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Dissentire sobriamente e laicamente sui Pacs (o simil)

Autore:
Cavallari, Fabio
Fonte:
CulturaCattolica.it

“Noi vogliamo semplicemente riconoscere i diritti di italiani che vivono insieme, che hanno dei figli e che devono vedersi riconosciuti i loro diritti anche se non intendono unirsi in matrimonio”. Queste, più o meno, sono le parole utilizzate da Massimo D’Alema per sostenere la necessità di legiferare in materia di coppie di fatto. Nel caso specifico delle coppie eterosessuali. Ora, volendo semplicemente assecondare la tendenza in atto e investendo il diritto della necessità di compiacere la modernità, sorge un dubbio tanto semplice e banale quanto fondamentale. Se per le coppie omosessuali il pacs o il simil pacs sarebbe l’unica possibilità per ottenere diritti dallo Stato, non si capisce cosa centrino in questa faccenda le coppie eterosessuali. La convivenza infatti è una libera scelta, una possibilità che uomini e donne possono adottare. Legittima e plausibile. Una scelta alternativa al matrimonio. Logica vuole che se questa scelta, ad un certo punto del percorso comune, non è più ritenuta sufficiente perché carente di “diritti”, esiste la possibilità della piena legittimazione attraverso il matrimonio. La coppia eterosessuale quindi è pienamente garantita e la normativa vigente non si palesa in un vuoto legislativo. Ma se la necessità di acquisire diritti è tanto forte perché mai queste coppie non si vogliono sposare? Perché rigettano lo Stato borghese? Ma allora rigetterebbero anche i diritti dello Stato borghese. Ma vuoi vedere che è perché i “diritti” viaggiano in coppia con i “doveri”! Attenzione però a non fare confusione, diritti e doveri non sono una coppia di fatto, il loro legame è inscindibile.

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