ritorni pre-conciliari ma gridare ancora che “Dio è morto” equivale a consegnare il nostro destino alla deriva tecno-scientista. Ecco perché, un marxista non credente, scrive per Tempi, sostiene le iniziative del sito CulturaCattolica.it e tra i miglior amici deve annoverare un direttore ciellino, un parroco vulcanico e una suora di clausura che con il cuore dà voce alla tela di un quadro.

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